RIFORMA PENSIONI 2017, APE SOCIAL: LA PENALIZZAZIONE PER I DISOCCUPATI AGRICOLI

Più avanza il tempo, più vengono a galla dei problemi per l’Ape social, una delle novità della riforma delle pensioni entrata da poco in effettiva funzione. Come ricorda pensionioggi.it, infatti, i lavoratori agricoli che sono disoccupati rischiano di essere penalizzati e di non accedere all’Anticipo pensionistico agevolato. Uno dei requisiti, infatti, è quello di aver esaurito la prestazione per al disoccupazione da almeno tre mesi. Tuttavia, gli operai agricoli ricevono l’indennità di disoccupazione l’anno successivo a quello dell’evento della disoccupazione. Dunque per ragioni certamente non dipendenti dalla loro volontà, questi disoccupati rischiano di trovarsi nell’impossibilità di accedere all’Ape social pur essendo disoccupati da diverso tempo e aver ricevuto il relativo sussidio dopo non breve attesa.



Cesare Damiano torna a ribadire la sua richiesta di prevedere risorse aggiuntive per l’Ape social nel caso che le domande presentate superassero quelle che erano state previste con la riforma delle pensioni contenuta nella scorsa Legge di bilancio. Questo per evitare che ci siano persone che rimangano escluse dall’Anticipo pensionistico agevolato pur avendone di fatto diritto. Ieri Paolo Gentiloni ha partecipato all’apertura del congresso nazionale della Cisl e ha proprio affermato che se sarà necessario il Governo è pronto a stanziare nuove risorse per l’Ape social. Parole che ovviamente l’ex ministro del Lavoro ha accolto positivamente e che sono state anche ribadite da Marco Leonardi, consulente economico di palazzo Chigi, in un’intervista a Repubblica. Non manca però chi nutre una certa diffidenza, visti anche i ritardi con cui l’Ape social è stata resa accessibile e perciò ritiene sia meglio non credere finché non si vede.



In questi primi giorni in cui è possibile presentare la domanda di accesso all’Ape social sono emerse alcune criticità incontrate da chi ha dovuto reperire i documenti richiesti. Ma ve ne sono alcune legate a certe categorie che sono rimaste escluse per ragioni piuttosto discubili. Per esempio, i disoccupati a seguito di scadenza di contratto o coloro che pur essendo stati licenziati non hanno maturato i requisiti per gli ammortizzatori sociali e dunque non possono accedere all’Ape social. Anche gli ex collaboratori non essendo dipendenti rischiano di trovarsi esclusi. Senza dimenticare, aggiungiamo noi, gli autonomi che hanno dovuto chiudere un’attività. Nel frattempo il numero delle domande presentate ha superato quota 30.000 e si rischia quindi di arrivare davvero all’esaurimento delle risorse stanziate.



Nei giorni scorsi i sindacati avevano chiesto nuovamente al Governo di riaprire il confronto sulla riforma delle pensioni, anche perché sulla cosiddetta fase due non si è mai entrati nel vivo. Ivan Pedretti, dalla sua pagina Facebook ha comunicato in merito una novità importante. “Il 4 luglio riparte il tavolo di confronto tra Sindacati e governo sulle pensioni. È una buona notizia. Ci sono tanti problemi da risolvere e l’obiettivo è quello di trovare delle buone soluzioni. Vi terrò aggiornati”, ha scritto il Segretario generale dello Spi-Cgil. Le sue parole lasciano intendere che probabilmente si affronterà anche il tema dell’Ape social, visto che si parla di “tanti problemi da risolvere”. E non ne sono mancati in questi giorni in cui moltissimi italiani hanno presentato o cercato di presentare domande per accedere all’Anticipo pensionistico agevolato.

Alla commissione Affari costituzionali della Camera si stanno discutendo delle proposte di revisione dell’articolo 38 della Costituzione, per far sì che nel formulare una riforma delle pensioni si tenga conto dell’equità intergenerazionale. Tito Boeri, durante un’audizione nella stessa commissione, ha detto che “quando si valutano provvedimenti di riforma sulle pensioni, le relazioni tecniche guardano spesso al breve periodo, ma sulle riforme previdenziali dobbiamo sempre guardare al lungo periodo”. Per il Presidente dell’Inps sarebbe quindi importante fare in modo che in Parlamento ci sia una valutazione delle implicazioni “che tutti i futuri provvedimenti in tema di protezione sociale e previdenza avranno sulle future generazioni”. Secondo quanto riporta il sito de Il Sole 24 Ore, Boeri ha anche consigliato di guardare “a una grandezza, finora ignorata, che è quella del debito implicito pensionistico ossia l’insieme degli impegni futuri, in valore attuale e a legislazione vigente, presi dallo Stato nei confronti dei cittadini in termini di prestazioni pensionistiche al netto dei contributi”.

