C’è ancora poco più di una settimana per presentare la domanda per l’Ape social e Quota 41, ma a quanto pare l’Inps sta già fornendo le prime risposte a chi si è già mosso. Sulla pagina Facebook Lavoratori precoci uniti a tutela dei propri diritti c’è infatti chi segnala di avere ricevuto dall’Istituto nazionale di previdenza sociale un riscontro, anche se non positivo: “Non è possibile accogliere la domanda perché non risulta destinatario della salvaguardia legge 232/2016”. Una risposta che non lascia però soddisfatto chi l’ha ricevuta, visto che non è chiaro quale dei requisiti necessari all’accesso non sia stato rispettato. Tuttavia dovendo essere le domande presentate in via telematica, non è possibile avere un “confronto” diretto con l’Inps, come potrebbe avvenire a uno sportello. Si spera che chi ha ricevuto la risposta possa avere tutti i chiarimenti necessari, magari tramite un intermediario o presso gli uffici dell’Inps. (aggiornamento importante su questo tema in un nuovo articolo, cliccando qui)
Sulla fase due della riforma delle pensioni il Governo sta procedendo un po’ troppo lentamente. Lo ha detto Domenico Proietti uscendo dall’incontro che i sindacati hanno tenuto con l’esecutivo. Il Segretario confederale della Uil ha illustrato alcuni dei temi che sono sul tavolo, come la riforma della governance dell’Inps, la pensione di garanzia per i giovani, l’eliminazione delle disparità esistenti tra uomini e donne, la rivalutazione delle pensioni. Il sindacalista ha anche spiegato che l’obiettivo sarebbe quello di riuscire, come l’anno scorso, a sottoscrivere un verbale a settembre, in modo da comporre una sorta di traccia per gli interventi previdenziali della prossima Legge di bilancio. Proietti ha anche detto che il Governo non si è pronunciato circa l’innalzamento dei requisiti pensionistici, ma che i sindacati continueranno a incalzarlo.
Gli agricoltori chiedono pensioni dignitose e per questo la Cia-Agricoltori italiani, insieme al suo patronato Inac, ha organizzato per domani, presso la Sala Viglione del Consiglio regionale del Piemonte a Torino, un convegno che comincerà alle 10:15. L’iniziativa è stata promossa per cercare di trovare delle soluzioni al fatto che gli “assegni pensionistici italiani per chi ha lavorato nei campi sono i più bassi d’Europa, con una media largamente al di sotto dei 500 euro al mese. Una situazione che molto spesso spinge i produttori a continuare l’attività, frenando il turn-over in agricoltura”. Dunque si cercheranno anche soluzioni per creare occupazione giovanile nel settore. Al convegno, che sarà aperto da Lodovico Actis Perinetto, Presidente Cia Piemonte, interverranno Antonio Barile, presidente Patronato Inac e responsabile Politiche sociali Cia, Giorgio Ferrero, assessore regionale all’Agricoltura, e Cesare Damiano, presidente commissione Lavoro della Camera, Giuseppe Baldino, direttore Inps Piemonte. Le conclusioni saranno a cura del Presidente nazionale della Cia, Dino Scanavino.
Governo e sindacati torneranno a incontrarsi martedì prossimo per continuare il confronto sulla riforma delle pensioni. Lo scrive Enrico Marro sul Corriere della Sera, specificando che uno dei punti sicuramente più caldi sarà quello del possibile aumento dei requisiti pensionistici, dopo che ieri l’Istat ha ricordato che nel 2051 l’età pensionabile sarà di 69 anni e 9 mesi. I sindacati vorrebbe ovviamente evitare che entro la fine dell’anno si decidesse di aumentare i requisiti pensionistici validi dal 2019 in virtù di un aumento dell’aspettativa di vita. Riuscire a rompere il meccanismo che lega questi due parametri non è facile, anche perché servono delle coperture per gli anni a venire. Un’ipotesi potrebbe essere, per limitare la spesa, di bloccare i requisiti solo per alcune categorie di lavori, come quelli gravosi.
Carlo Fatuzzo critica le dichiarazioni di Tito Boeri, secondo cui i migranti consentono di mantenere il sistema pensionistico italiano. “Non sono i migranti a salvare le pensioni, anzi, rappresentano un costo”, spiega il leader del Partito Pensionati, ricordando che ci sono diverse pensioni di invalidità e sociali che “vengono erogate a favore di stranieri che non hanno mai lavorato in Italia e, tantomeno, hanno mai pagato tasse nel nostro Paese”. Fatuzzo se la prende anche con il Presidente dell’Inps, perché se con i dati mostra che ci sono 5,8 milioni di italiani che hanno assegni pensionistici inferiori ai 1.000 euro, “non dice mai che le pensioni sono ferme da anni, oltre al fatto che nel corso degli ultimi 20 anni, l’impoverimento dei pensionati è stato superiore all’impoverimento generale del Paese”.
