Che la battaglia per una riforma delle pensioni all’insegna di Quota 41 per tutti sia importante arriva anche dalla stampa locale. L’Eco di Bergamo, infatti, ha raccontato la storia di Mario (nome di fantasia), un ferraiolo bergamasco che ha 66 anni e lavora in cantiere da quando ne ha 15. Di fatto, quindi, ha superato i 50 anni di lavoro, ma non ha ancora raggiunti i requisiti richiesti dalla Legge Fornero per accedere alla pensione. Oltretutto Mario è senza lavoro. Non sappiamo se è in possesso di tutti i requisiti richiesti per l’accesso all’Ape social. In ogni caso su quest’ultima misura resta il dubbio che non sia abbastanza efficace per i lavoratori edili, come del resto i sindacati di settore hanno fatto presente nelle recenti manifestazioni svoltesi in diverse città italiane.
La riforma pensioni ha fissato una doppia scadenza per le istanze Ape e lavoratori precoci, ma a tener banco è anche la questione relativa ai requisiti. Per il conseguimento di queste prestazioni devono sussistere al momento dell’istanza di accesso. Ci riferiamo in particolare allo stato di disoccupazione per licenziamento, invalidità non inferiore al 74%, assistenza al disabile, svolgimento di mansioni gravose o usuranti. Questi sono i requisiti oggettivi, ma ve ne sono anche contributivi e anagrafici che possono invece essere maturati successivamente, cioè entro l’anno di riferimento.
Ci riferiamo ai 63 anni per l’Ape sociale, al minimo contributivo di 30 o 36 anni, 41 anni invece per i precoci. Ma anche ai tre mesi dalla fine del sussidio di disoccupazione, all’aver svolto almeno 6 anni negli ultimi 7 un lavoro gravoso. In questo caso il lavoratore può “prenotare” il diritto alle prestazioni. (agg. di Silvana Palazzo)
Sono sempre i vitalizi e le “pensioni d’oro” a divenire oggetto di polemica interna al Parlamento, specie dopo l’emendamento della deputata Pd Daniela Gasparini sulla “Rideterminazione degli assegni vitalizi”. Come riporta oggi il Fatto Quotidiano, con profonda critica alla decisione del Governo, è stato deciso dopo l’ultima Commissione degli Affari Costituzionali che «se il congiunto beneficiario della reversibilità non ha redditi da lavoro dipendente/autonomo e d’impresa, rendite fondiarie e redditi da capitale percepirà il 60% dell’importo come gli altri italiani, ma aumentato di un quinto». L’emendamento in particolare, a firma Pd, vede così deciso: «In assenza di altri redditi di cui all’articolo 6, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, per i soli trattamenti in essere alla data di entrata in vigore della presente legge, la misura della pensione di cui all’articolo 11 è aumentata del 20 per cento».
La Gasparini però si è difesa sempre oggi sul Fatto, spiegando come fosse sacrosanti mettere fine a trattamenti insostenibili attraverso il ricalcolo contributivo dell’importo pensionistico ma anche «che non fosse giusto che i congiunti di un parlamentare, che magari non hanno altro reddito, finissero a fare la sguattera o il giardiniere. Ecco perché ho pensato a un riconteggio aumentato del 20%. E’ una misura pensata su situazioni personali a volte gravose: c’è la vedova, l’anziano, il figlio disabile». (agg. di Niccolò Magnani)
Uno dei punti chiave della riforma pensioni, l’Ape volontario, dovrà vedere un piccolo ritardo ancora, dovuto al problema dello slittamento per i tempi di anticipo del mercato. «Poiché il meccanismo di anticipo si basa su un prestito che deve essere poi restituito con rate sulla pensione, vanno chiuse le convenzioni con le banche che erogheranno il finanziamento e le compagnie di assicurazione per il premio a copertura del decesso del pensionato prima della conclusione del piano ventennale di rimborso», spiega il portale PensioniOggi rivelando come le tempistiche per una delle maggiori garanzie della nuova riforma pensioni ancora sono lontane dalla perfetta e “immacolata” operatività. Slitta insieme all’Ape, a proposito, anche l’erogazione della Rita (Rendita Integrativa Temporanea Anticipata), questa volta per un cavillo di legge: l’Inps deve certificare i requisiti per accedere all’operazione, ma siccome al momento è in lavori in corso la piattaforma sull’Ape, non si può chiedere neanche la Rita. (agg. di Niccolò Magnani)
Le stime prodotte dal World Economic Forum in questi giorni rileva un dato assai preoccupanti per il sistema di pensioni non solo in Italia ma in tutto il mondo industrializzato: «L’aspettativa di vita aumenta e i sistemi pensionistici fanno fatica a starle dietro alla stessa velocità», si legge nelle conclusioni del WEF che rilancia anche l’anno in cui il gap pensionati/sistema pensionistico sarà massimo. «Nel 2050 il buco a livello globale salirà dagli attuali 70 mila miliardi a 400mila miliardi di dollari. I sei più grandi sistemi pensionistici del mondo (Stati Uniti, Regno Unito, Giappone, Olanda, Canada e Australia) registreranno un gap di 224mila miliardi, mentre il resto riguarderà sostanzialmente Cina e India».
