Lo scontro in tv tra Matteo Salvini e Giuliano Cazzola sulla riforma delle pensioni targata Fornero ha dato modo al leader della Lega Nord di ribadire le sue idee sul sistema previdenziale più adatto all’Italia, che passerebbe attraverso la Quota 100 (con almeno 60 anni di età e 40 di contributi) e la Quota 40 (la possibilità di accedere comunque alla pensione, indipendentemente dall’età, dopo 40 anni di lavoro). Quest’ultima è presa piuttosto in considerazione tra i lavoratori precoci e tra di loro c’è chi spera che quella del Segretario federale della Lega Nord non sia una boutade da campagna elettorale. I precoci, infatti, si sono già trovati delusi rispetto ad aspettative paventate dal mondo politico. L’unico risultato ottenuto, infatti, è la Quota 41 contenuta nell’Ape social, che viene però giudicata insufficiente, dato che solamente una ristretta platea di persone può realmente farvi ricorso.



Già all’inizio dell’anno, quando ancora non erano chiaro gli effetti della riforma delle pensioni da poco varata, appariva invece lampante il successo che avrebbero riscosso i Pir. E già si pensava di estendere l’accesso a questo strumento anche ai fondi pensione e alle casse di previdenza. Ora sembra che i Piani istituzionali (e non individuali) di risparmio possano vedere la luce, grazie a un emendamento alla manovra correttiva che è stato ammesso all’esame della commissione Bilancio della Camera. Sestino Giacomoni, durante un convegno a Montecitorio, ha avuto modo di spiegare che l’emendamento ha avuto già una valutazione positiva da parte del ministero dell’Economia. In questo modo fondi pensione e casse previdenziali otterrebbero i benefici fiscali dei Pir. Inoltre, ci sarebbero altre risorse che andrebbero verso l’economia reale italiana.



L’Ape Social, con al suo interno la Quota 41 prevista per una ristretta platea di lavoratori precoci, sarà la prima delle novità sull’Anticipo pensionistico della riforma delle pensioni a entrare in vigore. Per questo le Acli hanno deciso di rendere disponibile online il test “#inpensioneprima” per poter verificare se si hanno le condizioni minime per rientrare nell’Ape social o nella Quota 41 per i precoci. L’iniziativa rientra nell’ambito dell’Ape Day che i patronati delle Acli hanno indetto per domani, quando sarà possibile avere agli sportelli informazioni dettagliate e utili sulle novità introdotte nel sistema previdenziale. Chi dovesse arrivare fino in fondo in uno dei due test, va detto, purtroppo non potrebbe ancora chiedere di accedere all’Ape social o alla Quota 41: ancora, infatti, si stanno attendendo i decreti attuativi essenziali per dare corpo a queste misure.



I lavoratori precoci, dopo la manifestazione della scorsa settimana per chiedere davanti a Montecitorio una riforma delle pensioni all’insegna di Quota 41 per tutti, non hanno certo concluso la loro battaglia perché venga affermato il diritto di poter andare in pensione dopo aver lavorato per 41 anni. E questa sera potranno ribadire a gran voce le loro richieste durante la trasmissione “Dalla vostra parte”, in onda su Rete 4. Rosa Poloni ha infatti annunciato sulla pagina Facebook Lavoratori precoci uniti a tutela dei propri diritti che ci sarà un collegamento con la trasmissione da Marghera, dove con tutta probabilità sarà presente un folto gruppo di precoci del Veneto. Poloni fa anche sapere che in trasmissione ci sarà Rosario Trefiletti. Ed è noto che il Presidente di Federconsumatori sostiene in pieno le richieste dei precoci, tanto che anche lui si è unito alla manifestazione di settimana scorsa a Roma.

Da tempo il Conapo chiede una riforma delle pensioni e delle retribuzioni per i Vigili del fuoco, in modo che ci sia un’effettiva parificazione con gli altri corpi dello Stato. Antonio Brizzi ieri ha protestato ancora davanti ai palazzi del Governo, indossando la divisa e un cartello con la scritta “vergogna”, indicando anche di aver raggiunto il terzo giorno di sciopero della fame. Il Segretario generale di Conapo continua a chiedere risorse per risolvere il problema della disparità di trattamento esistente. I 103 milioni di euro stanziati dal Governo su questo fronte vengono infatti ritenuti insufficienti “e ne servono almeno altri 50 per provare ad equiparare solo alcune delle voci retributive. Se poi si tiene conto che il governo ha stanziato circa un miliardo per forze armate e di polizia appare chiaro che la disparità di trattamento è destinata a restare”, ha spiegato Brizzi in una nota.

