Già da alcuni anni la Commissione europea si è posta la questione di come qualificare lo strumento del tirocinio formativo come canale di accesso al mercato del lavoro, in particolare per i giovani. Infatti, la promozione di tirocini di buona qualità avrebbe certamente dovuto contribuire al conseguimento degli ambiziosi obiettivi della strategia di Europa 2020, in quanto avrebbero dovuto rendere più facile l’accesso al mercato del lavoro e favorire la mobilità geografica in particolare dei giovani. In questo quadro, la Commissione ha definito un Quadro europeo di qualità per i tirocini e ha ritenuto necessaria la definizione di una Carta europea dei tirocini di qualità.
Secondo la Commissione si dovrebbe prevedere un vero e proprio “contratto di tirocinio” che dovrebbe costituire la base di tutti i tirocini e indicare gli obiettivi professionali e di apprendimento, la durata e, se del caso, l’ammontare della retribuzione/compenso. La Commissione ritiene, inoltre, che al termine del tirocinio dovrebbe essere consegnato al tirocinante un certificato indicante la durata e il contenuto formativo del tirocinio, le mansioni espletate, nonché le conoscenze, le abilità e le competenze acquisite.
L’Europa si pone, quindi, il problema di prevedere una durata ragionevole per i tirocini. Occorre, infatti, che questa sia chiaramente fissata. Si ritiene che una durata massima di sei mesi possa essere considerata appropriata alle finalità di orientamento e inserimento nel mercato del lavoro propria del tirocinio. Al tirocinante deve essere, quindi, riconosciuta una retribuzione, insieme ad adeguate forme di tutela sociale. Se infatti si ritiene accettabile che nel corso degli studi (i famosi tirocini curriculari o più comunemente stage) possa essere svolto un tirocinio a titolo gratuito, questo non può essere tuttavia privo di una copertura di sicurezza sociale. Nel caso dei tirocini post laurea, poi, una retribuzione è in generale raccomandata e auspicata.
Infine, la Commissione ritiene necessaria la trasparenza delle informazioni rispetto ai diritti e agli obblighi del tirocinante e del datore di lavoro e, se i tirocini sono inseriti in percorsi formativi strutturati, dell’istituto di istruzione coinvolto. Anche in questo caso sembra opportuno evidenziare come non sia riconducibile lo schema di attivazione e gestione del tirocinio a quello classico del contratto di lavoro. In questa prospettiva non è, infatti, probabilmente corretto utilizzare i termini datore di lavoro e retribuzione che caratterizzano altresì lo schema classico del lavoro subordinato.
In questo contesto nel 2013 sono state adottate in Italia, dalla Conferenza Unificata Stato, Regioni e Province Autonome, le Linee-guida in materia di tirocini, previste peraltro dalla “Legge Fornero” del 24 gennaio. Con l’accordo in Conferenza Stato Regioni del 25 maggio 2017 scorso, queste indicazioni comuni sono state, anche alla luce dell’esperienza realizzatasi con Garanzia Giovani, profondamente riviste. L’auspicio è che tali novità vengano, opportunamente, recepite dalle amministrazioni regionali al fine di adottare regole più efficienti e che si ottenga il risultato auspicato di una maggiore qualità di queste esperienze sia nell’interesse dei ragazzi che vengono coinvolti che delle imprese che li ospitano.