Dei giovani si parla molto in estate. Perché le scuole sono chiuse, perché animano le feste in spiaggia, perché talvolta esagerano nell’euforia. Anche la politica li riscopre tra giugno e agosto, ben sapendo che sono un ottimo riempitivo degli spazi lasciati vuoti dalle cronache parlamentari. In particolare il loro (non) lavoro è un argomento di tradizionale trattazione festiva. Sono stati materia da ombrellone (perché approvati, appunto, in estate) molti dei recenti interventi di riforma del lavoro. Quest’anno in Gazzetta non è andato alcun provvedimento ufficiale, ma tante parole si sono comunque spese sul rilancio dell’occupazione giovanile mediante incentivi economici. Appunto “parole”, quantomeno per ora, rimbalzate più che altro tra gli addetti ai lavori, tra quelli che di certo hanno la soluzione giusta (che però non è mai l’ultima approvata, ma sempre la prossima…).



Anche il Meeting di Rimini quest’anno, coraggiosamente rischiando, dedica particolare attenzione all’argomento. Come può farlo evitando un’ininfluente partecipazione allo stanco e ripetitivo dibattito sulle soluzioni normative che andrebbero adottate per rilanciare l’occupazione giovanile?Primo: azzardando, con cognizione di causa, un giudizio che tenga conto dei tanti fattori in gioco in un problema così complesso come quello della disoccupazione giovanile. Serve a poco concentrarsi sulle politiche del lavoro senza conoscere i problemi della scuola. Allo stesso modo è inutile parlare di scuola senza farsi delle domande su cosa voglia davvero significhi essere occupabili. Infine, le caratteristiche dell’occupabilità non possono che essere studiate insieme a chi, alla fin fine, questi giovani deve assumerli, ovvero l’impresa. 



Scuola, lavoro e impresa, quindi, che si misurano con il desiderio profondo di ogni ragazzo, che è qualcosa di ben più vertiginoso del posto fisso: Benedetto XVI nel messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid del 2011 – in piena crisi – scrisse ai giovani che «la domanda di lavoro e con ciò quella di avere un terreno sicuro sotto i piedi è un problema grande e pressante, ma allo stesso tempo la gioventù rimane comunque l’età in cui si è alla ricerca della vita più grande. (…). È parte dell’essere giovane desiderare qualcosa di più della quotidianità regolare, di un impiego sicuro e sentire l’anelito per ciò che è realmente grande».



Secondo: scoprendo l’impressionante connessione tra il goethiano titolo del Meeting («Quello che tu erediti dai tuoi padri, riguadagnatelo, per possederlo») e la sfida dell’occupazione giovanile. Se infatti è vero che oggi i giovani non ereditano dai propri padri il posto di lavoro, come accaduto in passato (anche nei contesti manifatturieri e operai, non solo in quelli imprenditoriali), è altrettanto vero che hanno più che mai bisogno di ereditare e, ancor più, di riscoprire (“riguadagnare”) dai propri maestri (“i padri”) il senso del lavoro e la passione per il lavorare bene. Un giovane che abbia, oggi, la fortuna di incontrare qualcuno che gli insegni il mestiere e gli trasmetta (questa non si insegna, con buona pace dello scolasticismo dominante) la passione del lavoro ben fatto non solo è occupabile, ma è anche velocemente occupato. Quanto è difficile, però, trovare maestri!

Ecco allora che il cerchio si chiude e ci si può (come conseguenza e non in origine!) concentrare anche sulle soluzioni tecniche. È possibile fare dialogare scuola, impresa e giovani, permettendo a questi ultimi di incontrare “padri” che li formino al lavoro e, quindi, alla vita? Questa è la potenzialità dell’apprendistato. Non da intendersi come un mero contratto di lavoro, ma come un vero e proprio metodo che ha la pretesa di essere, quando seriamente vissuto, anche educativo. Un metodo che interessa le scuole secondarie e le università, le imprese di ogni dimensione, i ragazzi. 

Al Meeting non si vuole discutere una ricetta estiva, ma raccontare qualcosa che sta accadendo, nonostante tutti i problemi del Jobs Act, de La Buona Scuola, nelle famiglie, ecc… Questa mattina saranno testimoniate alcune esperienze significative di come, citando il titolo del convegno, «si può fare» che scuola e impresa collaborino «per l’educazione dei giovani». Sarà il diffondersi di queste esperienze a correggere il nostro mercato del lavoro, non qualche emendamento alla prossima Legge di bilancio.

@EMassagli