Nel suo consueto punto settimanale dedicato alle novità sulla riforma delle pensioni al femminile, Orietta Armiliato sulla pagina Facebook del Comitato Opzione donna social ha spiegato di aver chiesto ad alcuni parlamentari di avere delucidazioni sulla sorte della proposta di sanare la grave ingiustizia riguardante il cumulo contributivo gratuito, che ancora non può essere utilizzato da chi vuole accedere a Opzione donna o all’ottava salvaguardia degli esodati. La risposta ricevuta è stata rinfrancante, perché il tema “non è ‘scivolato’ in nessun cassetto, né è stato archiviato: anzi, ci aspettiamo dunque che anche questo importante argomento previdenziale che potrà portare il vantaggio dell’uscita dal lavoro di un ulteriore contingente di donne, possa alla fine risolversi positivamente”. Non resta che sperare che ciò non avvenga in tempi lunghi: come si vede nel caso dell’Ape, a concretizzare certi interventi sembra volerci davvero fin troppo tempo.



I lavoratori precoci non hanno intenzione di rinunciare a una battaglia per vedere concretizzarsi una riforma delle pensioni che prevede Quota 41 per tutti. E questa loro battaglia trova sempre più eco mediatica, nonostante duri da diverso tempo. Dopo aver partecipato in settimana a un collegamento durante la trasmissione tv “Dalla vostra parte”, il settimana Stop ha dedicato loro un servizio di due pagine. Il titolo è piuttosto eloquente “41 anni di contributi non bastano per andare in pensione! C’è chi dice no”. Nell’articolo campeggia la celebre foto di Elsa Fornero in lacrime mentre annuncia le misure contenuta nella riforma delle pensioni che porta il suo nome, ma ci sono anche immagini dei lavoratori precoci in manifestazione. Per loro, quindi, una nuova occasione per far sentire la propria voce e far conoscere i loro obiettivi agli altri italiani.



In questi giorni la manovra correttiva sta affrontando l’iter parlamentare e sono stati presentati alcuni emendamenti riguardanti anche la riforma delle pensioni. Vi abbiamo dato conto di quelli relativi all’Ape social e a Quota 41, ma non bisogna dimenticare che Walter Rizzetto ha presentato degli emendamenti riguardanti la proroga di Opzione donna, almeno fino al 2019, e l’abolizione del meccanismo che lega i requisiti pensionistici all’aspettativa di vita. Se sul primo non è chiaro quanto chance di successo ci siano, sul secondo va detto che da tempo si parla quanto meno di rivedere quel meccanismo, arrivando almeno a una sua cancellazione per alcune tipologie di lavori più usuranti e faticosi. Del tema dovrebbero parlare anche Governo e sindacati nella cosiddetta fase due del confronto sulla riforma delle pensioni, ma non si sa quando ci sarà un nuovo incontro tra le parti.



I decreti attuativi sull’Ape social e Quota 41 sono pronti, lo ha scritto in un post su Facebook Maria Elena Boschi, ricordando che così prosegue l’impegno a dare corpo alla riforma delle pensioni voluta dal Governo Renzi e che passerà anche dall’aumento delle quattordicesime in arrivo a luglio. Tuttavia esistono delle proposte emendative alla manovra correttiva per cambiare alcuni dei requisiti di accesso all’Ape social e a Quota 41. Le riassume pensionioggi.it, evidenziando come la più importante sia sicuramente quella che mira a ridurre da 36 a 30 anni gli anni minimi di contributi richiesti per “gli operai dell’industria estrattiva, dell’edilizia e della manutenzione degli edifici, i conduttori di gru o di macchinari mobili per la perforazione delle costruzioni”. In questo modo si riuscirebbe a venire incontro alle richieste degli edili, che hanno segnalato la difficoltà, causa discontinuità nella carriera lavorativa, ad accumulare i 36 anni di contributi altrimenti richiesti.

C’è poi la richiesta di fare in modo che la Quota 41 sia accessibile anche a coloro che sono disoccupati a seguito di licenziamento, ma che non hanno diritto a una prestazione di disoccupazione e agli operai agricoli, purché in stato di non occupazione da almeno tre mesi. Nei prossimi giorni questi e altri emendamenti saranno sottoposto al voto della commissione Bilancio della Camera. È stata invece già bocciata la richiesta di aumentare da 12 a 24 mesi la franchigia per raggiungere il requisito di 6 anni di continuità di svolgimento di lavori gravosi.

Dall’ultimo Rapporto Istat arrivano dati molto utili per i decisori politici che si troveranno poi a ipotizzare nuovi interventi di riforma delle pensioni. Come scrive Il Sole 24 Ore, infatti, non c’è stata in Italia una grande redistribuzione del reddito grazie a un intervento pubblico rispetto a quanto avvenuto in altri paesi europei. “In pratica in mancanza di una politica di redistribuzione dei redditi sono state le pensioni ad aver bilanciato e smussato gli angoli in termini di disuguaglianza. I trasferimenti pensionistici spiegano da soli l’85 per cento della riduzione della diseguaglianza”, si legge sul quotidiano di Confindustria. Si capisce bene, quindi, che se dovessero diminuire gli importi degli assegni pensionistici si avrebbe una diminuzione della redistribuzione “indiretta” e un aumento delle disuguaglianze. 

Giuliano Cazzola e Matteo Salvini sono stati protagonisti di uno scontro sugli effetti della  riforma delle pensioni targata Fornero durante l’ultima puntata della trasmissione diMartedì. E l’ex deputato ha deciso di ritornare sull’argomento nelle sue Punture di spillo pubblicate su Formiche.net. “Fate una prova. Il mattino dopo una performance di Matteo Salvini in tv, uscite di casa e fermate il primo passante che incontrate. Chiedetegli con cortesia se, dopo la riforma Fornero, è ancora permesso agli italiani di andare in pensione. Vi risponderà che i più fortunati ci vanno all’età di Matusalemme”, è l’incipit dell’intervento di Cazzola, che spiega poi come poter accertare come stanno veramente le cose. Invita quindi i lettori ad andare sul sito dell’Inps per consultare le ultime statistiche riguardanti i nuovi pensionamenti nel 2016 e nel primo trimestre del 2017, da cui sono esclusi, tuttavia, i dipendenti ex Inpdap ed Enpals. “Se consideriamo soltanto il Fondo pensioni lavoratori dipendenti”, scrive quindi Cazzola, “ci accorgiamo che nelle pensioni decorrenti nel 2016 quelle anticipate (77mila) sono state il doppio di quelle di vecchiaia (38mila)”.

Tuttavia, dal suo punto di vista il dato sorprendente riguarda l’età effettiva media alla decorrenza della pensione, che è pari a 65,5 anni per le pensioni di vecchiaia e a 60,5 anni per quelle di anzianità/anticipate. Inoltre, la metà circa di questi ultimi trattamenti sono stati erogati a persone con età compresa tra i 55 e i 59 anni. Una situazione analoga si trova anche nei dati relativi al primo trimestre del 2017, “22mila pensioni anticipate, per un importo mensile medio di 2.270 euro (età media alla decorrenza 60,9 anni, 9mila prestazioni a persone in età compresa tra 55 e 59 anni”. “Se questi sono i fatti, non sarà che gli effetti perversi della riforma Fornero, ben prima e al di là degli interventi modificativi introdotti nella legge di bilancio per il 2017, Matteo Salvini se li è sognati?”, conclude quindi Cazzola.