È proprio vero. Il Meeting di Rimini ha assunto nel dibattito politico della ripresa il ruolo che un tempo aveva la Festa dell’Unità (divenuta ormai una kermesse di persone impegnate a rimirare il proprio ombelico). Dopo il presidente del Consiglio e i ministri Delrio, Calenda, Fedeli, ieri è stato ospite di Cl Giuliano Poletti, titolare del Lavoro, il dicastero in prima linea nell’attuazione di quelle misure per incrementare il lavoro dei giovani che da settimane rimbalzano sui media che riprendono le anticipazioni del Governo per la prossima Legge di bilancio. Poletti non ha praticamente aggiunto nulla di nuovo, salvo precisare che alcuni aspetti – come il limite di età dei nuovi assunti, all’interno del quale opereranno le agevolazioni – restano ancora da definire d’accordo con la Commissione europea (e, aggiungiamo noi, in considerazione delle risorse disponibili).
In termini assoluti, se davvero fosse possibile realizzare, tramite forme di decontribuzione, 300mila nuove assunzioni, ciò significherebbe assorbire gran parte della disoccupazione giovanile impegnata a cercare un lavoro. Certo, resterebbe in tutta la sua gravità la questione dei Neet (le persone che non sono più in formazione, che hanno un lavoro e neppure lo cercano) a cui è rivolto il Programma Garanzia giovani, rifinanziato dall’Unione europea per 1,3 miliardi.
Poletti è un galantuomo; anche se ha voluto ribadire che le politiche del Governo sono riuscite a recuperare gran parte dei posti di lavoro distrutti dalla crisi, non ha nascosto le difficoltà incontrate nel volgere in politiche attive quella tradizionali basate sull’uso degli ammortizzatori sociali e il pensionamento. L’Anpal (l’apposita agenzia per le politiche attive) sta ancora muovendo i primi passi in un contesto istituzionale diverso (a causa della bocciatura della legge Boschi) da quello prefigurato e quindi con i poteri rimasti in capo alle Regioni; ma sconta soprattutto i ritardi che si incontrano allorché si devono mettere insieme strutture e apparati.
Prima della pausa estiva l’agenzia ha varato i bonus occupazionali “Giovani e Sud”, in entrambi i casi con risultati giudicati positivi; ha messo a punto il sistema dell’assegno di ricollocazione procedendo con una sperimentazione in vitro (estrazione casuale del campione) provando a ricreare in scala ridotta quello che potrebbe essere il meccanismo nel suo complesso. La sperimentazione su 25mila persone è partita a marzo; il tiraggio della richiesta è stato molto basso, ma le indicazioni arrivate sono state preziose per passare rapidamente alla fase di messa a regime su tutta la platea degli aventi diritto. È stato messo in campo il progetto Almaviva come modello da utilizzare su specifiche crisi. Per quanto concerne il Progetto alternanza scuola-lavoro i risultati sono ancora sporadici e a macchia di leopardo affidati alla buona volontà e all’impegno di qualche operatore, piuttosto che a un vero e proprio sistema operante all’interno delle strutture scolastiche.
Poletti, poi, ha ricordato – gliene va dato atto – che non basta ridurre il costo del lavoro per promuovere l’occupazione. Alle aziende non servono persone inadatte a ricoprire le posizioni lavorative richieste. Il ministro ha riconosciuto che ci sarebbero già adesso 200mila posti di lavoro disponibili, se si trovassero professionalità adeguate. Ecco perché acquista sempre più valore strategico – in vista anche di Industria 4.0 – la formazione scolastica, extrascolastica, permanente, interrompendo e mescolando tra loro i diversi cicli di studio e di lavoro. Ma su questo terreno non siamo ancora all’altezza delle esigenze.
Giuliano Poletti a Rimini non è caduto nella trappola tesagli prima delle ferie dai presidenti delle due Commissioni Lavoro, Damiano e Sacconi, sul terreno dell’età pensionabile. Il tentativo di bloccare il prossimo adeguamento del requisito anagrafico si rifarà ben presto vivo con il pretesto, appunto, di fare spazio ai giovani, in coerenza con le agevolazioni contributive. Nulla di più sbagliato e strumentale.