Domenica scorsa si è tenuto il congresso/primarie del più grande ex partito dei lavoratori italiano (una volta si diceva anche europeo). Lunedì si è festeggiato il primo maggio la festa, tradizionalmente, del lavoro e dei lavoratori. Ieri alla fine di questo lungo ponte, l’Istat ha rilasciato il periodico rapporto sullo stato di salute del nostro mercato del lavoro che porta con sé le ormai scontate polemiche sull’efficacia, dopo due anni, del Jobs Act fortemente voluto, e fatto approvare, dall’ex, e rientrante, segretario del Partito democratico Matteo Renzi.



Si registra così che a marzo 2017 la stima degli occupati è sostanzialmente stabile rispetto a febbraio. È, infatti, pressoché invariato il numero di occupati maschi, mentre è in lieve calo il dato relativo alle donne. L’occupazione scende nell’ultimo mese solo tra gli ultracinquantenni (-55 mila), ma aumenta, fortunatamente, nelle restanti classi di età, in particolare quelle più giovani (+44 mila tra i 15-34enni). Cresce, poi, il numero di lavoratori dipendenti (+63 mila), sia a tempo indeterminato “a tutele crescenti” (+41 mila), sia a termine (+22 mila), mentre calano i lavoratori autonomi (-70 mila). Il tasso di occupazione è, quindi, nel complesso stabile al 57,6%. Un dato ben lontano comunque dai desiderata europei e dalle performance dei paesi più competitivi.



La stima degli inattivi (ossia di chi non lavora e non cerca lavoro), probabilmente l’elemento più interessante, tra i 15 e di 64 anni nell’ultimo mese è in diminuzione (-0,2%, pari a -34 mila). Il calo si concentra tra gli uomini, mentre è in lieve crescita tra le donne e coinvolge tutte le classi di età ad eccezione degli over 50. Il tasso di inattività è pari al 34,7%, in diminuzione di 0,1 punti percentuali su febbraio. Nel periodo gennaio-marzo alla crescita degli occupati si accompagna un calo dei disoccupati (-1,2%, pari a -38 mila) e degli inattivi (-0,2%, pari a -32 mila). Su base annua, a marzo si conferma la tendenza all’aumento del numero di occupati (+0,9%, pari a +213 mila). La crescita riguarda i lavoratori dipendenti (+310 mila, di cui +167 mila a termine e +143 mila permanenti), mentre calano, come già sottolineato prima, i lavoratori autonomi (-97 mila). 



Un dato, questo, che aumenta per entrambe le componenti di genere. La crescita è poi particolarmente accentuata tra gli over 50 (+267 mila) e in misura più contenuta tra i 15 e i 34enni (+62 mila), mentre cala, ahimè e in maniera per certi aspetti paradossali, tra i 35 ed i 49enni (-116 mila). 

Nello stesso periodo aumentano anche, sensibilmente, i disoccupati (+2,9%, pari a +86 mila) e calano, parimenti, gli inattivi (-2,8%, pari a -390 mila). Al netto dell’effetto della componente demografica, su base annua cresce, quindi, l’incidenza degli occupati sulla popolazione in tutte le classi di età.

Qualcosa, insomma, sembra muoversi lentamente. Difficile da capire, tuttavia, se, peraltro in assenza di una seria politica industriale, queste tendenze siano dovute alla bontà (?) delle riforme realizzate negli anni scorsi.