Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 maggio è stata data attuazione alla cosiddetta “Ape sociale”, una misura di sostegno introdotta dalla Legge di bilancio per favorire l’accesso alla pensione da parte di categorie disagiate di lavoratori con determinate caratteristiche: 63 anni di età, anzianità contributiva di almeno 30 anni e in situazioni particolari, quali la disoccupazione per licenziamento, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale del rapporto di lavoro e hanno terminato di percepire l’indennità spettante per la disoccupazione da almeno tre mesi; oppure nella necessità di assistere il coniuge o un parente di primo grado convivente affetto da grave handicap; ne ha diritto anche chi è invalido civile per almeno il 74% e chi svolge lavori usuranti da minimo 6 anni. In questo caso è richiesta un’anzianità contributiva superiore (36 anni): si tratta di operai dell’industria estrattiva, edilizia, conduttori di Gru, di mezzi pesanti e camion, di convogli ferroviari, insegnati di scuola di infanzia e asili nido, addetti allo spostamento merci, operatori ecologici, ecc. La pensione spetta per 12 mensilità e l’importo massimo è pari a 1.500 euro al mese, non soggetti a rivalutazione.



Stante la particolarità delle condizioni descritte, è difficile fare previsioni sui potenziali soggetti coinvolti. Prendendo come riferimento la categoria dei disoccupati ed esaminando i dati Inps sulle politiche occupazionali, ad esempio, si nota che, per il 2015, il numero dei beneficiari dei trattamenti di disoccupazione (Naspi, Aspi e Mini Aspi) è di 1.670.786 lavoratori (escluso il settore agricolo); guardando alla distribuzione per classi di età la maggior parte dei beneficiari si concentra nella fascia 35-39 anni, ben lontana dai 63 anni richiesti per l’accesso all’Ape sociale. La prestazione, inoltre, non è compatibile con l’Assegno di disoccupazione (Asdi), di durata semestrale, a favore di coloro che si trovano ad aver esaurito la Nuova prestazione di assicurazione sociale per l’impiego (Naspi) e rimangono disoccupati in situazione di bisogno economico. Il percettore di Naspi, pertanto, deve terminare di percepire anche l’assegno di disoccupazione, diciamo, integrativo (max 6 mesi) e non è del tutto chiaro se deve poi restare nullatenente per altri tre mesi.



Anche per chi deve assistere familiari in grave situazione di disabilità non è facile fare  previsioni: sempre secondo le statistiche Inps, i permessi straordinari retribuiti riconosciuti per i lavoratori dipendenti costretti a prestare assistenza ai loro familiari, nel 2015, sono stati complessivamente 341.665 (44.677 prolungamenti di congedi parentali e di congedi straordinari), ma non si dispone in questo caso di statistiche per età, benché sia ragionevole supporre che si tratti prevalentemente di soggetti più giovani della soglia stabilita.

Gli invalidi civili, con invalidità superiore al 74%, possono già ora richiedere l’assegno mensile di invalidità (per il 2017 circa 3.600 euro all’anno), nel rispetto di limiti di reddito personale (per il 2017, 4.800 euro); il decreto non precisa se l’accesso all’Ape comporta la decadenza da tale beneficio o se, invece, ne sia compatibile. Tenuto conto dei vincoli di spesa fissati dalla legge (300 milioni di euro per il 2017, con il picco massimo di 647 milioni nel 2019), quest’anno ci sarà spazio per 200 mila domande, ipotizzando la misura massima dell’assegno.



Come per tutte le prestazioni di natura assistenziale, anche l’Ape sociale prevede limiti di compatibilità con lo svolgimento di attività di lavoro dipendente o collaborazione coordinata e continuativa con un reddito annuo non superiore a 8.000 euro e con lo svolgimento di attività di lavoro autonomo con un reddito annuo non superiore a 4.800 euro, al lordo delle imposte e dei contributi previdenziali e assistenziali. Poiché si tratta di somme lorde, piuttosto modeste e, in caso di superamento, il trattamento percepito nel corso dello stesso anno diviene indebito con relativo recupero da parte dell’Inps secondo la disciplina civilistica – che prevede anche l’applicazione degli interessi legali a favore del creditore -, occorre prestare bene attenzione, per non trovarsi nella beffarda situazione di evasori e di indigenti.

Un po’ farraginoso sembra il meccanismo della domanda, per la quale bisognerà verosimilmente armarsi di pazienza, dati i termini ristretti: per quest’anno, i soggetti interessati devono presentare domanda di riconoscimento delle condizioni e di accesso al trattamento entro il prossimo 15 luglio: come al solito in Italia, bisogna correre e, soprattutto con il caldo attuale e con situazioni esistenziali non ottimali, non sempre si dispone di sufficiente lucidità per orientarsi tra le incombenze amministrative.