Matteo Renzi torna a parlare di riforma delle pensioni nella sue e-news, la prima dopo il risultato dei ballottaggi delle elezioni comunali. L’ex Premier elenca una serie di provvedimenti che ritiene giusti, al di là che siano o meno di sinistra, anche per rispondere a chi ritene che il Pd, sotto la sua guida, faccia scelte di destra. “A chi ci fa l’esame del sangue per capire quanto siamo di sinistra, rispondiamo che fare ciò che abbiamo fatto e stiamo facendo su pensioni, periferie, povertà, lavoro, tasse è giusto, prima ancora che di sinistra. Giusto. Non so se è di sinistra, ma è giusto mandare in pensione prima chi ha subito le penalizzazioni della Legge Fornero”, scrive Renzi, che poco più avanti ricorda anche che “dalla settimana prossima parte l’operazione aumento delle pensioni minime, un’altra iniziativa che in tanti hanno definito solo uno slogan. Un altro tassello in nome dell’equità sociale”.

Papa Francesco ha ricevuto oggi in udienza la Cisl, che inizia il suo Congresso nazionale. Il Santo Padre nel suo discorso ha parlato anche di pensioni, spiegando che quelle d’oro “sono un’offesa al lavoro non meno grave delle pensioni troppo povere, perché fanno sì che le diseguaglianze del tempo del lavoro diventino perenni”. Bergoglio ha anche detto che è “una società stolta e miope quella che costringe gli anziani a lavorare troppo a lungo e obbliga una intera generazione di giovani a non lavorare quando dovrebbero farlo per loro e per tutti”. Quindi ha auspicato una sorta di staffetta generazionale attraverso un patto sociale “che riduca le ore di lavoro di chi è nell’ultima stagione lavorativa, per creare lavoro per i giovani che hanno il diritto-dovere di lavorare”. Il Papa non ha mancato di mettere in guardia i sindacati, che col tempo hanno finito “per somigliare troppo alla politica, o meglio, ai partiti politici, al loro linguaggio, al loro stile”.

I sindacati Snals, Fast, Fials, Fismic, Fna e Unsa, aderenti alla Confederazione generale dei sindacati autonomi dei lavoratori, hanno annunciato che intendono farsi promotori di un disegno di legge di iniziativa popolare da presentare il Parlamento per modificare la riforma delle pensioni targata Fornero. Nelle prossime settimane verrà definito il testa del disegno di legge e comincerà poi la raccolta delle 50.000 firme necessarie. Termometro Politico ha interpellato Elsa Fornero, che che ha rilasciato delle dichiarazioni specificando che non si tratta di alcuna replica a questa iniziativa. L’ex ministro ha spiegato di essere “pronta a spiegare le ragioni della riforma, a difenderla, e a considerare i costi – soprattutto per le generazioni giovani e future – di una sua cancellazione”.

In passato la Lega Nord aveva raccolto le firme necessarie a un referendum abrogativo della Legge Fornero, bocciato poi dalla Consulta. E la professoressa torinese ha tra le altre cose dichiarato che “proporre consultazioni referendarie è un diritto” e su questo, infatti, non ha da muovere alcuna critica. “Diverse sono le critiche nei confronti di certe affermazioni di politici che mirano soltanto a ‘vendere’ (politicamente) facili illusioni”, ha spiegato la Fornero. Che evidentemente riconosce e ritiene siano da tutelare i diritti dei cittadini, ma non invece giustificabili certe dichiarazioni di esponenti politici che promettono di cancellare la sua riforma delle pensioni. Già ospite in televisione, l’ex ministro aveva spiegato che è praticamente impossibile cancellare la sua riforma senza incorrere in danni pesanti che avrebbero conseguenze certo non positive per i cittadini.

A quanto pare bisogna stare attenti alle false informazioni che si possono trovare in rete anche per quanto riguarda le pensioni e l’Inps. L’Istituto nazionale di previdenza sociale in un comunicato stampa fa infatti sapere di aver “monitorato e mappato tutte le pagine Facebook che nel titolo fanno riferimento, diretto o indiretto, ad Inps. Dalla mappatura sono emerse circa 50 pagine che utilizzano la parola Inps o il logo dell’Istituto in maniera impropria. La maggior parte contiene informazioni fake o ‘bufale’ che non hanno alcun carattere di ufficialità e contengono notizie fuorvianti. Queste pagine si sono auto-generate e non possono essere chiuse perché è impossibile risalire a un fondatore/amministratore”. L’Inps ha chiesto quindi la loro chiusura e segnalato anche alla Polizia postale “i profili e i post contenenti ingiurie e minacce nei confronti dell’Istituto e dei suoi dipendenti”.

La Corte Costituzionale ha bocciato la retroattività del divieto del ricongiungimento gratuito dei periodi contributivi al 1° luglio 2010 stabilita in una delle norme del Governo Berlusconi approvate il 30 luglio di sette anni fa. Il provvedimento non faceva parte di una riforma delle pensioni, ma di una manovra estiva atta a fronteggiare la crisi finanziaria e quindi a cercare di dare più stabilità ai conti pubblici. Il Tribunale di Monza aveva sollevato la questione davanti alla Consulta dopo aver accolto il ricorso di un cittadino che, presentata la domanda di ricongiunzione contributiva il 30 luglio 2010, si è visto poi chiedere più di 84.000 euro dall’Inps. La Corte ritiene che la norma crei “una discriminazione fra soggetti che, vigente la stessa disposizione di legge, abbiano del tutto casualmente presentato la domanda prima e dopo tale data”. Resta quindi da vedere se il caso di Monza sia stato isolato o meno.