Non c’è di mezzo una riforma delle pensioni draconiana, ma i toni sono lo stesso preoccupati. “Esuberi Ilva, a pagarli saranno i pensionati” è infatti il titolo con cui il sito di Libero in una notizia ricorda che gli scivoli che verranno offerti ai lavoratori in esubero nell’acciaieria di Taranto rischiano di trasformarsi in una “mina” per i conti pubblici e per l’Inps. Il costo potenziale per lo Stato viene indicato in 39 milioni di euro l’anno per tutta la durata della gestione commissariale. E se gli esuberi saranno superiori alle 4.100 unità indicate come limite massimo per ora autorizzato, bisognerà senza dubbio stanziare altre risorse. “I commissari hanno riproposto di recente esodi incentivati (1.700 euro lordi per un massimo di 24 mesi), il ricorso agli anticipi pensionistici previsti per chi è stato esposto all’amianto (prepensionamento e contributi figurativi maggiorati), mentre si sta ipotizzando un canale per il pensionamento agevolato (Ape social). Tre ipotesi tutte a titolo oneroso”, conclude l’articolo.
In questo periodo, più che di riforma delle pensioni, si parla di legge elettorale e della possibilità di un voto anticipato a settembre. In molti ritengono che Matteo Renzi stia spingendo per andare alle elezioni, ma l’ex Premier al Sole 24 Ore ha spiegato che le stesse non stanno così e che ha intenzione di sostenere il Governo Gentiloni, che “ha marcati tratti di continuità con il precedente. Metterlo in discussione mi è dunque politicamente, oltre che umanamente, impossibile. Quindi sostegno pieno al governo che tra l’altro su periferie, pensioni, povertà, Pir, iperammortamento sta lavorando nel solco tracciato insieme”. Non sono però tutti soddisfatti gli italiani per la riforma delle pensioni del Governo Renzi, anche perché l’esecutivo Gentiloni non si sta certo dando da fare per far partire l’Ape: ancora i decreti attuativi in Gazzetta ufficiale non sono arrivati e c’è chi aspetta da più di un mese ormai di poter presentare la domanda di accesso.
Nel suo consueto punto settimanale sulla riforma delle pensioni, Orietta Armiliato, sulla pagina Facebook del Comitato Opzione donna social, rileva come spesso si faccia confusione tra previdenza e assistenza. Se n’è accorta perché non mancano donne che chiedono di poter accedere alla pensione anticipata perché hanno più di 50 anni, hanno versato anche 30 anni di contributi, ma non riescono a trovare un lavoro e dunque diventa difficile per loro attendere di maturare i requisiti per la quiescenza nel momento in cui non hanno nemmeno un reddito. “Diventa difficile parlare però di erogazione di reddito da pensione in presenza di simili requisiti anagrafico-contributivi per i quali è chiaramente necessario ricorrere ad altre forme di aiuto economico ma di tipo assistenziale ancorché previdenziale”, scrive Armiliato. Che non vuol dire certo che queste persone devono “arrangiarsi”, ma che le si dovrebbe aiutare con qualcosa di diverso da una pensione anticipata.
Le parti sociali continuano a tenere alta l’attenzione sul fronte della riforma delle pensioni ed in particolare sulle misure introdotte dal Governo Renzi per permettere un accesso anticipato al sistema previdenziale. In particolare la Fp Cgil sta facendo circolare una vertenza basata su sei richieste che dovrebbero permettere una maggiore equità in fatto di pensione. Tra le sei richieste vi è anche una riservata esclusivamente all’Ape sociale. Nello specifico il sindacato ha sottolineato: “Quanto all’Ape sociale, che in parte tocca lavori all’interno del perimetro dei servizi pubblici, la Funzione Pubblica chiede un intervento che consenta ai lavoratori che svolgono particolari lavori gravosi di andare in pensione a 63 anni con 30/36 anni di contributi a seconda dei casi stabiliti dalla legge. Infatti, l’Ape sociale per com’è adesso non comprende tutte le attività gravose che si svolgono nell’ampia gamma del lavoro dipendente dei settori pubblici e privati”. (aggiornamento di Francesca Pasquale)
Nel prossimo mese di luglio ci sarà la possibilità per tantissimi milioni di pensionati di poter contare non solo sul consueto assegno mensile ma anche sulla quattordicesima. Secondo quanto riportato dal quotidiano finanziario Il Sole 24 Ore saranno circa 1,2 milioni i pensionati che percepiranno tra poco meno di un mese per la prima volta la quattordicesima. Un supporto aggiuntivo che è stato introdotto con l’ultima legge di Bilancio approvata dall’allora Governo Renzi. Nello specifico si parla di una ampliamento del bonus di oltre il 30% per un costo complessivo che si avvicina agli 800 milioni di euro per le casse dello Stato. Una misura che non ha trovato il gradimento di tutti a partire dal Presidente dell’Inps Tito Boeri mentre secondo altri analisti essa viene letta come un parziale riconoscimento ai pensionati di una promessa che il Governo Renzi aveva poi disatteso ed ossia gli 80 euro di bonus anche per i pensionati. (aggiornamento di Francesca Pasquale)
La riforma delle pensioni continua ad essere uno dei temi più dibattuti nel panorama politico italiano. Le ultime misure introdotte nella legge di stabilità dal Governo Renzi sono state salutate con soddisfazione dalle parte sociali che tuttavia hanno in più occasioni ripetuto come altre questioni del sistema previdenziale vadano affrontate in queste settimane. A tal proposito il prossimo 6 giugno a San Martino in Pensilis in provincia di Campobasso, la Uil ha indetto un interessante convegno nel quale vengono affrontate diverse questioni riguardanti il sistema pensionistico (quattordicesima mensilità, Ape sociale) ed anche l’ambito lavorativo. Saranno presenti Tecla Boccardo segretaria generale Uil Molise, Pino Aurisano segretario generale Uil Pensionati Molise, Romano Bellissima segretario nazionale UIL Pensionati ed alcuni esponenti della Direzione Regionale INPS Molise. (aggiornamento di Francesca Pasquale)
Fp-Cgil ha deciso di avviare una vertenza nazionale per chiedere una riforma delle pensioni che riguardi i dipendenti pubblici. A illustrarla è Fp-Cgil del Trentino, dato che la Segretaria generale nazionale ha preso parte al Festival dell’Economia di Trento. Il punto di partenza è che mentre a livello nazionale è stato varato l’Anticipo pensionistico e si sia lavorato e si stia lavorando per andare in pensione prima, chi lavora per lo Stato deve fare i conti con un Tfr ulta posticipato. Infatti, i tempi di pagamento della “liquidazione” non decorrono dal momento della cessazione del lavoro, ma da quella di raggiungimento del diritto teorico alla pensione di vecchiaia. Il che può tradursi in un’attesa di cinque anni. Fp-Cgil vorrebbe anche che il part-time pensionistico, misura che non ha “sfondato” nel settore privato, possa essere utilizzato nel pubblico, in modo da consentire ai lavoratori statali di ridurre l’orario di lavoro e favorire il turn over, creando opportunità di lavoro per i giovani.
In Trentino esiste già una legge che prevede questa estensione (nota come staffetta generazionale), ma dato che l’Inps non riconosce il versamento dei contributi pari al tempo pieno per chi lavora part-time, come invece avviene con il part-time pensionistico, questa misura non è decollata. Giampaolo Mastrogiuseppe, Segretario generale di Fp-Cgil del Trentino, ha anche spiegato che è già sorto un contenzioso tra il Comune di Ledro e la Provincia di Trento, visto che un paio di dipendenti comunali hanno usufruito della staffetta gene