Tra i lavoratori precoci che continuano a chiedere una riforma delle pensioni all’insegna di Quota 41 per tutti è ancora diffuso un sentimento negativo nei confronti dei sindacati. Lo si sta vedendo in queste ore in cui viene condiviso da alcuni membri del gruppo Facebook Lavoratori precoci uniti a tutela dei propri diritti l’appello della Cgil “Schiaffo alla democrazia”, in cui di fatto si chiede di aderire a un breve manifesto stilato contro gli emendamenti alla manovra correttiva che mirano a introdurre strumenti per sostituire i voucher lavoro, abrogati dal Governo in seguito  al referendum in materia indetto con la raccolta firme del sindacato di Susanna Camusso. C’è infatti chi non dimentica che non è stata fatta la sufficiente opposizione alla Legge Fornero alla fine del 2011 e nemmeno abbastanza recentemente per modificare il sistema pensionistico.



Per accedere all’Ape social si potrà fare ricorso a un’altra novità della riforma delle pensioni contenuta nella Legge di stabilità, ovvero al cumulo contributivo, che consente di sommare i contributi versati in diverse casse per raggiungere i requisiti richiesti. Tuttavia, come spiega pensionioggi.it, “non potrà essere valorizata la contribuzione versata presso le casse professionali”. Dunque conteranno i versamenti presso le gestioni speciali dei lavoratori autonomi, la gestione separata Inps o le gestioni sostitutive ed esclusive. Varranno altresì i contributi derivanti da un riscatto, quelli figurativi e quelli da contribuzione volontaria. Rischia insomma di essere penalizzato chi ha effettuato per un certo periodo di tempo un’attività professionale. Resta da capire numericamente quante persone rischiano di non aver accesso all’Ape social per via di questo paletto.



Orietta Armiliato, dalle pagine del Comitato Opzione donna social ha voluto chiarire che la proposta che ha ribattezzato “Ape donna”, tesa a far sì che il lavoro di cura svolto da tantissime italiane sia valorizzato anche ai fini pensionistici, “ha davvero poco a che vedere con Opzione Donna salvo che anche questa sarebbe una scelta (Opzione) esclusivamente rivolta alla platea femminile (Donna)”. Armiliato ha quindi chiarito che si tratterebbe di una proposta che ricalcherebbe l’attuale Ape e non vedrebbe nessun ricalcolo dell’assegno su base contributiva come nel caso di Opzione donna, ma una decurtazione diretta a rimborsare la prestazione ricevuta prima della vera e propria pensione. Un sistema che sarebbe gestito direttamente dall’Inps e comprenderebbe anche un’assicurazione “che coprirebbe la premorienza del contraente manlevando e facendo salvi gli eredi”.



L’ipotesi di elezioni anticipate a settembre muove anche alcuni lavoratori precoci a chiedersi come comportarsi alle urne. E c’è chi non ha paura di chiedere, sul gruppo Facebook 41xtutti lavoratori uniti, quali sarebbero le forze politiche favorevoli a una riforma delle pensioni che preveda la Quota 41 per tutti. Su questo va detto che Lega Nord e Movimento 5 Stelle sarebbero favorevoli. C’è chi ricorda, infatti, che lo stesso Salvini ha parlato di Quota 40, ritenendo più che sufficienti 40 anni di contributi per accedere alla pensione. Anche Walter Rizzetto, deputato di Fratelli d’Italia, ha sempre sostenuto la causa dei lavoratori precoci. Ma c’è chi ha perso fiducia in tutta la classe politica e ritiene perciò che nessuno farà realmente nulla, oltre a promettere qualcosa in campagna elettorale.

Dopo la riforma delle pensioni targata Fornero, non solo l’Inpdap, ma anche l’Enpals è passato sotto l’Inps. Il quale ha diffuso i dati relativi agli Osservatori sulle pensioni erogate dalla Gestione Dipendenti Pubblici e dalla Gestione ex Enpals nell’arco del 2016. Emerge quindi che al 1° gennaio 2017, le pensioni ex Enpals sono 57.008, di cui 54.750 a carico della gestione dei lavoratori dello spettacolo e 2.258 a carico del fondo degli sportivi professionisti, per un importo complessivo annuo pari a 924 milioni di euro. Si tratta di dati in calo rispetto all’anno precedente. L’importo medio di queste pensioni è pari a 1.246 euro al mese, che scendono a 1.220 euro per i lavoratori dello spettacolo e salgono a 1.887 euro per gli sportivi professionisti. Va detto che tra i lavoratori dello spettacolo, il 44,9% degli assegni non arriva a 750 euro al mese.

L’Inps ha pubblicato l’aggiornamento degli Osservatori sulle pensioni erogate dalla Gestione Dipendenti Pubblici e dalla Gestione ex Enpals, con i dati sulle pensioni vigenti al 1° gennaio 2017. Per quel che riguarda gli ex dipendenti pubblici, emerge che in tutto sono erogati 2.843.256 assegni (in aumento dello 0,8% rispetto all’anno precedente) per un importo complessivo annuo di 67.577,3 milioni di euro (in crescita dell’1,9%) e un importo medio mensile pari a 1.828,27 euro, con un aumento rispetto allo scorso anno di 20 euro al mese. Durante il 2016, sono state liquidate 114.833 pensioni, con un calo del 4,1% rispetto all’anno precedente, con importi medi mensili superiori ai 2.000 euro, in crescite dell’1,1% rispetto al 2015. Il 17,5% delle pensioni per gli ex impiegati pubblici ha un importo sotto i 1.000 euro al mese, mentre il 50,9% tra 1.000 e 1.999,99 euro e il 23,4% tra 2.000 e 2.999,99 euro. Solo l’8,3% ha un importo che supera i 3.000 euro mensili.

