Arrivano notizie importanti sui decreti attuativi relativi all’Ape, novità principale della riforma delle pensioni contenuta nella Legge di stabilità. Giuliano Poletti ha infatti detto che dopo le  valutazioni del Consiglio di Stato, il Governo sta predisponendo il testo del decreto sull’Ape sociale. “Lo manderà per la pubblicazione tra qualche giorno”, ha dichiarato il ministro del Lavoro, secondo quanto riporta Askanews. Poletti ha anche spiegato che il testo del decreto sull’Ape volontaria è pronto, “ma è il ministero dell’Economia che ha il controllo puntuale della procedura”. Vedremo quanto bisognerà attendere per i decreti attuativi, considerando che le domande per l’Ape si sarebbero dovute poter presentare già a partire dall’inizio di questa settimana.



Oggi è un giorno importante per chi continua a sperare in una proroga di Opzione donna. Il Governo, infatti, dovrebbe rispondere alle interrogazioni presentate in materia in commissione Lavoro della Camera, solitamente molto attenta alle questioni riguardanti la riforma delle pensioni. È poi previsto anche un nuovo confronto tra Governo e sindacati sulla previdenza, che dovrebbe riprendere il discorso appena iniziato sulla cosiddetta fase due, dedicata al futuro pensionistico dei giovani. Non mancano anche qui le proposte per far sì che ci possa essere un assegno di importo “dignitoso”, anche da parte di Cesare Damiano, Presidente della commissione Lavoro della Camera. Non resta quindi che attendere novità su questi due importanti fronti. Nel confronto tra Governo e sindacati, questi ultimi chiederanno poi certamente aggiornamenti sull’Ape, visto che ancora non è possibile presentare domanda di accesso all’Anticipo pensionistico. Le organizzazioni sindacali vogliono poi proporre delle modifiche all’Ape social.



Nelle sue punture di spillo, Giuliano Cazzola parla dell’Ape, la misura principale della riforma delle pensioni contenuta nella Legge di stabilità. L’ex deputato evidenzia come le osservazioni avanzate dal Consiglio di Stato sul testo predisposto sull’Ape social siano “ovvie: il Governo  avrebbe potuto arrivarci anche da solo”. Cazzola mette anche i rilievo come sui quotidiani sia stata ripresa con particolare enfasi la notizia che l’occupazione giovanile aumenta, mentre gli over 50 perdono il lavoro. “La smetteranno almeno di dire che i giovani non trovano lavoro perché gli anziani sono stati  incatenati al loro impieghi a causa della riforma Fornero, al punto da aver bloccato il turnover?”, si chiede l’ex vicepresidente della commissione Lavoro della Camera.



L’incontro tra Governo e sindacati sulla riforma delle pensioni di domani si preannuncia piuttosto caldo. Roberto Ghiselli, infatti, ricorda che i ritardi sull’Ape social si stanno facendo pesanti e l’esecutivo dovrebbe quindi dare dei chiarimenti su come intende procedere dopo i rilievi mossi dal Consiglio di Stato e quali potranno essere ragionevolmente i tempi per consentire agli italiani che ne hanno diritto di fare domanda per l’Anticipo pensionistico senza penalizzazioni. Il Segretario confederale della Cgil, durante un’audizione in commissione Bilancio alla Camera, ha infatti evidenziato che ci sono molte persone che non hanno ancora capito quando potranno presentare la documentazione necessaria e anche i patronati che dovrebbero aiutarli sono in difficoltà nel dare delle risposte soddisfacenti.

La riforma delle pensioni di cui sembra si stia parlando di più negli ultimi giorni è quella relativa ai vitalizi dei politici. Anche in Veneto, infatti, ci si prepara a tagliare le pensioni dei consiglieri regionali. Il Mattino parla infatti della proposta del leghista Marino Finozzi, che prevede la cancellazione del contributivo integrativo che la Regione versa al fondo previdenziale dei consiglieri, oltre che l’abolizione dell’assegno di fine mandato cumulabile fino a dieci anni per un importo massimo di 80.000 euro lordi. vvox.it ricorda che questa manovra consentirebbe di risparmiare 7 milioni nell’arco della legislatura, ma non incontra molti favori, soprattutto da parte dei consigliere di prima nomina che verrebbero penalizzati rispetto ai loro predecessori.ì

Mentre in Italia si continua a chiedere una riforma delle pensioni, in Grecia sembra che il Governo sia pronto a ridurre gli assegni per raggiungere l’accordo con i creditori. Una manovra che viene criticata da Francesco De Palo. Il delegato del Comitato tricolore per gli italiani nel mondo, ai microfoni di Radio Vaticana, ha infatti detto che l’accordo che Troika e Tsipras hanno raggiunto è peggiore dei memorandum precedenti, “perché produce altri tagli alle pensioni e più tasse per il ceto medio”. In questo modo il Governo finirà per schiacciare pensionati e poveri. Oltretutto, ha ricordato De Palo, Tsipras a fine gennaio “aveva promesso che non un altro euro sarebbe gravato sulle tasche del contribuente greco e invece oggi ha fatto marcia indietro”.