Oltre che sulla riforma delle pensioni dei parlamentari, il Movimento 5 Stelle è ancora impegnato nella sua battaglia per il reddito di cittadinanza, che tra l’altro avrebbe degli effetti anche sulle pensioni: il loro importo mimino verrebbe infatti portato a 780 euro al mese. Beppe Grillo, dalle pagine del suo blog, ricorda quindi l’appuntamento di sabato 20 maggio, per la marcia da Perugia ad Assisi proprio per ricordare l’importanza del reddito di cittadinanza, misura che potrebbe aiutare a risolvere il problema crescente della povertà nel nostro Paese. Il comico ligure non manca nel suo post di far notare che invece di parlare dell’emergenza povertà, i giornali si dedicano alla “fantomatica emergenza rifiuti a Roma”, città governata dai 5 stelle.

Si continua a parlare molto di una riforma delle pensioni che sia indirizzata ai giovani, i quali con tutta probabilità si troveranno con assegni inferiori rispetto a quelli incassati dagli attuali pensionati. Per questo non sono mancate proposte volte a inserire un contributo di solidarietà sulle pensioni più alte, così da finanziare politiche destinate ai giovani, magari attraverso l’incentivazione alla loro assunzione. Un’ipotesi che incontra il disaccordo della Federspev, secondo cui non si può pensare che la crescita e lo sviluppo possano nascere penalizzando chi per anni ha versato contributi adeguati sia alla funzione svolta che allo stipendio percepito.

La Federazione nazionale sanitari pensionati e vedove ricorda anche che il contributo di solidarietà alimenterebbe soltanto una cultura assistenziale, senza dimenticare che spesso i pensionati sono coloro che forniscono più supporto ai giovani disoccupati, direttamente nei nuclei familiari, con nonni e padri impegnati a occuparsi del loro mantenimento.

Libero ha quindi ricordato le parole del Presidente di Federspev Michel Poerio, secondo cui è giusto che si facciano interventi per i giovani, che rappresentano il futuro del Paese, ma che sempre più spesso sono costretti a emigrare. Servono dunque sviluppo e crescita, le uniche armi per creare occupazione. Ma non si può pensare di arrivare a questi risultati con “gabelle” sui pensionati. Dunque per Poerio se si vuole percorrere la strada di “tasse straordinarie” per finanziare determinati interventi a favore dei giovani, allora occorre che siano applicate a tutti gli italiani, anche ai lavoratori attivi e non solo a chi è in quiescenza.

Secondo un rapporto di Itinerari previdenziali, la maggior parte delle pensioni di invalidità civile, circa il 51,5% del totale, finisce al Sud Italia, mentre al Nord ne arriva poco meno del 30% e il Centro si ferma al 18,5%. Dal rapporto emerge inoltre che al nord viene pagata una prestazione di invalidità ogni 100 abitati, mentre al Centro si sale a una ogni 69,7 abitanti e al Sud si arriva a una ogni 43. Dati che fanno emergere delle differenze piuttosto ampi tra aree territoriali del Paese e che probabilmente potrebbero essere “ripianate” senza bisogno di una riforma delle pensioni, ma con controlli più accurati. Del resto le prestazioni assistenziali incidono non poco sul bilancio dell’Inps, che avrebbe quindi tutto l’interesse a cercare di limitare le situazioni di prestazioni indebite, che a volte purtroppo balzano all’onore delle cronache.

Le parole di Gianfranco Cerea evidenziano la necessità di un intervento di riforma delle pensioni, poiché il sistema a ripartizione non sembra in grado di potersi reggere a lungo, stante la situazione di crisi demografica del nostro Paese. Il professore di Scienza delle Finanze dell’Università di Trento aveva spiegato che “per pagare ai nostri giovani le pensioni ci vorranno 300 mila stranieri all’anno fino al 2060”. E il Dolimiti ha sentito sul tema Franco Ianeselli, Segretario della Cgil del Trentino. Il sindacalista ha spiegato che in effetti il sistema a ripartizione non si regge se ci sono più morti che nati, più persone che non lavorano rispetto a quelle che lo fanno. E ha poi ricordato che ciò è dovuto al fatto che si tratta di un modello pensato a fine Ottocento da Bismarck, “che aveva stabilito che si sarebbe andati in pensione l’anno dopo quello dell’aspettativa di vita media”. Un po’ come se oggi si potesse andare in pensione dopo gli 80 anni.

Con il sistema contributivo i livelli delle pensioni saranno piuttosto bassi e per questo Ianeselli suggerisce di aderire ai fondi pensione, in modo anche da diversificare il rischio. Resta il fatto che per i più giovani bisognerà introdurre la cosiddetta pensione di garanzia. Il sindacalista ha poi ricordato l’importanza di incentivare percorsi di flessibilità pensionistica, di modo che si possano liberare posti di lavoro per i giovani. E ha anche annunciato che sta lavorando insieme alla Provincia per vagliare la possibilità di creare una forma di sostegno per restituire la rata dell’Ape volontaria da parte di chi vi fa ricorso.