Continua la crescita del ricorso alla somministrazione di lavoro. Marzo ha confermato l’andamento positivo con oltre 415mila addetti e un aumento del 19% rispetto all’anno precedente. La crescita ha interessato sia le assunzioni a tempo determinato (+19,7%), ma anche i contratti a tempo indeterminato che, incrementando del 12,8%, raggiungono la cifra record di 43mila posizioni stabili. Questi dati possono sicuramente far ben sperare, in quanto l’andamento del mercato della somministrazione è sempre stato anticipatore dei cicli economici. Non dimentichiamo che all’inizio della crisi economica, quando essa era “solo finanziaria”, già l’occupazione in somministrazione aveva risentito il contraccolpo, con un calo del 40% e la riduzione drastica del numero delle filiali delle agenzie. Oggi, con una situazione di debole ripresa, le Agenzie per il lavoro sono lo strumento più sicuro e completo per le imprese che vogliono assumere, ma allo stesso tempo non sono in grado di prendersi compiutamente questa responsabilità. 



Il dato a mio avviso più interessante è l’aumento dei contratti a tempo indeterminato, che superano quota 43mila nel primo trimestre 2017. Questo non solo ha una valenza di carattere statistico ed economico importante, ma contiene un messaggio di politica aziendale molto chiaro: le Agenzie per il lavoro non possono più limitarsi a concepirsi solo come service delle imprese utilizzatrici, ma devono attribuirsi pienamente il ruolo di datori di lavoro. Dietro i grandi numeri si nasconde una meravigliosa opportunità, quella di concretizzare contrattualmente e attraverso l’erogazione di politiche attive la vera flexsicurity, ovvero il passaggio dalla conservazione del posto di lavoro alla tutela all’interno del mercato del lavoro. 



L’assunzione a tempo indeterminato in somministrazione rappresenta forse la forma contrattuale più evoluta per concretizzare questa teoria. Il lavoratore, assunto a tempo indeterminato da un’agenzia non è legato a essa solo per lo svolgimento di una missione lavorativa, perché nel caso in cui l’impresa utilizzatrice non avesse più necessità delle professionalità del lavoratore, quest’ultimo non rimarrebbe disoccupato, ma resterebbe alle dipendenze dell’agenzia che ha il compito di riqualificarlo al fine di favorire la sua ricollocazione. Quindi il lavoratore, dal punto di vista delle politiche passive, non beneficia del solo ampio e ricco welfare contrattuale del settore della somministrazione, ma riceve anche un’indennità di disponibilità nella fase di non lavoro con l’agenzia. Oltre a questo sostegno, l’agenzia è tenuta a corrispondere una serie di politiche attive, finalizzate a mantenere spendibile la professionalità del lavoratore e a trovagli una nuova missione.



Nel settore della somministrazione, le organizzazioni sindacali e le associazioni di rappresentanza delle Apl hanno messo a sistema, attraverso la contrattazione, un mix tra politiche passive e attive, coniugando la flessibilità contrattuale con le esigenze di stabilità e tutela dei lavoratori. In queste settimane è stato aperto il confronto per il rinnovo del Contratto collettivo nazionale di lavoro del settore delle agenzie di somministrazione. L’auspicio è di un rinnovo rapido, in grado di rappresentare le trasformazioni del mercato e consolidare il primato di buona flessibilità della somministrazione. 

Per fare questo però non basta consolidare i fenomeni virtuosi e renderli sempre più a sistema, ma occorre anche arginare e porre un freno alle distorsioni della flessibilità, ovvero quelle derive verso la precarietà estrema. Rapporti di lavoro giornalieri, reiterati e riattivati nel giro di poche ore. Questa non è flessibilità. Questa è innanzitutto miopia e mediocrità di una parte della classe imprenditoriale del nostro Paese. Contratti rinnovati giorno per giorno, situazioni estreme dove lavoratori collezionano più di 200 contratti in un anno con un’agenzia perché riconfermati ogni 24 ore: occorre porre fine a queste distorsioni. Una fine che non è sinonimo di irrigidimento del mercato, ma tutela innanzitutto della dignità dell’uomo al lavoro, in quanto tale, nella sua integrità.