Negli ultimi mesi i sindacati hanno dato vita alla campagna dei “diritti inespressi” per aiutare diversi pensionati, con gli assegni più bassi, ad avere dall’Inps integrazioni, cui si potrebbe avere diritto, ma che vanno esplicitamente richieste. L’Istituto nazionale di previdenza sociale ha quindi deciso di preparare una “Guida in sette passi” dedicata proprio ai titoli di pensioni di importo basso, per verificare “se possono aver diritto a trattamenti integrativi della pensione, erogabili d’ufficio o a domanda, o a detrazioni fiscali”. Si tratta certamente di un’iniziativa importante, ma non mancheranno comunque i pensionati che preferiranno rivolgersi a un patronato piuttosto che verificare da soli se sono in possesso dei requisiti necessari a richiedere un’integrazione o una detrazione fiscale. Clicca qui per scaricare la guida dell’Inps.
La commissione Lavoro della Camera ha promosso un convegno per presentare gli atti dell’indagine conoscitiva su “l’impatto in termini di genere della normativa previdenziale e le disparità esistenti in materia di trattamenti pensionistici tra uomini e donne”, che si terrà oggi alle 14:00 presso la Sala del Mappamondo di Montecitorio. A presentare la relazione sarà Cesare Damiano, mentre i dati saranno illustrati da Marialuisa Gnecchi. È previsto anche l’intervento del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. Saranno quindi resi noti dati più aggiornati e significativi su un fenomeno comunque già noto, perché si sa che le donne percepiscono una pensione più bassa rispetto agli uomini e che capita spesso che non riescano a raggiungere i requisiti richiesti per l’accesso alla quiescenza, trovandosi a dover aspettare di raggiungerli in condizioni magari di disoccupazione. Non a caso il Comitato opzione donna social chiede da tempo il riconoscimento ai fini previdenziali del lavoro di cura o l’introduzione della cosiddetta Ape donna, ovvero un anticipo pensionistico, che non abbia oneri per le casse pubbliche, disegnato sulla situazione particolare delle donne.
In commissione Affari costituzionali della Camera si stanno discutendo delle proposte di revisione dell’articolo 38 della Costituzione, per far sì che si tenga conto, nel formulare ogni riforma delle pensioni, del principio di equità tra generazioni. Andrea Mazziotti, Presidente della Commissione, è primo firmatario di una delle proposte e ci tiene a spiegare che “con la mia proposta sostenuta da circa 50 parlamentari di maggioranza e opposizione, nessuno vuole tagliare le pensioni agli anziani, come qualcuno va dicendo. Vogliamo semplicemente obbligare la politica ad alzare lo sguardo al futuro e pensare ai giovani quando decide di pensioni e di welfare”.
Il deputato di Civici e Innovatori, secondo quanto riporta corrierequotidiano.it, ha ricordato alcuni dati che Tito Boeri ha esposto durante un’audizione in commissione: la spesa complessiva delle prestazioni previdenziali per gli under 40 è pari al 4%, mentre l’88% va agli over 60. Mazziotti ritiene che il fatto che manchi meno di un anno alla fine della legislatura non deve essere addotta come ragione valida per fermare la sua proposta. “I giovani oggi vivono un’incertezza assoluta riguardo al proprio futuro pensionistico, non sanno quando andranno in pensione, né quanto prenderanno ammesso che la prenderanno”, ha aggiunto, sottolineando che per questa ragione i giovani “sentono oramai il pagamento dei contributi come una specie di tassa, un finanziamento a fondo perduto che forse non tornerà”. Vedremo se la proposta riuscirà a concretizzarsi in un cambiamento della Costituzione o meno.
Dopo la presentazione dei dati del Rapporto Inps, Carlo Rienzi non ha dubbi: “Ancora una volta in tema di pensioni l’Italia si conferma il Paese delle disuguaglianze”. Il Presidente del Codacons ritiene che non sia “civile un Paese in cui 1,68 milioni di pensionati fanno letteralmente la fame, ricevendo un assegno mensile inferiore ai 500 euro, mentre più di un milione di pensionati percepisce più i 3.000 euro al mese”. Rienzi evidenzia anche anche da anni la politica e i governi continuano a inserire il tema delle pensioni tra quelli da affrontare più urgentemente, “ma i dati dell’Inps dimostrano che nulla è stato fatto per migliore le condizioni di vita dei pensionati, e chi era povero continua a ricevere assegni miseri, inadatti a condurre una vita dignitosa”. Una presa di posizione dura, quindi, contro la classe politica, ritenuta poco attenta ai veri problemi dei più deboli.
Presentando il Rapporto Inps, ieri Tito Boeri ha detto che l’Italia ha bisogno degli immigrati per tenere in piedi il sistema di protezione sociale, pensioni comprese. Alberto Brambilla, intervistato dal Foglio, dice di non pensarla esattamente allo stesso modo. “I dati ci dicono che l’immigrazione è attualmente un costo per lo Stato. D’altra parte l’immigrazione è per sua natura un investimento, ma l’investimento della Germania non è lo stesso di quello italiano se si considera che da noi gli immigrati sono occupati prevalentemente nella manovalanza a basso prezzo, spesso sfruttati da qualche italiano furbo che li fa lavorare in nero, generando l’effetto di abbassare gli standard lavorativi per tutti. Ecco perché poi si dice che certi lavori gli italiani non li fanno più”, spiega l’ex sottosegretario al Welfare, che poi aggiunge: “La teoria di Boeri è persa in partenza proprio perché è lo Stato italiano a non poter controllare i lavoratori sfruttati nei nostri campi in sud Italia o le tasse che dovrebbero pagare i negozi gestiti da stranieri”.