Continua ad aumentare il numero delle domande presentate per accedere all’Ape social e alla Quota 41 introdotte dalla riforma delle pensioni contenuta nella Legge di bilancio. Tuttavia non mancano casi di italiani che si trovano nell’impossibilità di compiere questo atto burocratico, in quanto privi di alcuni documenti richiesti. Per esempio, nei casi dei lavori gravosi, occorre presentare una dichiarazione dell’azienda. Ma cosa bisogna fare se questa è fallita? Elide Alboni, dal Comitato licenziati o cessati senza tutele, ci tiene però a sottolineare che a essere penalizzati non sono, per esempio, solo gli operai edili, ma anche gli artigiani piuttosto che i lavoratori autonomi. “Gli errori vanno affrontati e risolti non per categoria ma in quanto tali per tutti”, scrive Alboni in un post su Facebook. Del resto un lavoratore autonomo, come pure un artigiano, che ha chiuso l’attività ed è senza lavoro non può usufruire dell’Ape social. E questa non pare essere una cosa giusta.



Dopo il referendum proposto dalla Lega Nord, contro la riforma delle pensioni targata Fornero arriva un ddl di iniziativa popolare promosso dai sindacati Snals (scuola), Fast (trasporti), Fials (sanità), Fismic (industria e servizi), Fna (agricoltura), Unsa (funzioni centrali), tutti aderenti alla Confsal, la Confederazione generale dei sindacati autonomi del lavoro. Nel comunicato con cui presentano l’iniziativa, i sindacati evidenziano di aver a lungo protestato contro la Legge Fornero, ma che la classe politica non ha dato ascolto né ai cittadini, né ai sindacati. “Nelle prossime settimane queste organizzazioni sindacali definiranno congiuntamente il testo del disegno di legge e scenderanno nelle piazze italiane per raccogliere le 50.000 firme necessarie ai sensi dell’art.71 della Costituzione italiana”, si legge ancora nel comunicato. Sarà molto interessante vedere quale sarà la loro proposta e non è difficile immaginare che il traguardo delle firme verrà raggiunto.



Per la riforma pensioni sul fronte delle domande per l’Ape sociale un nodo importante e sempre tenuto in primaria “attenzione” è quello del monitoraggio delle varie domande pervenute da cui derivano importanti decisioni per il prossimo futuro. L’Inps ha tempo fino al 15 ottobre per comunicare l’accoglimento o meno dell’istanza di domanda posta fino al 15 luglio prossimo come scadenza: se quel termine viene rispettato allora il lavoratore che soddisfa tutti i requisiti avrà garanzia di accoglimento della domanda anche in caso di insufficienza di risorse. Il problema sorge se però la decorrenza della prestazione sarà posticipata rispetto a quella della maturazione di quegli stessi requisiti, caso che accade tramite la procedura di monitoraggio condotta dall’Inps.



Come spiega bene il portale specifico PensioniOggi, «qualora dal monitoraggio delle domande presentate ed accolte, emergerà il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, del numero di domande rispetto alle risorse finanziarie la decorrenza del pensionamento anticipato verrà differita dall’Inps». In poche parole, se le risorse non copriranno appieno l’intera domanda, verrà individuata una platea di esclusi ai quali sarà comunicato il posticipo della decorrenza stessa della prestazione per l’Ape sociale. (agg. di Niccolò Magnani)

Continuano ad aumentare le domande presentate per l’Ape social e Quota 41, ma i lavoratori edili, già penalizzati dal fatto che la riforma delle pensioni ha previsto l’Anticipo pensionistico agevolati solo per chi ha una certa continuità di lavori gravosi prestati negli ultimi anni prima del pensionamento, non certo facile da ottenere quando si compie un lavoro “stagionale” o che risente molto della congiuntura economica, rischiano di ritrovarsi con una “beffa” ulteriore. Lo segnala Alessandro Genovesi, facendo riferimento alla circolare Inps che stabilisce che il lavoratore soggetto a lavoro pesante e pericoloso abbia “l’obbligo di presentare una dichiarazione del datore di lavoro che certifichi il periodo di lavoro svolto; se il lavoratore ha avuto più rapporti va presentata dichiarazione per ciascun datore”.

Il Segretario generale della Fillea-Cgil fa presente che “gli operai edili mediamente hanno tre rapporti di lavoro all’anno,che moltiplicato per sette anni significa 21 dichiarazioni da presentare; considerando che con la crisi è sparito il 40% delle imprese edili, al povero muratore non rimarrà che rivolgersi a maghi e chiromanti per ottenere le dichiarazioni dalle aziende trapassate”. “Lo dico senza mezzi termini: ministero del Lavoro e Inps hanno affrontato la questione dell’anticipo pensionistico con incompetenza e inettitudine, agendo in modo indegno per un paese civile”, aggiunge Genovesi, ricordando che l’Inps ha tutti gli strumenti per identificare gli operai edili e conoscere la loro vita contributivi e che pertanto non abbia bisogno di certificazioni da farsi fornire dal lavoratore. Per questo chiede di sanare questa ingiustizia.