Come noto, le domande per l’accesso all’Ape social e alla Quota 41 sono state superiori a quelle preventivate dal Governo al momento di stanziare le risorse per questa misura. Molto probabile quindi che per una parte dei richiedenti ci sia un rinvio della decorrenza dell’Anticipo pensionistico agevolato al 2018. Anche perché la scadenza fissata per stilare la graduatoria da parte dell’Inps, ovvero il 15 ottobre, coincide con quella per la presentazione della Legge di bilancio. Dunque il Governo avrebbe difficoltà a inserire nella stessa le risorse necessarie a consentire agli ultimi della graduatoria di accedere subito all’Ape social e alla Quota 41. Per questo Tommaso Nannicini, secondo quanto riporta Il Sole 24 Ore, avrebbe suggerito di anticipare la scadenza per la compilazione della graduatoria, di modo che l’esecutivo abbia il tempo necessario a stanziare le risorse.
RIFORMA PENSIONI NOVITÀ 2017, ULTIME NOTIZIE. APE SOCIAL, OPZIONE DONNA, BLOCCO PENSIONI, PENSIONE ANTICIPATA (OGGI, 18 LUGLIO)
DAMIANO E SACCONI CHIEDONO NUOVE RISORSE PER L’APE SOCIAL
Oltre a chiedere di bloccare l’aumento dell’età pensionabile previsto per il 2019, Maurizio Sacconi e Cesare Damiano vorrebbero che nella prossima Leggi di bilancio ci sia lo stanziamento di nuove risorse per l’Ape social, di modo che le richieste di accesso presentate possano essere soddisfatte, senza penalizzare altri potenziali beneficiari della misura previsti per il prossimo anno. I due parlamentari, nel loro appello pubblicato su Il Dubbio, sollecitano anche l’emanazione del decreto attuativo relativo all’Ape volontaria, che sarebbe dovuta partire il 1° maggio. I presidenti delle commissioni Lavoro di Camera e Senato ricordano anche al Governo l’importanza del varo di una pensione di garanzia per i giovani: tema di cui si dovrebbe parlare al tavolo aperto con i sindacati sulla cosiddetta fase due.
BOERI “RIABILITA” LA LEGGE FORNERO
Se la riforma pensioni fatta dall’ex ministro Elsa Fornero nel 2011 si apprestava ad affrontare la crisi profonda dell’economia e del sistema previdenziale, secondo l’attuale presidente dell’Inps da quella crisi lì “siamo lontani anni luce”. «A causa dell’introduzione della riforma, alcuni lavoratori hanno visto alzarsi l’età pensionabile fino a 6 anni in più rispetto a quella che era prima del 2011», scrive ancora Boeri nella sua intervista. «Il contesto successivo fu quello di domanda del lavoro bloccata dalla peggiore recessione che il nostro Paese ha mai conosciuto», aggiungendo poi che lo stop alle assunzioni post Fornero fu inevitabile. Quel periodo però per Boeri è lontano e, nonostante le forti critiche sottolineate da Sacconi e Damiano, l’attuale situazione previdenziale è più vista sotto forma di rilancio che non di regressione ad una crisi passata. (agg. di Niccolò Magnani)
PROPOSTA DI LEGGE PER MODIFICARE ART. 38 DELLA COSTITUZIONE
Alla commissione Affari costituzionali della Camera si sta discutendo di pensioni e c’è una proposta di legge per modificare l’articolo 38 della Costituzione, di modo che il principio di equità generazionale diventi una base per gli interventi che si vorranno realizzare sulle pensioni. Il primo firmatario di tale proposta è Andrea Mazziotti, secondo cui sbagliano Damiano e Sacconi a ritenere prioritario il blocco dell’età pensionabile mentre occorrerebbe affrontare il tema del futuro pensionistico dei giovani. A maggior ragione quando gli ultimi dati Istat segnalano che la povertà assoluta è triplicata dal 2005 nelle fasce d’età giovanili. “In sostanza, il presente e il passato si stanno mangiando il futuro. Oltre a promuovere politiche di crescita più incisive e capaci di dare occupazione, dobbiamo rivoluzionare il sistema di welfare, a partire dall’inserimento in Costituzione del principio di equità intergenerazionale. Perché c’è qualcosa che non va se oggi solo l’11% della spesa per le prestazioni non previdenziali va agli under 30”, ha spiegato Mazziotti.
FATUZZO PROPONE DI CANCELLARE LA LEGGE FORNERO
Il Parlamento deve intervenire per cancellare la riforma delle pensioni targata Fornero. Lo ha detto Carlo Fatuzzo, spiegando che ci sono tanti lavoratori che si sono visti allontanare il traguardo della pensione, con grande incertezza sulla materia, “e questo, certamente, è indegno di un Paese civile. È necessario che il Parlamento intervenga e cancelli questa legge che ogni giorno di più evidenzia gli aspetti negativi dei suoi contenuti. Il Segretario nazionale del Partito Pensionati, secondo quanto riporta irpinia24.it, critica anche il meccanismo che lega i requisiti pensionistici all’aspettativa di vita, “perché costringe le persone a lavorare in un’età spesso incompatibile con l’attività lavorativa, sottraendo al contempo posti di lavoro ai giovani in cerca di occupazione”. Per questo, a suo modo di vedere, bisogna arrivare a un superamento definitivo di questo automatismo.
