“Giovani, Impresa, Futuro” è il nuovo progetto lanciato da Confindustria per l’occupabilità dei giovani: un insieme di proposte, almeno secondo i promotori, organiche che punta su nuove politiche attive e su una nuova, e più moderna, filiera educativa. L’obiettivo è, alla fine, di mettere a sistema gli strumenti di collegamento tra formazione e lavoro ponendo l’impresa al centro.



A questo si arriva partendo da alcuni dati di fatto. Si evidenzia così come l’Italia presenti ancora un pesante deficit di capitale umano i cui effetti più evidenti sono l’abbandono scolastico precoce e il basso livello delle competenze degli studenti. Nel 2016, ad esempio, i giovani tra 18 e 24 anni che hanno lasciato la scuola senza conseguire un titolo sono il 13,8% (contro il 10,7% europeo), con forti disparità territoriali (23,5% in Sicilia, 18,1% in Sardegna).



Allo stesso tempo si sottolinea come sul piano delle competenze Ocse-Pisa l’Italia è sotto la media in scienze (481 punti), lettura (485 punti) e si attesta sulla media solo in matematica (490 punti, meglio di Spagna e, addirittura, Stati Uniti). Forti anche in questo caso sono le disparità territoriali: gli studenti di Nord Est e Nord Ovest sono, tuttavia, ben al di là delle medie Ocse in tutti i settori di competenza.

Ancora troppo alto rimane il tasso di disoccupazione giovanile e il numero dei Neet. Si pensi che nel 2016 il tasso di disoccupazione dei giovani tra i 15 e i 24 anni è stato pari al 37,8% contro l’11,9% registrato nel totale della popolazione. Sebbene, quindi, ci sia stato un miglioramento rispetto al picco negativo del 42% rilevato nel 2014, nell’ultimo trimestre del 2016 la disoccupazione giovanile è tornata a salire attestandosi al 40,7%. In questo contesto la percentuale di Neet tra i 15 e i 29 anni è del 24,3% del totale (quasi 2 milioni di giovani), il dato più alto in Europa. 



Nonostante questi dati, il 20% delle imprese continua a non trovare le figure professionali di cui ha bisogno. Mancano, infatti, periti meccanici, ingegneri, matematici, tecnici del legno e delle telecomunicazioni. Siamo di fronte a un terribile paradosso: i giovani non trovano lavoro mentre le imprese non trovano abbastanza giovani da inserire. Una situazione surreale che rischia di aggravarsi. Infatti, nuove competenze saranno sempre più fondamentali per le imprese: in particolare si rafforzerà il peso delle cosiddette “soft skills” quali comunicazione, organizzazione del lavoro, problem solving, pensiero critico e approccio creativo, lavoro in team, leadership e project management. 

In questo quadro Confindustria propone di scommettere con forza sull’alternanza scuola-lavoro e di istituire un Bollino per i percorsi di qualità con lo scopo di incentivare la partecipazione delle imprese e di far emergere, e diffondere, le buone pratiche che si realizzano nei diversi territori. L’iniziativa sembra andare nella buona direzione. Se, certamente, le scuole devono fare la loro parte, anche le imprese, infatti, devono tornare a valorizzare il loro ruolo formativo e sociale nell’interesse delle stesse e delle comunità in cui operano.