MORETTI (PD): AMPLIARE PLATEA APE SOCIAL

Sembra prendere sempre più corpo l’ipotesi di un intervento in Legge di bilancio per varare uno “sconto contributivo” per le donne, per rendere magari loro più facile accedere all’Ape social. Alessandra Moretti in una nota spiega che “ampliare la platea femminile dell’Ape Social sarebbe un segnale importante che testimonia l’interesse del Partito Democratico nel tutelare e difendere le tante lavoratrici che in questi anni hanno contribuito al rilancio del Pil”. Per l’ex candidata alla presidenza del Veneto, sarebbe importante un intervento di questo tipo e perciò si augura “che il Governo possa includerlo tra le materie di spesa degne di attenzione”. Anche perché “le donne sono state coloro che hanno subito maggiormente le varie riforme previdenziali che negli anni hanno cambiato le regole sul pensionamento” e “uno Stato che difende le sue lavoratrici disagiate è uno Stato civile che afferma importanti principi di solidarietà ed equità”.



SCONTO CONTRIBUTIVO PER LE DONNE

Secondo Il Giornale, il Governo starebbe seriamente pensando di varare un intervento per ampliare la platea dei beneficiari dell’Ape social dando un’attenzione particolare alle donne, le cui carriere sono spesso discontinue e che si trovano pertanto con più difficoltà a raggiungere i requisiti contributivi necessari all’accesso alla quiescenza. “Lo sconto contributivo potrebbe non coprire tutto l’anticipo. Potrebbe ad esempio limitarsi a due anni di contributi versati dalla fiscalità generale”, si legge ancora sul quotidiano milanese. L’articolo spiega anche che “l’Ape social rosa andrebbe a sostituire Opzione donna” e viene poi citata Orietta Armiliato, la quale ricorda che l’ipotesi di agevolazioni Ape per le donne darebbe comunque la possibilità di avere un assegno calcolato con il sistema misto e non già con il contributivo puro come nel caso di Opzione donna. Anche se sarebbe utile abbassare la soglia dell’età di accesso per l’Ape ora posta a 63 anni.



LE PAROLE DEL PAPA SU MIGRANTI E PENSIONI

Oggi è stato diffuso il messaggio di papa Francesco per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2018, che si terrà il prossimo 14 gennaio. Oltre a un passaggio in favore dello ius soli (“Nel rispetto del diritto universale ad una nazionalità, questa va riconosciuta e opportunamente certificata a tutti i bambini e le bambine al momento della nascita. La apolidia in cui talvolta vengono a trovarsi migranti e rifugiati può essere facilmente evitata attraverso ‘una legislazione sulla cittadinanza conforme ai principi fondamentali del diritto internazionale’”), nel testo si legge che “lo status migratorio non dovrebbe limitare l’accesso all’assistenza sanitaria nazionale e ai sistemi pensionistici, come pure al trasferimento dei loro contributi nel caso di rimpatrio”. Parole, quelle del Santo Padre, che certamente non passeranno inosservate, soprattutto a coloro che sono critici nei confronti dello ius soli e che ritengono che gli immigrati, più che un beneficio per le casse previdenziali rappresentino un futuro costo per le stesse.



I RISCHI CON GLI INCENTIVI ALLE ASSUNZIONI

In vista della Legge di bilancio si continuano a fare i conti in tasca al Governo, che dovrà mettere in campo degli interventi che, si ritiene da più parti, potrebbero “contrapporre” giovani e anziani. Se infatti si vareranno gli incentivi alle assunzioni dei giovani potrebbero esserci meno risorse per interventi sulla previdenza. E viceversa. Cesare Damiano ha richiamato più volte l’attenzione sul fatto che i due interventi non sono in contrapposizione tra loro. In ogni caso, La Stampa evidenzia oggi un’altra questione legata alla decontribuzione per le assunzioni dei giovani: “Lo ‘shock’ di incentivi permanenti promesso da Gentiloni a favore dei giovani assunti a tempo indeterminato può essere utile. Chi li assume contribuirà alle loro future pensioni meno di quanto dovrebbe. È un modo un po’ distorto di alleviare il peso di un sistema previdenziale troppo favorevole agli anziani; forse tuttavia l’unico praticabile”. 

I CONSIGLI DI DAMIANO AL GOVERNO

“Il Governo, dopo la chiusura iniziale sul tema delle pensioni, adesso sta diventando più morbido”. Così Cesare Damiano commenta le ultime dichiarazioni degli esponenti dell’esecutivo, cui consiglia in ogni caso di cercare di non mettere in contrapposizione gli interventi che verranno fatti nella Legge di bilancio per stimolare l’occupazione, con quelli che invece si prevede di mettere in campo per quel che riguarda la previdenza. L’ex ministro del Lavoro spiega anche che la pensione di garanzia per i giovani è un intervento che vuole “pensare da adesso a coloro che cominceranno a lasciare il lavoro a partire, all’incirca, dal 2035: si tratta di chi lavora da vent’anni (dopo il fatidico 1996 che ha introdotto il sistema contributivo) e dei giovani che devono ancora entrare nel mercato del lavoro”.

Damiano si dice conscio del fatto che si tratta di un intervento costoso e che comincerà a produrre i suoi effetti non certo nell’immediato, tuttavia “non basta una petizione di principio: un segnale il Governo lo deve dare subito, ad esempio cancellando la regola introdotta dal Governo Monti in base alla quale il diritto ad andare  in pensione a 63 anni (pensione flessibile) per i giovani con il sistema contributivo è subordinato al conseguimento di un assegno pensionistico di almeno 2,8 volte quello minimo (cioè circa 1.400 euro mensili)”. Secondo il Presidente della commissione Lavoro della Camera si tratta di una “tagliola crudele e stupida se è vero che la pensione contributiva restituisce quello che si è versato”.

FURLAN: NON SI PUÒ LAVORARE FINO A 70 ANNI

Annamaria Furlan torna a parlare della richiesta, mossa dai sindacati, di evitare l’innalzamento dell’età pensionabile, che dal 2019 dovrebbe diventare di 67 anni. La Segretaria generale della Cisl, intervistata da Repubblica, ha spiegato che l’intenzione non è certo quella di cancellare il meccanismo che lega i requisiti pensionistici all’aspettativa di vita. “Abbiamo chiesto invece di ripensarlo, anche perché l’aspettativa di vita non è uniforme, varia da lavoro a lavoro. Un meccanismo così draconiano andrebbe rivisitato anche in considerazione dei lavori usuranti. In prospettiva, lavorare fino a 70 anni per tutti è inimmaginabile”, ha chiarito Furlan, che ha anche evidenziato che le analisi compiute da Damiano e Sacconi non ipotizzano un costo come quello riportato da Boeri. Senza dimenticare che con la flessibilità ottenibile dall’Ue, la maggior crescita del Pil e la lotta all’evasione fiscal delle risorse si possono certamente trovare.