PD POSSIBILE MEDIATORE SULL’ASPETTATIVA DI VITA
Oggi pomeriggio, nella sede del Partito democratico, si terrà un incontro dedicato al tema delle pensioni con un occhio di riguardo all’equità tra generazioni. Tuttavia, vista la contemporanea presenza dei leader sindacali, di Giuliano Poletti e Tommaso Nannicini, è facile pensare che più o meno esplicitamente venga fatto un riferimento alla polemica che è sorta dopo l’intervista a Tito Boeri a proposito della richiesta, che Cgil, Cisl e Uil certamente condividono, di bloccare l’aumento dell’età pensionabile previsto a partire dal 2019. Il Pd, come suggerisce anche il Quotidiano Nazionale, potrebbe fare da “mediatore” tra le richieste dei sindacati (e di un suo parlamentare importante come Cesare Damiano) e l’esigenza che ha il Governo di far quadrare i conti. Il punto è che non è ancora chiaro quanto effettivamente possa costare il blocco dell’età pensionabile.
TRE SOLUZIONI PER LE DONNE
La scorsa settimana c’è stato un incontro tra Governo e sindacati sulla riforma delle pensioni. Uno dei temi “nuovi” che è emerso dal confronto è quello riguardante la possibilità di valorizzare, ai fini pensionistici, i lavori di cura delle donne. Le quali continuano ad avere un trattamento pensionistico inferiore rispetto a quello degli uomini, complice carriere lavorative spesso discontinue o con retribuzioni più basse di quelle dei colleghi maschi. Le soluzioni pratiche che si stanno prendendo in considerazione su questo fronte sono diverse. La prima prevede una sorta di “corsia preferenziale” per le donne nell’Ape social, con il requisito contributivo che potrebbe scendere anche a 30 anni. Di fatto, quindi, si potrebbe andare in pensione anticipata a 63 anni con 30 di contributi e senza penalizzazioni. Ovviamente bisognerebbe stanziare delle risorse in più rispetto a quelle già previste per l’Ape social, che oltretutto è una misura sperimentale.
La seconda soluzione passerebbe dai contributi figurativi, magari da riconoscere per i periodi di maternità. Ciò consentirebbe alle donne di poter aumentare il proprio monte contributivo, ma non è detto che ciò possa essere utile ad avvicinare, anagraficamente, la pensione. Infine, si è presa in esame la possibilità di potenziare una norma già prevista dalla Legge Dini, che concede uno sconto sul requisito anagrafico richiesto per l’accesso alla pensione pari a 4 mesi per ogni figlio avuto, fino a un massimo di un anno. Si tratta però ancora di ipotesi e tante donne sperano che comunque il Governo continui a lavorare sul tema.
RAPPORTO INPS: PENSIONI PIÙ ALTE AL NORD
Nei giorni scorsi è stato presentato il rapporto Inps sulle pensioni e le somme raccolte negli ultimi due anni all’intero del macro-sistema previdenziale: stando a quanto pubblicato, con una media di 1.486,23 euro lordi a livello nazionale, l’importo medio delle pensioni è leggermente più alto al centro rispetto al nord e al sud, ma è proprio la differenza tra settentrione e meridione che si sono fatte più polemiche nelle ultime ore. AL centro si ha 1614 euro lordi di assegno mensile, al nord è 1596 euro e al sud invece la differenza è assai più bassa, con 1332 euro al mese. Se invece si guarda la distruzione delle pensioni, allora qui comanda il nord: il 47,1% finisce nelle regioni del nord, il 30,7% in quelle del sud e solo il 19,5% in quelle del centro (ma ovviamente importa e molto il numero di cittadini abitanti nelle varie zone d’Italia). Per alcuni poi la “differenza di genere” è un altro problema segnalato dal rapporto Inps per gli assegni distribuiti: la pensione degli uomini è infatti in media più alta, con 1761 euro, un terzo in più sulle donne che invece guadagnano in media circa 1245 euro al mese. (agg. di Niccolò Magnani)
TITO BOERI, IL BLOCCO PENSIONI A 67 ANNI È MOLTO PERICOLOSO
In una lunga intervista rilasciata questa mattina al Sole 24 ore, il presidente dell’Inps Tito Boeri ha spiegato e introdotto i tanti temi caldi della politica sul fronte pensioni con le ipotesi e gli ultimi rumors usciti sull’ipotetico blocco agli adeguamenti dei requisiti di pensionamento rispetto all’aspettativa di vita. «È sbagliato, significherebbe restituire all’arbitrio politico un modello basato su regole automatiche che assicurano la stabilità del sistema e, dopo la lunga stagione delle salvaguardie per gli esodati, riaprire le maglie nel momento più delicato, visto che nei prossimi 25-30 anni la spesa pensionistica è destinata a crescere a causa del ritiro dal mercato del lavoro dei babyboomers», spiega Boeri. Nell’intervista al quotidiano economico, il presidente Inps spiega come sia molto pericoloso “toccare” quel meccanismo, illustrando invece tutti i rischi: «C’è chi, per esempio, ha preso l’opzione donna con l’aspettativa che ci sarebbe stato l’aumento dei requisiti del 2019 e ha subito una penalizzazione. Ora tutti questi pensionati si troverebbero improvvisamente di fronte a una situazione che cambia». Per Boeri, è proprio un problema politico che si scatenerebbe il motivo per cui questo “blocco” non s’ha da fare, «Bisogna guardare all’età effettiva di pensionamento, che in Italia è più bassa che in Germania e della media europea. I dati 2014 lo dimostrano: da noi si va in pensione appena sopra ai 62 anni, mentre in Germania a 65 anni». (agg. di Niccolò Magnani)