Come noto, ancora non è stato approvato il decreto attuativo sull’Ape, la novità principale della riforma delle pensioni, nonostante si fosse detto che sarebbe stato utilizzabile a partire dal 1° maggio. Secondo quanto scrive Il Sole 24 Ore, il testo sarebbe però già stato definito e sarebbe da circa dieci giorni al vaglio del Consiglio Stato, che a breve dovrebbe far pervenire il suo parere al Governo. Bisognerà vedere se prima del passaggio alla Corte dei conti saranno necessarie delle modifiche, come è accaduto nel caso dell’Ape social o meno. “Se non si renderanno necessarie ulteriori correzioni il Dpcm approderebbe in Gazzetta Ufficiale entro l’estate”, aggiunge il quotidiano di Confindustria. Al Mef si continua intanto a lavorare alla chiusura degli accordi quadro con Abi e Ania per definire i rapporti con banche e assicurazioni che serviranno a rendere fruibile l’Anticipo pensionistico.



Cesare Damiano non è totalmente d’accordo su alcune parole dette da Tito Boeri durante la presentazione del Rapporto Inps. In particolare per quel che riguarda il blocco dell’aspettativa di vita, in quanto per l’ex ministro “vale la pena ricordare che, andando avanti di questo passo, nel 2050 si dovrà andare in pensione quasi a 70 anni”. “Un peso, questo sì, tutto a carico dei giovani”, ha aggiunto, visto che secondo Boeri il prezzo del blocco sarebbe stato pagato direttamente dai giovani. “Ci batteremo per il blocco di un nuovo aumento dell’età pensionabile, al di là di quello che sostiene l’Inps”, ha comunque garantito il Presidente della commissione Lavoro della Camera, che ha anche ricordato come “persino il Papa ci ha raccomandato di favorire l’uscita dei lavoratori più anziani per lasciar posto ai giovani”.



Non arrivano certo buone notizie per gli italiani, specialmente più giovani. Anche senza alcuna riforma delle pensioni, infatti, l’età pensionabile nel 2051 dovrebbe arrivare a 69 anni e 9 mesi. A dirlo è stato Giorgio Alleva durante l’audizione in commissione Affari costituzionali alla Camera. Il Presidente dell’Istat ha spiegato che dagli attuali 66 anni e 7 mesi, “si passerebbe a 67 anni a partire dal 2019, quindi a 67 anni e 3 mesi dal 2021. Per i successivi aggiornamenti, a partire da quello nel 2023, si prevede un incremento di due mesi ogni volta. Con la conseguenza che l’età pensionabile salirebbe a 68 anni e un mese dal 2031, a 68 anni e 11 mesi dal 2041 e a 69 anni e 9 mesi dal 2051”. Come ha ricordato lo stesso Alleva, l’Istat “è coinvolto nella fornitura di alcune variabili decisive per la gestione del sistema previdenziale”. Non a caso Poletti ha detto che solo dopo che avrà avuto i dati dell’Istat sull’aspettativa di vita in autunno il Governo deciderà se alzare dal 2019 l’età pensionabile. 



I sindacati da tempo hanno chiesto al Governo che si arrivi al varo di una pensione di garanzia per far sì che i giovani possano in futuro avere degli assegni dignitosi nel momento in cui andranno in quiescenza. La proposta sembra però non incontrare il gradimento di Tito Boeri, che durante la presentazione della relazione annuale dell’Inps ha spiegato che il problema dei giovani si potrebbe risolvere “fiscalizzando una componente dei contributi previdenziali all’inizio della carriera lavorativa per chi viene assunto con un contratto a tempo indeterminato”. Secondo il Presidente dell’Inps, si tratta di “una misura che, al contrario di molte di quelle proposte nella cosiddetta ‘fase due’ del confronto Governo-sindacati sulla previdenza, opererebbe un trasferimento dai lavoratori più anziani e dai pensionati verso i giovani e assicurerebbe sin d’ora uno zoccolo minimo di pensione a chi inizia a lavorare, oltre a incoraggiare le assunzioni a tempo indeterminato”. Boeri ha anche detto che “bloccare l’adeguamento dell’età pensionabile agli andamenti demografici non è affatto una misura a favore dei giovani. Scarica sui nostri figli e sui figli dei nostri figli i costi di questo mancato adeguamento”. 

Di fronte agli ultimi dati Istat, che mostrano un aumento della disoccupazione giovanile, la Cgil ha scritto un post su Facebook in cui di fianco alla foto di Susanna Camusso è riportata la frase: “Più di un giovane su tre in Italia non trova lavoro. Si deve trovare un nuovo equilibrio, lasciar andare in pensione chi può e investire sui giovani, sul lavoro. Si deve trovare un nuovo equilibrio, lasciar andare in pensione chi può e investire sui giovani, sul lavoro”. Il post è stato condiviso sia da alcuni lavoratori precoci, che naturalmente vorrebbero poter andare in quiescenza dopo tanti anni di attività, che dal Movimento Opzione donna, che vorrebbe fosse prorogato il regime sperimentale di accesso anticipato alla pensione per le donne, che comporta un ricalcolo contributivo del proprio assegno e, di conseguenza, un risparmio per le casse pubbliche.

