Sale ancora la protesta del mondo scuola contro il Miur e con il motivo del blocco contratti statali che rimane sempre sullo sfondo e non viene risolto: in un lungo comunicato del sindacato Cub scuola, le associazioni di categoria degli insegnanti e gli stessi addetti al lavoro lamentano il blocco ormai continuo degli stipendi e degli aumenti stessi pure dopo le promesse della riforma Madia, ancora arenata, e la sentenza della Corte Costituzionale. «La Consulta ha dichiarato illegittimo il blocco dei contratti dei dipendenti statali nel giugno del 2015; l’Avvocatura dello Stato stimava allora in 35 miliardi di euro il costo per lo Stato per i mancati introiti dei dipendenti, limitatamente agli ultimi 5 anni», scrive Cub sindacato scuola ieri mattina, intervenuto anche sul tema Invalsi. Secondo i massimi contestatori fin dalla prima ora della riforma Buona Scuola e da quella del ministro Madia, «son passati due anni dal pronunciamento della Corte e nulla è cambiato, se non una dubbia intesa tra governo e sindacati maggiormente rappresentativi, che concluderebbe con l’elargizione di una manciata di spiccioli otto anni di mancati rinnovi e di conseguente perdita di potere d’acquisto dei nostri salari». (agg. di Niccolò Magnani)
Sono passati due mesi da quando la ministra della Pubblica Amministrazione, Marianna Madia, annunciava importanti novità per quanto riguarda il rinnovo dei contratti statali e l’aumento degli stipendi dei dipendenti pubblici. Tutto tace, eppure erano arrivate importanti rassicurazioni: «Continuiamo sulla tabella di marcia, rispettando gli impegni presi fin dall’accordo del 30 novembre», dichiarò la ministra, riferendosi all’intesa raggiunta con i sindacati, con cui è stata tracciata la strada per la riapertura della contrattazione. La trattativa, però, non è stata ancora ripresa. «Abbiamo messo in fila tutto ciò che serve per potere fare un nuovo contratto, fermo da tanti anni». La parte economica è stata affrontata con la legge di Bilancio, ma non è stato effettivamente sciolto il nodo relativo alle risorse economiche. La parte normativa, invece, va di pari passo con la riforma del pubblico impiego, che riceverà il via libera entro la fine di maggio.
L’atto di indirizzo rappresenta il fischio ufficiale di inizio della partita tra il governo e i sindacati per il rinnovo dei contratti, che prevede anche l’aumento degli stipendi dei dipendenti pubblici. Due mesi fa la ministra della Pubblica Amministrazione garantì che sarebbe arrivato presto, ma l’Aran finora non l’ha ricevuto. La direttiva potrebbe essere inviata all’agenzia che rappresenta il governo nella trattativa nei prossimi giorni. Lo sperano i tanti dipendenti pubblici che da anni attendono una svolta. La progressione delle risorse destinate al rinnovo è di 900 milioni di euro per quest’anno, diventeranno 1,2 miliardi nel 2018. E bisogna tener conto dei 300 milioni per il 2016. Quindi per garantire un aumento medio di 85 euro servono circa 2,5 miliardi di stanziamento. Sui numeri, però, non c’è ancora chiarezza e per questo cominciano a montare le polemiche: c’è chi teme, ad esempio, che le cifre per l’aumento degli stipendi verranno riviste al ribasso.