Non sono mancate nei mesi scorsi, quando la riforma delle pensioni era ancora in divenire, prima dell’approvazione definitiva della Legge di stabilità, richieste per ampliare la platea dei beneficiari dell’Ape social e di Quota 41. Ora Fp-Cgil, con una vertenza a livello nazionale, chiede che vengano inclusi anche gli assistenti sociali e le figure professionali del ruolo tecnico e sanitario che lavorano su turni nel sistema sanitario pubblico, privato e accreditato, nonché delle figure professionali che lavorano nel settore socio sanitario assistenziale addetti alla non autosufficienza, oltre che alla polizia locale. Difficile dire se l’istanza possa essere accolta, visto che i tentativi fatti in questa direzione in passato sono tutti caduti nel vuoto. Per la riforma delle pensioni di Elsa Fornero arriva un’altra bocciatura. Questa volta da parte di Alberto Brambilla. Il Presidente del Centro studi Itinerari previdenziali è stato intervistato da Italia Oggi Sette e gli è stato chiesto se la Legge Fornero ha avuto o meno degli effetti positivi. L’ex sottosegretario al Welfare ha risposto che “l’aver eliminato i 41 anni di anzianità contributiva ha avuto ripercussioni solo in alcune regioni del Nord, mentre non ha praticamente avuto effetti in gran parte delle regioni del Centro-Sud che arrivano alla pensione quasi tutti con il requisito della vecchiaia, creando quindi più problemi, esodati e precoci in testa, che risparmi”. Un giudizio piuttosto chiaro, che si aggiunge quindi agli altri negativi nei confronti del cambiamento del sistema pensionistico varato alla fine del 2011.
Walter Rizzetto, da sempre attento alle vicende riguardanti la riforma delle pensioni, dal suo profilo Facebook ricorda l’appuntamento di lunedì prossimo a Trieste. “Il prossimo lunedì 12 giugno porteremo all’interno delle istituzioni gli esodati, i lavoratori precoci Q41, opzione donna, i pensionati che ricevono un trattamento minimo, insomma, tutti coloro che sono stati danneggiati e taglieggiati dalla mannaia della riforma Fornero”, scrive il vicepresidente della commissione Lavoro della Camera, spiegando che presso il palazzo della Regione, alle 10:30, si terrò un incontro “il cui scopo sarà quello di descrivere civilmente l’indignazione per l’ingiusto trattamento ricevuto per poi capire come procedere assieme”. L’intento del deputato di Fratelli d’Italia è quindi chiaro: cercare di trovare delle soluzioni condivise per dei problemi che sembrano avere una radice comune: la Legge Fornero.
C’è una certa preoccupazione tra chi è in quiescenza, non tanto per una riforma delle pensioni, quanto per una proposta di cambiamento dell’articolo 38 della Costituzione. Il Coordinamento pensionati di oggi e di domani (Conunp) ricorda infatti che in commissione Affari costituzionali è iniziata la discussione di due ddl costituzionali che, in nome dell’equità intergenerazionale, potrebbero consentire il ricalcolo contributivo delle pensioni in essere, che Tito Boeri aveva proposto non molto tempo fa. Conup segnala che i ddl in questione potrebbero consentire anche un taglio dai 300 ai 400 euro delle pensioni degli italiani. L’invito è quindi quello di tenere alta la guardia e di prepararsi a dare battaglia per i propri diritti. Vedremo cosa accadrà prima in Parlamento.
Una riforma delle pensioni del 2006 costerà cara all’Italia: per l’esattezza circa 900.000 euro. A tanto ammonta il risarcimento che dovrà essere versato a otto pensionati dopo la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che ha riconosciuto le ragioni di otto cittadini che, dopo aver lavorato in Svizzera, hanno trasferito i loro contributi in Italia chiedendo all’Inps di calcolare l’ammontare della loro pensione in base a un trattato bilaterale tra Roma e Berna. “L’Inps ha fatto il calcolo non sulla retribuzione effettiva ma su quella teorica. Considerando che i contributi versati in Svizzera sono dell’8% mentre in Italia sono oltre il 30%, ne è risultato una forte riduzione del trattamento di quiescenza rispetto a quanto atteso”, evidenzia l’Ansa. Che spiega poi come la finanziaria del 2006, contenente una norma sul calcolo contributivo, abbia comportato per loro addirittura una decurtazione del 67% della pensione. Ora però per questi otto pensionati è in arrivo il risarcimento.
Matteo Salvini e Giuliano Cazzola si sono scontrati per ben due volte in diretta tv sul tema della riforma delle pensioni targata Fornero. E lavoce.info ha voluto svolgere un fact-checking sulle dichiarazioni dei due, cominciando però da quanto detto dall’ex deputato per lasciare poi a un ulteriore “puntata” quanto asserito dal leader della Lega Nord. La base delle dichiarazioni di Cazzola sono i dati dell’osservatorio dei flussi di pensionamento dell’Inps, in particolare per quel che riguarda l’età in cui sono state erogate le pensioni di anzianità e di vecchiaia nel 2016 e nel primo trimestre del 2017. Lorenzo Borga segnala che “Cazzola ha ragione nel riportare i dati sulla gestione dei lavoratori dipendenti”. Tuttavia rimangono escluse altre categorie di lavoro. Ciò nonostante, “anche l’età media di accesso al trattamento pensionistico per anzianità, tenuto conto della totalità delle gestioni e non solo dei lavoratori dipendenti, non varia in modo significativo da 60,5 anni, il dato citato da Cazzola”.
Tuttavia, quest’ultimo ha anche detto durante la puntata della trasmissione diMartedì del 23 maggio che in Italia “la gente in maggioranza va in pensione a 60 anni”. E, scrive Borga, questa è “un’affermazione che non è possibile verificare perché i dati dell’Inps riportano solo il numero dei nuovi assegni pensionistici erogati e non quello dei nuovi pensionati. I numeri potrebbero infatti non coincidere per la possibilità di ricevere più di un trattamento pensionistico”. La conclusione del fact checking è dunque la seguente: “Alla luce dei dati corretti citati da Giuliano Cazzola e dei distinguo che è necessario fare in merito alla maggioranza dei nuovi pensionati, la dichiarazione risulta quasi vera”. Ora non resta che aspettare l’analisi sulle parole di Salvini.