Mancano dieci giorni al 15 luglio, termine per la presentazione delle domande di accesso all’Ape social e alla Quota 41. Non ci sono stati recenti aggiornamenti sul numero di istanze presentate, ma i sindacati del settore edile continuano a protestare per le restrizioni che sono state poste all’Anticipo pensionistico agevolato. pensionioggi.it riporta diverse dichiarazioni degli esponenti di Fillea, Filca e Feneal. In particolare si punta il dito contro le modalità di presentazione delle domande di accesso all’Ape social, che sono piuttosto complesse e che sembrano quasi tese a far sì che i potenziali beneficiari, scoraggiati, non presentino nemmeno la domanda. “Non è sufficiente affermare che il governo ha colto il concetto che non tutti i lavori sono uguali ai fini dell’approdo pensionistico e poi tradurre materialmente la norma in modo che pochi lavoratori abbiano l’accesso. La coerenza tra il predicato e il praticato ci deve essere altrimenti si corre il rischio di ingenerare l’ennesima ingiustizia sociale a scapito di chi, a 63 anni, ha il fisico logorato dal lavoro gravoso e pesante”.

La richiesta dei sindacati è quindi quella di consentire la presentazione della domanda anche con documentazione incompleta, per poi procedere alla presentazione degli allegati mancanti in un secondo momento, quando si riuscirà a entrare in loro possesso. La cosa più difficile sembra infatti riuscire a ottenere una dichiarazione dei datori di lavoro sull’effettuazione di lavori gravosi per sei anni nell’arco degli ultimi sette. E ciò risulta complicato per chi ha carriere discontinue e in un settore in cui le imprese sono state falcidiate dalla crisi.

Anche la Uil ha deciso di avviare una campagna sui cosiddetti “diritti inespressi” dei pensionati, così da aiutare alcuni di loro, specialmente quelli con assegni più bassi, a ottenere delle integrazioni all’assegno cui magari non sanno nemmeno di avere diritto. Del resto non essendo automatiche devono essere richieste specificatamente all’Inps, ma si è già avuto modo di verificare che spesso chi è in quiescenza non sa di averne diritto. Con questo tipo di verifiche, che vengono effettuate dai patronati, spesso si riescono a ottenere cifre importanti, considerando che non mancano situazioni in cui si ottengono gli arretrati e così i pensionati si ritrovano con delle somme importanti. Per quanto riguarda la Uil, il patronato di riferimento è Ital e ottenere una verifica sulla propria situazione pensionistica non è particolarmente difficile. L’importante è riuscire a verificare il cosiddetto modello Red.

L’Ape social, importante novità della riforma delle pensioni diventata finalmente realtà, è al centro di un grande interesse per via delle migliaia di domande arrivate nei primi giorni in cui è stato possibile presentarle attraverso la piattaforma telematica dell’Inps. La Cisl e il suo patronato Inas hanno quindi pensato di tenere un seminario d’approfondimento per informare e orientare i lavoratori presso il Dipartimento di Scienze politiche e giuridiche dell’Università di Messina. Con l’occasione la direttrice del Patronato Inas Cisl di Messina, Silvia Brunetto, ha avuto modo di chiarire che “l’Ape sociale non è una pensione, ma una indennità pagata dallo Stato che serve a raggiungere la pensione di vecchiaia”. messinaoggi.it riporta anche le dichiarazioni di Sebastiano Cappuccio, Segretario regionale della Cisl Sicilia, che ha spiegato come negli ultimi anni sia stato fatto “uno scempio del sistema pensionistico e lo sforzo del sindacato è stato quello di mettere delle pezze. Ape sociale e l’intervento sui lavoratori precoci sono forme sperimentali che avranno necessità di essere approfonditi dal punto di vista tecnico e politico”.

In questo senso Mimmo Milazzo, Segretario generale della Cisl Sicilia, pure lui presente al seminario, ha evidenziato che “l’Ape sociale, l’Ape aziendale e l’Ape volontaria sono un passaggio per il cambiamento del sistema pensionistico. Siamo, infatti, entrati nel sistema contributivo puro che cambia molto per la pensione, soprattutto per i giovani”. Il sindacalista ha ricordato alcuni temi importanti che dovranno essere affrontati nella cosiddetta fase due del confronto tra governo e parti sociali, come la previdenza complementare, la governance dell’Inps e la separazione tra assistenza e previdenza.