L’Ape Social e la Quota 41 stanno riscuotendo un forte successo. Almeno così sembrerebbe se ci si fermasse ai soli numeri riguardanti il numero di domande presentate in meno di una settimana dalla pubblicazione dei decreti attuativi sulla Gazzetta Ufficiale. E così deve aver fatto anche Matteo Renzi nel momento di scrivere la sue e-news, in cui non si può non notare come cerchi di “prendersi il merito” di questo presunto successo. «Quando nello scorso autunno abbiamo annunciato questo intervento, ci hanno subissato di critiche e di fischi. L’ennesimo spot renziano, non funzionerà mai. E invece funziona. Eccome se funziona», ha scritto il Segretario del Partito democratico dopo aver ricordato che l’Anticipo pensionistico è stato «voluto con forza nei MilleGiorni».
Si parla tanto della distanza tra politica e cittadini e Renzi con queste sue parole ce ne dà un chiaro esempio. Perché se una persona così attenta ai social come lui si fosse fatta un giro sui gruppi Facebook dei lavoratori precoci, avrebbe compreso in pochi click che quel “successo” non è tale per quelli che dovrebbero essere i beneficiari di questi interventi realizzati «per consentire ad alcune categorie di lavoratori di andare in pensione prima, nonostante la Legge Fornero» (Renzi dixit). Avrebbe infatti facilmente compreso dal tono e dal contenuto dei post che il gran numero di domande presentate si deve di fatto a una corsa per non rischiare di restare esclusi dall’Anticipo pensionistico agevolato. Una corsa creata anzitutto dai ritardi accumulati dal Governo nell’emanare e poi pubblicare in Gazzetta ufficiale i decreti attuativi. E resa ancora più crudele dal fatto che verrà stilata una graduatoria per stabilire chi potrà accedere all’Ape social e chi no. E tra i criteri scelti c’è anche la data di presentazione della domanda.
Poco importa se è stato dato tempo fino al 15 luglio (meno di un mese) per presentare la domanda, se per certificare di aver svolto dei lavori gravosi serve produrre una documentazione dell’azienda che, se magari si è disoccupati, potrebbe non esistere più, se si è edili e non ha si ha la continuità lavorativa di almeno sei anni negli ultimi sette. E che dire poi della scelta di fare figli e figliastri tra i disoccupati? Renzi sa o non sa che chi si trova disoccupato perché gli è scaduto il contratto non può accedere all’Ape social mentre chi è stato licenziato sì? E che la Cgia di Mestre ha segnalato il rischio che ci siano lavoratori che fanno di tutto per essere licenziati proprio per riuscire ad accedere all’Ape social? Se no lo sa, lo invitiamo a scusarsi e a promettere interventi per rimediare a questa “guerra tra poveri” scatenata da quanto deciso nei suoi MilleGiorni. Se invece lo sa, lo invitiamo semplicemente a evitare di fare propaganda via mail vantando successi e omettendo insuccessi.
C’è poi da chiedersi se Renzi sappia quello che scrive, quando evidenzia: “E questa è solo Ape sociale e precoci. Quando arriverà quella volontaria – bloccata dai tradizionali ritardi della burocrazia centrale – vedrete che i numeri cresceranno ancora”. Tradizionali ritardi della burocrazia centrale? Si chiamano così quelli prodotti dai ministeri? E dunque anche Giuliano Poletti, ministro dei MilleGiorni, sarebbe vittima di questa burocrazia centrale dato che ha giurato e spergiurato in più occasioni che l’Ape volontaria sarebbe stata pronta a partire il 1° maggio, ma ancora non si sa quando vi si potrà accedere?
Crediamo in ogni caso che nessuno vorrebbe essere nei panni di Tommaso Nannicini in questo momento. Renzi ha infatti scritto che «il successo di queste ore è innanzitutto un successo suo». Speriamo che per il professore bocconiano ciò non equivalga a un “stai sereno”.
P.S.: Pare che nei MilleGiorni non si sia fatto in tempo a rendere utilizzabile da tutti il cumulo contributivo gratuito, Renzi potrebbe impegnare il suo partito a rimediare ora?