Il Movimento 5 Stelle non intende abbandonare la sua battaglia per una riforma delle pensioni dei parlamentari. “Il problema del vitalizio che scatta il 15 settembre è una delle cose che grida vendetta in Italia”, ha detto Luigi Di Maio, spiegando che a luglio bisognerà discutere i bilanci delle camere “e in quell’occasione il M5S darà battaglia per far saltare le pensioni ai parlamentari”. Secondo quanto riporta Ansa, il vicepresidente della Camera ha anche detto che per i franchi tiratori del Pd che hanno contribuito ad affossare l’accordo a quattro sulla legge elettorale, “un grande ruolo l’hanno giocato la pensione e altri sei mesi di stipendio”. L’esponente del Movimento 5 Stelle ha poi ribadito che l’obiettivo resta quello del voto anticipato, per evitare che il Partito democratico possa varare una Legge di bilancio che aumenterà l’Iva e le tasse per gli italiani.
Come noto, l’Ape social, misura contenuta nella riforma delle pensioni varata con l’ultima Legge di bilancio, prevede un accesso agevolato alla pensione anticipata per chi risulta disoccupato a seguito di licenziamento. Anche per questo sembra che non manchi chi sta facendo di tutto per essere licenziato. È la Cgia di Mestre a segnalare una crescita dei lavoratori che costringono le imprese a prendere il provvedimento di licenziamento per giusta causa per incassare la Naspi che può durare anche quattro anni. Inoltre, come ricorda pensionioggi.it, i lavoratori licenziati possono accedere all’Ape social e, di conseguenza, se sono abbastanza avanti negli anni, potrebbero anche aver diritto alla pensione anticipata. Tenendo però conto che l’Ape social non è strutturale, questo fenomeno potrebbe non durare a lungo.
I lavoratori precoci continuano la loro battaglia per una riforma delle pensioni all’insegna di Quota 41 per tutti. Anche perché in mancanza della pubblicazione in Gazzetta ufficiale dei decreti attuativi sull’Ape social c’è chi ancora non ha capito se potrà accedere alla quiescenza in tempi brevi o meno. Così prosegue la raccolta delle adesioni alla petizione on line per far sì che venga discussa alla Camera la proposta di legge Damiano che contiene la Quota 41 per tutti, oltre alla flessibilità pensionistica a partire dai 62 anni. Le adesioni sono vicine a quota 37.000 ed è stato deciso di raccoglierle online solo fino al 30 giugno. Dopodiché proseguirà la raccolta firme cartacce a cura dei comitati territoriali, direttamente nelle città. L’obiettivo è quello di arrivare a quota 50.000 per portare la petizione all’attenzioni degli organi istituzionali.
Sempre attenta alle notizie riguardanti la riforma delle pensioni, Orietta Armiliato ha fatto il consueto punto settimanale sulla pagina Facebook del Comitato Opzione donna social, nel quale non ha potuto fare a meno di far notare come negli ultimi giorni sia riemersa la richiesta da diverse parti di far ripartire il confronto tra Governo e sindacati sulla riforma delle pensioni, visto che non si è entrati ancora nel vivo della cosiddetta fase due. Forse ora che sembra tramontata l’ipotesi di elezioni anticipate, ha ancora più senso che gli incontri tra le parti riprendano, visto che questo esecutivo sarà quello che dovrà varare la Legge di bilancio. Armiliato segnala poi che attraverso le parole di Roberto Ghiselli, Segretario confederale della Cgil, sembra riconosciuta da tutti la necessità di varare interventi per il riconoscimento ai fini previdenziali dei lavori di cura. “Ci pare di capire quindi che, ispirandosi al principio Aspettativa>Bisogno>Possibilità, davvero ci sia l’intendimento di lavorare per modificare legislativamente uno stato che non contempla lo specchio dei tempi”, ha scritto Armiliato.
Mentre si fa largo nell’opinione pubblica la sensazione di essere ancora in alto mare per quanto concerne la cosiddetta fase due della riforma delle pensioni, arrivano importanti novità sul fronte della rivalutazione. Sul sito sindacale CGIL.vda.it è stato pubblicato un articolo nel quale viene rimarcato come sia stata fissata per il 24 ottobre la tanto attesa udienza alla Corte Costituzionale per stabilire la legittimità del Decreto Legge Poletti. Un decreto con il quale l’allora Governo presieduto da Matteo Renzi aveva stabilito una modalità di restituzione parziale della mancata rivalutazione relativa al biennio 2012 – 2013 e stabilità dall’ormai famosa Riforma Fornero uscita nel mese di dicembre del 2011. Sul sito sindacale si legge: “Il blocco della rivalutazione è subdolo in quanto non interessa solo le annualità in cui è scattato il blocco, cioè gli anni 2012 e 2013, ma si trascina in modo strutturale in tutti gli anni successivi in cui il pensionato percepisce l’assegno. Sino al suo decesso (con effetti residuali anche per i superstiti). Una sentenza di favore, almeno parziale, dei pensionati appare altamente probabile”. (aggiornamento di Francesca Pasquale)
La riforma delle pensioni contenuta nell’ultima Legge di stabilità porterà a un aumento e a un’estensione delle quattordicesime che verranno erogate il 1° luglio. I pensionati con gli assegni più bassi avranno quindi un po’ di ossigeno in più. Cosa che a quanto pare non guasterà, perché sono sempre di più gli anziani in quiescenza che faticano ad arrivare alla fine del mese. Anche nel nord-est, una delle zone messe meglio dal punto di vista economico. Il Messaggero Veneto riporta infatti alcuni dati del centro di ascolto della Caritas di Spilimbergo. I volontari spiegano che non mancano, tra le persone che si rivolgono loro, anziani soli, che si trovano in uno stato di perenne precarietà di reddito, anche a causa delle pensioni minime. Certamente si tratta di un fenomeno che non è limitato al paesino della provincia di Pordenone.