Come noto, i lavoratori dell’outlet di Serravalle Scrivia (Alessandria) hanno annunciato uno sciopero per sabato 15 e domenica 16 aprile per protestare contro l’apertura straordinaria prevista per i giorni di Pasqua e Santo Stefano – che farebbe passare da 361 a 363 i giorni di apertura all’anno – decisa dalla direzione del centro commerciale. La vertenza ha assunto caratteri tali che anche la Segretaria Generale della Cgil Susanna Camusso si è recata sul posto per valutare in assemblea la richiesta di sciopero da parte di alcuni lavoratori dell’outlet più grande d’Europa di proprietà di McArthurGlen, società che fa parte della joint venture tra Kaempfer Partners e Simon Property Group Co.



Il motivo dell’agitazione, la prima nel settore degli outlet, è la richiesta del colosso Usa alle aziende-partner dell’outlet – tra cui Gucci, Armani, Dolce&Gabbana, Prada – di tenere aperti i negozi anche nel giorno di Pasqua e Santo Stefano senza le maggiorazioni salariali per tutti. Secondo le previsioni del manager dell’outlet, “tenere aperto anche in quei due giorni festivi significherebbe un aumento medio delle vendite di circa il 20%”. Il modello di McArthurGlen prevede che sia la proprietà a decidere quando aprire. Nel caso specifico, persino qualche titolare di negozio si sarebbe opposto, ma non avrebbe potere negoziale: ciò è scritto nei contratti.



La notizia, al di là di ciò che è scritto nei contratti, offre uno spunto di riflessione a proposito del grande tema del “futuro del lavoro” o, meglio, del “lavoro futuro”. Oggi, un po’ per le trasformazioni in atto, un po’ per la grande crisi, il mercato ha sempre dettato le condizioni al lavoro; è tuttavia cosa buona lavorare di domenica? Il lavoro a ogni costo, secondo le leggi del mercato, toglie valore al giorno di festa. È giusto pensare che si debba ridare valore al giorno di festa, come momento per la famiglia, ma anche per il riposo e per lo svago. E, per chi crede, per il Signore. È giusto inoltre che la società globale riconosca lo spazio per la festa anche a chi tradizionalmente non “sposa” la cultura occidentale: mentre per i cristiani il giorno sacro è la domenica, per i musulmani è il venerdì.



Un nuovo equilibrio sociale passa inevitabilmente, in un’epoca di bassa crescita del lavoro, anche dalla sua distribuzione. Il criterio primo per la distribuzione del lavoro è una nuova organizzazione, figlia di un orario diverso (ridotto), in modo tale che ciò possa aprire spazi per chi il lavoro non lo ha. Si deve quindi lavorare di domenica? Sì, bisogna però che chi lavora la domenica riposi in settimana e che ciò non ricada eccessivamente in termini di carico di lavoro sulle persone. Il lavoro futuro passa inevitabilmente per una nuova umanizzazione dei luoghi di lavoro. E, chiaramente, il lavoro festivo va pagato come tale.

Twitter: @sabella_thinkin