A livello di ogni singolo sistema pensionistico, quindi anche l’Italia, il buco-medio calcolato a persona è di 300mila dollari. L’aspettativa di vita continua a salire e le stringenti soluzioni per il sistema pensionistico dovranno arrivare in maniera ancora più urgente, Italia compresa ovviamente. (agg. di Niccolò Magnani)
I vitalizi e le pensioni d’oro tornando ciclicamente in discussione all’interno del Parlamento, specie ora che il ddl Vitalizi è passato dalla Commissioni Affari Costituzionali con un primo ok. Sul tema è intervenuta dopo il Cdm di venerdì scorso anche Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, che su Facebook ha dichiarato: “I vitalizi e le pensioni d’oro non sono diritti acquisiti ma dei soprusi da cancellare con leggi giuste: Fratelli d’Italia lo sostiene da anni e ha portato finora avanti in Parlamento le sue battaglie in totale solitudine. Col primo ok al ddl sui vitalizi dei parlamentari in Commissione Affari Costituzionali pare che almeno su questo tema il Pd ci abbia dato ragione”.
Per la leader di Fdi, la “battaglia” prosegue sull’ennesimo ritocco alle pensioni considerate “d’oro”: «Noi ovviamente sosterremo qualsiasi proposta per cancellare questo scempio e speriamo che il Pd ci segua anche sulle pensioni d’oro, che vanno tagliate e ricalcolate sulla base dei contributi versati». (agg. di Niccolò Magnani)
La riforma pensioni prosegue sull’orbita delle prossime scadenze impostate dal Ministero del Lavoro e dal Mef: in particolare, sono Ape e lavoratori precoci a vedere presentare entro il prossimo 15 luglio le domande e istanze di accesso per poter prendere parte alle importanti novità volute dalla riforma pensionistica. L’Inps però avrà tempo poi fino al 15 ottobre per poter comunicare l’accoglimento oppure no dell’istanza di accesso. Le novità più importanti dell’ultimo Consiglio dei Ministri terminato venerdì scorso in serata sono proprio queste scadenze, dopo aver presentato in Gazzetta Ufficiale (ma si attende ancora la pubblicazione, ndr) il bando specifico.
Secondo quanto riporta il portale PensioniOggi, «L’anno successivo le istanze di accesso potranno essere presentate dal 1° gennaio 2018 sino al 31 marzo 2018 (1° marzo 2018 per i precoci) e l’Inps avrà tempo sino al 30 giugno 2018 per comunicare l’accettazione o meno dell’istanza». (agg. di Niccolò Magnani)
L’Ape social, oltre a rappresentare un passo importante nell’attuazione della riforma delle pensioni varata con la Legge di stabilità, servirà a favorire il turn over nel mercato del lavoro e l’occupazione giovanile. Lo ha spiegato Giuliano Poletti. Marco Leonardi preferisce però ricalibrare il tiro. Il consigliere economico di palazzo Chigi viene citato in un articolo di Repubblica dedicato ai decreti attuativi recentemente firmati dal Governo e agli sgravi contributivi per i giovani che potrebbero arrivare con la Legge di bilancio. Il combinato di questi due interventi, infatti, potrebbe aiutare i giovani in cerca di occupazione a trovarla. Senza dimenticare che a breve dovrebbe essere avviata anche l’Ape volontario, che consentirà ai lavoratori con più di 63 anni, se lo vorranno e saranno pronti a sobbarcarsene i costi, di andare in pensione. Leonardi spiega però che “non è affatto detto che il posto lasciato libero da un minatore o da un infermiere venga occupato da uno dei giovani che saranno assunti non funziona così, e del resto non è questo il nostro obiettivo. Che è e resta quello di aumentare nel complesso l’occupazione”.
E in effetti non è affatto detto che i posti liberati possano essere occupati da giovani, anche a fronte di sgravi contributivi per le aziende che assumono, che in ogni caso non ci sarebbero prima dell’anno prossimo. Ragione che potrebbe anzi portare al paradossale effetto di bloccare le assunzioni in attesa degli sgravi. Non bisogna poi dimenticare che l’Ape volontaria è compatibile con la possibilità di restare a lavoro con un contratto part-time: cosa che non creerebbe un nuovo posto di lavoro disponibile.