Negli ultimi anni non sono mancati casi in cui le circolari dell’Inps sono state criticate e contestate per aver interpretato la legge in maniera “restrittiva”. Basti pensare alla battaglia di Cesare Damiano e Marialuisa Gnecchi sulla deroga alla Legge Fornero per i nati nel 1952 o a quella del Comitato Opzione donna culminata in una class action al Tar del Lazio. Vicende, va detto per inciso, che si sono risolte senza “strascichi”, vuoi per un nuovo intervento dell’Inps o per uno del Governo. Oggi potremmo trovarci di fronte a un caso simile. Michele Ziliani, un nostro lettore, ritiene infatti che la circolare Inps relativa all’Ape social (la numero 100 del 16/06/2017) sia in contrasto con il Regolamento comunitario sui sistemi di sicurezza sociale dei lavoratori (Regolamento CE n. 883/2004). Per questo si è già rivolto anche a parlamentari e sindacalisti, ricevendo però scarsi riscontri.
La circolare Inps dice infatti che ai fini del raggiungimento dei contributi necessari ad accedere all’Ape social non si possono totalizzare i periodi assicurativi italiani con quelli esteri. Il che appare in effetti strano. Per usufruire di un’altra novità della riforma delle pensioni, ovvero il cumulo contributivo gratuito, l’Inps stesso ammette l’utilizzo dei contributi esteri se rispondenti alle istruzioni dettate con il messaggio n.1094/2016. Nel quale si spiega che “la contribuzione estera viene presa in considerazione per verificare i requisiti richiesti per il diritto come se fosse contribuzione versata in Italia”. Per inciso, è importante che i periodi che si vogliono “sommare” non coincidano e che la contribuzione sia maturata in paesi “in cui si applicano i Regolamenti comunitari di sicurezza sociale, ovvero in Paesi extracomunitari legati all’Italia da Convenzioni bilaterali di sicurezza sociale che prevedono la totalizzazione internazionale”.
A questo punto vien da pensare che sia stato il Governo a prevedere un esplicito divieto di utilizzo dei contributi esteri per raggiungere i requisiti di accesso all’Ape social. Ma così non pare essere, leggendo il testo dei decreti attuativi pubblicati in Gazzetta ufficiale.
Ma cosa c’entra, si potrebbe pensare a questo punto, il Regolamento comunitario citato da Ziliani? C’entra nella misura in cui quanto espresso nella circolare dell’Inps fosse imputabile al fatto che essa chiarisce che “l’Ape sociale non costituisce un trattamento pensionistico”. Tuttavia se così fosse, spiega Ziliani, il Regolamento comunitario (che, tra le altre cose, riguarda anche la totalizzazione dei contributi) trova applicazione anche per le prestazioni “speciali in denaro di carattere non contributivo” “intese a fornire coperture in via complementare, suppletiva o accessoria dei rischi corrispondenti ai settori di sicurezza sociale di cui all’Art. 3, par. 1”, ovvero anche alle pensioni di vecchiaia e alle prestazioni di pensionamento anticipato. Dunque se l’Ape social non è un trattamento pensionistico è o non è, almeno, una prestazione speciale di cui sopra?
Credo che Ziliani meriti una risposta soddisfacente alla sua domanda sulle ragioni per cui non può utilizzare la contribuzione estera per accedere all’Ape social. Anche perché potrebbero esserci altri cittadini nelle sue stesse condizioni. Val la pena ricordare che l’Ape social è rivolta a categorie svantaggiate, che sono state ritenute meritevoli di una particolare tutela. Tanto che nell’incontro che si è tenuto in settimana tra Governo e sindacati, il primo ha concesso delle aperture rispetto ai gravi problemi che alcune categorie hanno riscontrato, anche se altri restano (poco spazio sembrano trovare anche gli ex autonomi o gli artigiani rimasti senza attività e lavoro). Compreso quello fatto emergere da Ziliani. Non dargli una risposta potrebbe confermare quella visione che talvolta si ha della burocrazia, come di un rullo compressore, un insieme di astruse regole che finisce per calpestare i cittadini senza nemmeno fermarsi ad ascoltarli. Resto personalmente fiducioso che i parlamentari cui si è rivolto aiutino Ziliani, in particolare i membri delle commissioni Lavoro di Camera e Senato.