I lavoratori precoci continuano a lottare per avere una riforma delle pensioni che contenga la Quota 41 per tutti. Per questo obiettivo saranno in piazza a Montecitorio l’11 maggio e stanno continuando a organizzarsi per essere presenti nel numero maggiore possibile, anche se il fatto che la manifestazione si svolge in settimana non aiuta. Da tempo, però, i precoci hanno iniziato anche una raccolta di firme a sostegno di una petizione che chiede di portare alla discussione dell’aula della Camera il ddl 857, ovvero il disegno di legge messo a punto da Cesare Damiano e dalla commissione Lavoro di Montecitorio da lui presieduta. Già in passato i precoci avevano raccolta firme proprio a sostegno di questa proposta di legge, ma ora la richiesta esplicita è quella di portare in aula questo provvedimento, che finora è rimasto confinato alla commissione. Al suo interno, oltre alla norma relativa alla possibilità di andare in pensione dopo 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica e senza penalizzazioni, c’è anche la norma sulla flessibilità pensionistica a 62 anni, con condizioni che sembrano essere favorevoli rispetto all’Ape (anche se su questo non c’è certezza, mancando ancora i dettagli sui costi dell’accesso all’Anticipo pensionistico).

I precoci hanno superato la soglia delle 35.000 adesioni sulla piattaforma change.org e ora, oltre alla petizione online, stanno organizzando banchetti in diverse città italiane per raccogliere firme su carta e superare quota 50.000. I comitati territoriali hanno già predisposto i banchetti a Rimini, Feltre, Ravenna e Firenze e presto ne organizzeranno altri in diverse località.

Si attendono ancora novità più precise sull’Ape volontaria, la misura principale della riforma delle pensioni inserita nella Legge di stabilità. Tuttavia, non dovrebbe essere così costosa come si teme. Stefano Patriarca, con un intervento su Il Sole 24 Ore, ha spiegato infatti che “i parametri si vanno definendo e vengono ridimensionate ricostruzioni fantasiose su una eccessiva onerosità. Per chi chiedesse l’Ape per due anni (80% della pensione netta), l’operazione dovrebbe avere un Taeg netto effettivo attorno al 3,3%, un livello molto al di sotto degli attuali tassi per operazioni comparabili”. Il consigliere economico di palazzo Chigi segnala quindi che confrontando una situazione in cui si percepisca l’Ape e un’altra in cui si abbia la normale pensione, si nota che la differenza è intorno al 2,9%, “che diventa 0,4% se si considerano i flussi finanziari attualizzati”.

Nel suo intervento Patriarca segnala che la sperimentazione di Ape e Rita sarà un’occasione per ricercare modi per gestire una sorta di contraddizione esistente tra il bisogno di flessibilità di uscita dal mondo del lavoro e la mancanza di risorse pubbliche che impedisce di abbassare l’età pensionabile. Inoltre, ricorda che in questo senso la previdenza complementare, come il caso della Rita dimostra, più che integrare la pensione pubblica futura può avere la funzione di “costruire quel reddito ponte per gli anni che mancano” all’ingresso effettivo in quiescenza. Non resta che aspettare che le cifre indicate da Patriarca siano riscontrabili nei decreti attuativi sull’Ape che ancora non sono arrivati. 

Nelle ultime settimane si è tornati a parlare della riforma delle pensioni dei parlamentari e Alberto Brambilla ha dedicato un articolo, pubblicato su Il Corriere della Sera, all’analisi dei dati sulle spese della Camera dei deputati, da cui emerge che si spende più per i vitalizi che non per pagare gli stipendi di chi siede a Montecitorio. E lo stesso avviene per il personale della Camera. “Addirittura il costo delle pensioni del personale e degli ex deputati pesa per oltre il 41% sui costi totali (392,3 milioni l’anno su 949)”. Certo, c’è stato il passaggio a un sistema contributivo dopo la Legge Fornero anche per i parlamentari, che però possono andare in pensione già a 65 anni e con 4 anni e 6 mesi di contributi. Secondo l’ex sottosegretario al Welfare, quando è stata fatta la riforma si sarebbe dovuto prevedere un contributo di perequazione sui vecchi vitalizi.