Stanno facendo molto discutere sui social le parole di Cesare Damiano sull’Ape social, la prima principale novità della riforma delle pensioni che dovrebbe entrare in vigore. L’ex ministro del Lavoro è stato infatti ospite venerdì della trasmissione Mi manda Rai 3, dove ha anche risposto alle domande poste da alcuni telespettatori. Una donna, in particolare, ha chiesto se, visto che l’anno prossimo compirà 63 anni e ha già versato 30 anni di contributi, potrà sperare in un accesso alla pensione. Il Presidente della commissione Lavoro della Camera ha spiegato che compiendo 63 anni nel 2018 e avendo 30 anni di contributi, soddisferebbe due requisiti per accedere all’Ape social l’anno prossimo, ma gliene mancherebbe un terzo: essere disoccupata da almeno tre mesi al momento della presentazione della domanda. Quindi, paradossalmente, avrà convenienza a farsi licenziare per accedere all’Anticipo pensionistico “a costo zero”. Parole che hanno dato a molti il là per far notare come il provvedimento non sia per nulla buono se una persona deve farsi licenziare per aver diritto a una pensione anticipata.



La riforma delle pensioni dei politici è uno dei temi di cui più si parla nelle ultime settimane e in Emilia Romagna Pd e Movimento 5 Stelle hanno votato insieme una legge (cui ha detto sì anche Sinistra italiana) che cambia le regole per i consiglieri regionali. Piacenza24.eu spiega infatti che l’età pensionabile verrà portata a 67 anni, inoltre è previsto un contributo di solidarietà triennali sui vitalizi in essere, del tutto simile a quello approvato per i deputati. La legge prevede anche il divieto di cumulo con altri vitalizi. Quindi, chi ha un’altra pensione dovrà rinunciare a una delle due. Va detto che l’innalzamento dell’età pensionabile sarà progressivo, aumentando di 12 mesi (dagli attuali 60 anni) ogni anno. Per coloro che sono nati tra il 1956 e il 1963, e che quindi si ritroveranno maggiormente coinvolti nell’innalzamento dell’età pensionabile, sarà possibile andare in quiescenza prima dei 67 anni, ma con una penalizzazione proporzionale agli anni di anticipo.



La Festa della mamma è stata anche un’occasione per ricordare che occorre una riforma delle pensioni che pensi anche alle donne. Marialuisa Gnecchi ricorda infatti che le italiane “sono in credito”, visto che la Legge Fornero e gli altri cambiamenti del sistema previdenziale sono stati fatti prevalentemente a loro spese. Dunque occorre che nel confronto tra Governo e sindacati sulla cosiddetta fase due della riforma delle pensioni si dia spazio alle misure per “valorizzare e tutelare i lavori di cura ai fini previdenziali”. Gnecchi ha voluto specificare che non c’è certo la pretesa di tornare ai cinque anni di differenza nell’età pensionabile tra uomini e donne. Tuttavia ha aggiunto che “finché non ci sarà una eguaglianza sostanziale nei carichi di lavoro, non è tollerabile che il doppio, triplo, quadruplo lavoro sia svolto gratis dalle donne!”.



Nel dibattito della riforma pensioni, con il Ministro del Lavoro Poletti chiamato a raccogliere le istanze di tutti i sindacati, prova ad inserirsi Silvio Berlusconi. Il leader di Forza Italia, intervenuto telefonicamente ad un convegno sulla condizione femminile a Monza, ha rilanciato uno dei suoi cavalli di battaglia elettorali:”Tutti hanno diritto di vivere la propria vecchiaia in maniera decorosa, senza preoccupazioni e senza privazioni materiali o morali. Per questo garantiremo a tutti una pensione minima di 1000 euro non tassabili per 13 mensilità, restituendo a tutti gli anziani la dignità del loro passato di protagonisti nella società, per il valore umano e l’esperienza di cui sono portatori”.

Berlusconi, come riportato dall’Ansa, è già pronto a ribattere a chi è pronto a catalogare le sue parole come spot impossibili da realizzare:”Quello che garantiamo sull’aumento delle pensioni minime, sull’abrogazione delle tasse sulla casa, sulle donazioni, sulla successione noi lo manterremo. Noi lo possiamo promettere in modo assolutamente credibile perché lo abbiamo già fatto quando eravamo al Governo”. (agg. di Dario D’Angelo)

L’Ape social potrebbe presto diventare operativa, anche se ancora non è chiaro quando il decreto attuativo sarà pubblicato in Gazzetta ufficiale. Giuliano Poletti ha fatto capire che il provvedimento è stato inviato, o è pronto per esserlo, alla Corte dei Conti. Mentre per l’Ape volontaria, novità principale della riforma delle pensioni, il ministro del Lavoro ha detto che “la strada è più complicata”. Secondo quanto riporta Il Sole 24 Ore, è comunque certo che che l’Anticipo pensionistico avrà un Tasso annuo effettivo globale (Taeg) del 3,2%, che resterà fisso durante il prestito, ma che verrà aggiornata con cadenza bimestrale. Dunque, a seconda di quando si avrà l’accesso all’Ape, si potranno avere anche interessi diversi. Il quotidiano di Confindustria segnala in ogni caso che il Taeg proposto è di gran lunga inferiore a quello di un prestito che preveda la cessione del quinto dello stipendio o della pensione, che di solito varia tra il 5,6 e il 7 per cento, mentre per il prestito vitalizio ipotecario non si scende sotto il 4 per cento.

Interpellato Vincenzo Galasso, membro della policy unit di palazzo Chigi, secondo il quale la misura verrà probabilmente utilizzata “dal 10 o 20 per cento della platea interessata, attorno ai 30.000 lavoratori. Del resto non tutti hanno la necessità di smettere di lavorare a 63 anni”. L’economista ha infine ricordato che, attraverso l’Ape aziendale, è possibile di fatto annullare l’incidenza della rata Ape da restituire con la pensione futura. Senza dimenticare che un lavoratore potrebbe fare ricorso anche alla Rita.