La lotta contro i dipendenti pubblici infedeli che fraudolentemente fingono di essere presenti in servizio va perseguita in maniera dura ed efficace. Lo dimostra il fatto che nonostante le decine di licenziamenti disposti al comune di Sanremo, ancora si assiste, attoniti, a episodi della medesima natura, come accaduto a Piacenza pochi giorni fa. Bene, dunque, che il Governo sia riuscito, finalmente, ad approvare le modifiche al d.lgs 116/2016, la norma predisposta in attuazione della “riforma Madia” lo scorso anno, proprio in risposta ai fatti di Sanremo, allo scopo di mettere in sicurezza tale decreto legislativo dai vizi di legittimità costituzionale connessi alla mancata acquisizione dell’intesa con le regioni, evidenziata pochi mesi fa dalla sentenza della Corte costituzionale 251/2016.



Dunque, si potrà proseguire con i procedimenti disciplinari “accelerati” finalizzati a licenziare i frodatori, secondo l’iter molto veloce previsto dalla normativa: 48 ore di tempo per disporre la sospensione cautelare e avviare il procedimento mediante la contestazione del fatto e la convocazione per audizioni, da tenere non prima di 20 giorni, e conclusione del procedimento entro 30 giorni. Il tutto, da ricordare, se però i frodatori siano colti sul fatto, in flagrante, anche con l’ausilio di strumenti audiovisivi di controllo.



Il correttivo non ha intaccato la procedura, ma ha solo dato più tempo per la denuncia al Procuratore della Repubblica e alla Procura della Corte dei conti da parte del datore di lavoro, oltre a imporre la comunicazione dello stato e dell’andamento dei procedimenti disciplinari al Dipartimento della Funzione pubblica.

Il sistema sanzionatorio, dunque, è a regime e le amministrazioni non solo possono, ma devono attivarlo fino in fondo nei confronti dei “furbetti del cartellino”. Restano, tuttavia, in piedi molti problemi se è vero, come è vero, che comunque l’intervento normativo risale a oltre un anno fa e non ha evidentemente fatto da deterrente non solo per il caso più recente di Piacenza, ma anche per vari altri fenomeni di truffa che si sono succeduti in questi mesi.



Il fatto è che, come sempre, l’inasprimento delle norme di per sé non è mai sufficiente a impedire a chi intende delinquere di farlo; del resto, la sanzione del licenziamento disciplinare per la falsa attestazione della presenza in servizio era già prevista da prima del d.lgs 116/2016, ed è stato grazie alla pregressa normativa, infatti, che a Sanremo hanno disposto 32 licenziamenti. Di fatto, la riforma del 2016 ha solo abbreviato i termini procedurali (che prima erano comunque non lunghissimi: 120 giorni) e imposto la sospensione cautelare.

Quindi, una vera svolta contro i frodatori va disposta con metodi organizzativi per provare a prevenire il fenomeno: ad esempio, la creazione di nuclei (a composizione di volta in volta variabile) addetti al controllo interno, sia al momento degli orari “canonici” delle timbrature, sia per il controllo della presenza in servizio nel corso dell’orario di lavoro, e verifica dell’esistenza o sostenibilità delle ragioni dell’eventuale assenza; o la previsione di condizionare i premi di produttività nei confronti dei dirigenti e dei vertici degli uffici proprio all’istituzione di strumenti di controllo preventivo.

Ancora, si deve insistere molto nella verifica concreta dell’utilità del lavoro svolto e delle funzioni gestite. In questo senso, la riforma Madia, modificando il testo unico sul rapporto di lavoro pubblico, impone di abbandonare le vecchie “dotazioni organiche” e di effettuare annualmente un piano dei fabbisogni, finalizzato sì alla programmazione delle eventuali assunzioni, ma per prima cosa da utilizzare per verificare se e come e in che misura una certa funzione sia da coprire e con quale personale. Ciò dovrebbe spingere a determinare in maniera chiara le attività individuali di ciascun dipendente: azione estremamente utile per verificare se davvero in un certo servizio o ufficio sia indispensabile la provvista di personale astrattamente disposta. Molte volte le assenze-truffa di massa sono passate inosservate; sicuramente, ciò è dovuto alla diffusa complicità, ma molto deve anche essere connesso alla mancanza di un consapevole dettaglio delle prestazioni da rendere, che rende facile per i lavativi “imboscarsi”. 

Insomma, se le amministrazioni non si organizzano per pretendere e misurare una prestazione ben precisa, definendo i “prodotti” standard connessi, il rischio che, nonostante la procedura super veloce per il licenziamento disciplinare, casi di truffe di massa sulla presenza in servizio possano ripresentarsi, è ancora presente.