L’idea è stata illustrata davanti ai leader sindacali focalizzando l’attenzione, in particolare, su donne e giovani. Si immagina, nella sostanza, di dare un paracadute per le pensioni ai nati negli anni Ottanta, prospettando di introdurre anche nel sistema contributivo un minimo previdenziale, come nel retributivo, che sarà intono a 650 euro mensili per chi ha 20 anni di contributi. Un importo che potrebbe aumentare di 30 euro al mese per ogni anno in più fino a un massimo di “ben” mille euro. La pensione di garanzia scatterebbe per chi ha raggiungerà (?) i requisiti di età a si dovrebbe, allo stesso tempo, intervenire anche sugli anticipi sganciando così il legame con l’importo che oggi limita le uscite.



L’Istat ha presentato ieri l’annuale elaborazione dei bilanci consuntivi dei diversi enti previdenziali. Il giorno prima autorevoli rappresentanti del Partito democratico hanno lanciato la proposta di una pensione di garanzia per i giovani. Si prevedono, con lo stesso spirito, scivoli all’uscita non generalizzati, per tutti i lavoratori, ma per le fasce deboli, come le donne e chi svolge lavori faticosi. Si immagina, insomma, un mix di misure, da inserire nella prossima legge di Bilancio, per una revisione, seppur parziale, delle passate “riforme”, in primis quella targata Fornero.



Bisognerebbe, insomma, immaginare un sistema di redditi ponte attraverso l’Ape sociale, quella volontaria e la famosa previdenza integrativa. Sarebbe questo l’unico modo, secondo i proponenti, per gestire l’innalzamento dell’età, che vista la crescita dell’aspettativa di vita sembra fortunatamente “ineluttabile”. Certo un meccanismo come questo costa e per finanziarlo si ipotizza la creazione di un fondo di solidarietà per il sostegno alle basse contribuzioni anche prevendo uno scontato impatto sulla fiscalità generale.

Commentando l’iniziativa la stessa Confindustria sottolinea come, in materia previdenziale, più che di uno stop a 67 anni all’età pensionabile oggi si dovrebbe parlare di un’altra questione centrale per il nostro futuro che è l’equità generazionale. Viene, alla fine, da chiedersi tra reddito minimo e pensioni di garanzia chi pagherà (forse) tutto questo in un Paese, come l’Italia, che ancora non sembra uscire dalla crisi e che appare, come da ormai molti anni, non essersi dotato di un piano industriale.



Abbiamo, però, certamente un bilancio della spesa previdenziale che, in qualche modo, dovrà essere chiuso, oggi e negli anni a venire. La certezza è che le uscite, reali e presunte, saranno in crescita, quale che sarà l’esito delle prossime elezioni politiche. I voti dei, forse, futuri pensionati saranno, infatti, decisivi per la vittoria.