L’Istat ha pubblicato ieri il periodico rapporto sugli occupati e, ahimè, sui disoccupati nel nostro Paese. L’occasione è, come sempre, ghiotta per cercare di capire lo stato di saluto del nostro, già malandato, mercato del lavoro e analizzare gli effetti del Jobs Act, la medicina che avrebbe dovuto, come per magia, uccidere il virus della precarietà e della disoccupazione.



Venendo ai crudi numeri il primo dato che emerge è che a maggio 2017 la stima degli occupati cala dello 0,2% rispetto ad aprile (-51 mila unità), attestandosi a un livello lievemente superiore a quello di marzo. Il tasso di occupazione si attesta così al 57,7%, in diminuzione di 0,1 punti percentuali. Il calo congiunturale si manifesta, ahimè, principalmente per gli uomini e interessa tutte le classi di età, a eccezione degli ultracinquantenni, molti dei quali costretti a rimanere attivi grazie, o per colpa secondo le prospettive, alla tanto criticata “Riforma Fornero”. Diminuisce, poi, il numero di lavoratori autonomi e dipendenti a tempo indeterminato, sebbene a tutele crescenti, mentre aumentano i lavoratori con un contratto a termine.



Allo stesso tempo, dopo il forte calo registrato ad aprile, la stima delle persone in cerca di occupazione a maggio cresce dell’1,5% (+44 mila). Come per gli occupati, l’aumento interessa i soli uomini ed è distribuito tra tutte le classi di età, a eccezione, ovviamente, degli ultracinquantenni. Il tasso di disoccupazione sale, così, all’11,3% (+0,2 punti percentuali) e quello giovanile al 37,0% (+1,8 punti).

Dopo l’aumento del mese scorso, la stima degli inattivi tra i 15 e i 64 anni a maggio rimane invariata, sintesi di un calo tra gli uomini e un aumento tra le donne. L’inattività risulta, quindi, in calo tra i 25-34enni, in crescita tra gli ultracinquantenni, mentre rimane stabile nelle restanti classi di età. Il tasso di inattività è così pari al 34,8%, invariato rispetto ad aprile.



Nel confronto poi con maggio dello scorso anno si conferma l’aumento del numero di occupati (+0,6%, +141 mila). La crescita, che coinvolge uomini e donne, riguarda i lavoratori dipendenti (+313 mila, di cui +199 mila a termine e +114 mila permanenti), mentre calano gli autonomi (-172 mila). A crescere, però, sono, principalmente, gli occupati over 50 (+407 mila), a fronte di un calo nelle altre classi di età.

Ne esce, insomma, un quadro clinico complessivamente poco incoraggiante specialmente per quei lavoratori che dovrebbero essere, ora, nella loro fase più produttiva. Il nostro mercato del lavoro, inoltre, quello ai tempi del Jobs Act sembra difficile da raccontare. Mancano, ahimè, i vari ragionier Fantozzi e Filini, e le signorine Silvani, che, usciti dalla penna geniale di Paolo Villaggio, hanno rappresentato in maniera intelligente il lavoro, e un’Italia, che fu. Lo scrittore, comico, artista, regista genovese, possiamo dire certamente, se ne è appena andato e già ci manca. Siamo ora in attesa di chi saprà immaginare il Fantozzi di questi tempi difficili che stiamo vivendo.