Nella manovra correttiva che verrà presto votata alla Camera non ci sono misure esplicita di riforma delle pensioni, tuttavia si è pensato di intervenire per chiarire un dato importante: i fondi pensioni non potranno mai infatti incorrere nei rischi di un bail-in bancario. Dunque le somme di denaro e gli strumenti finanziari della previdenza complementare non potranno servire a soddisfare i creditori di una banca che dovesse fallire. Tuttavia al momento le casse previdenziali risulterebbero escluse da questa deroga sulla normativa comunitaria. Per questo potrebbe arrivare un nuovo provvedimento per chiarire che anche loro avrebbero il diritto di veder salvaguardati quelli che di fatto sono i risparmi messi da parte dagli italiani per il loro futuro previdenziale.

Mario Draghi ha parlato ieri davanti al Parlamento europeo, toccando anche il tema della riforma delle pensioni. Certo hanno avuto risalto le sue parole riguardanti la situazione economica dell’Eurozona e le politiche dell’Eurotower, come pure sull’irreversibilità dell’euro, ma Draghi ha anche detto che la “vera sfida sfida sulla quale dovremmo interrogarci, è come faranno i Paesi a gestire pensioni con una società che invecchia”. Di fatto, quindi, viene ripreso quanto messo in evidenza dallo studio del World Economic Forum: l’invecchiamento della popolazione porta problemi di non poco conto per la sostenibilità del sistema pensionistico, motivo per cui i paesi farebbero bene a innalzare l’età pensionabile, avvicinandola ai 70 anni e lavorando anche sull’invecchiamento attivo dei propri cittadini.

Sta trovando molta eco in queste ore uno studio del World economic forum che sembrerebbe suggerire di adottare in diversi paesi occidentali una riforma delle pensioni che alzi i requisiti richiesti per l’accesso alla quiescenza, un po’ come avvenuto in Italia con la Legge Fornero. Secondo lo studio, infatti, presto l’aspettativa di vita aumenterà fino ad arrivare a 100 anni e dunque i sistemi pensionistici si troveranno in seria difficoltà. Usa, Gran Bretagna, Giappone, Olanda, Canada e Australia entro il 2050 avranno un “buco” complessivo di 224 trilioni di dollari. Per Michael Dexler, capo del settore finanza e infrastrutture del Wef, l’aumento dell’aspettativa di vita porterà a effetti dirompenti simili a quelli dei cambiamenti climatici. Dunque il suggerimento è di cominciare già a innalzare a 70 anni l’età pensionabile in quei paesi dove è vicina ai 60 anni.

Il tutto dovrebbe anche essere accompagnato da politiche per l’invecchiamento attivo, di modo da favorire la permanenza dei cittadini oltre una certa età sul posto di lavoro. Inoltre, bisognerebbe cominciare a rendere consapevoli i cittadini della necessità di costruire un futuro previdenziale anche in maniera autonoma e un’informazione più completa sulla pensione che invece riusciranno a percepire con il sistema pubblico. Va detto che in Italia l’età pensionabile è già piuttosto alta e che esiste un meccanismo che adegua (verso l’alto) i requisiti pensionistici all’aspettativa di vita. Dunque non dovrebbero esserci accorgimenti particolari che il nostro Paese dovrebbe adottare. Anche se da tempo da più parti si ipotizza di eliminare questo meccanismo che lega età pensionabile ad aspettativa di vita.

Matteo Salvini ieri è stato protagonista de “L’intervista” di Sky Tg24. Anche se non era dedicato alla riforma delle pensioni, ma allo scenario politico a tutto tondo, il leader della Lega Nord nello spazio di Maria Latella ha accennato anche alla previdenza, spiegando che l’attuale dibattito politico sulla legge elettorale non è certo quello che interessa gli italiani, più attenti invece al tema delle pensioni, delle tasse e del lavoro. Per Salvini, l’importante è che si arrivi a una legge elettorale che consenta di poter andare al più presto al voto. E ha poi spiegato che se lo scontro tra Pd e Mdp sui voucher dovesse portare alla caduta del Governo, per gli italiani sarebbe una buona notizia. “Io ho fretta di andare a votare, la Lega ha le idee per rilanciare questo Paese”, ha spiegato. E, come noto, tra queste idee c’è anche la revisione del sistema pensionistico.

La riforma delle pensioni dei parlamentari comincerà in settimana l’esame in aula alla Camera, ma incontra già i primi dissensi. Da parte, però, degli ex parlamentari, i cui vitalizi verrebbero penalizzati, in quanto il ddl Richetti prevede il ricalcolo contributivo anche delle prestazioni di chi non siede più in Parlamento. Il Corriere della Sera ha ripreso le dichiarazioni di Antonello Falomi, secondo cui “il testo che esce dalla commissione Affari costituzionali della Camera sui vitalizi e sulle pensioni dei parlamentari è un obbrobrio che sancisce il principio gravissimo che le norme per andare in pensione vigenti ad una certa epoca possono essere cambiate retroattivamente”. In buona sostanza, quindi, il Presidente dell’Associazione degli ex parlamentari si rifà al cosiddetto principio dei diritti acquisiti e ritiene quindi che la legge sia “palesemente incostituzionale”.