Viviamo tempi bui, direbbero gli ottimisti, se non fosse che ogni tanto qualcuno ci richiama alla realtà di un mondo dove chi ha un po’ di potere, magari un potere settoriale, locale, magari solo nazionale, non manca di guardare al domani e di aprire una finestra. Così al Meeting di Rimini: argomento lavoro e persona. Soggetti intervenuti: la Segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan, e il Presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia. Svolgimento dell’incontro: in questo post crisi c’è spazio per un cambiamento radicale che incontri le esigenze di tutti, che sia davvero innovativo, che sia inclusivo. Accenti differenti tra imprenditori e sindacati, ma identico desiderio che si leggeva tra le righe, provare a costruire le fondamenta di un edificio che porti l’Italia fuori dalle secche del vecchio.



Le inquietudini che stiamo vivendo nel nostro Paese, è emerso con una certa nettezza, sollecitano e richiamano un ruolo nuovo e diverso delle comunità internazionali, delle istituzioni, molto diverso e più forte di quello a cui stiamo assistendo. A partire dall’Europa: gli Stati Uniti d’Europa o da sogno diventano un fatto, altrimenti continueremo ad assistere a contrapposizioni nazionali, come quella che è in atto oggi tra Francia e Italia su Stx. Ma saremo schiacciati dai giganti cinesi o indiani. Gli Stati Uniti d’Europa sono un antidoto efficace alla guerra e ogni ritardo su questo rende più debole la pace nel mondo



La mancanza di strategia da parte dell’Europa è dunque un’aggravante delle pulsioni di guerra, dal terrorismo alle diverse minacce di una possibile di guerra nucleare. L’Italia deve svolgere un ruolo importante su questo, ma non bastano dichiarazioni nei giorni del ricordo dei trattati di Roma: ci vuole invece politica costante che sappia mettere insieme, che conduca a ritrovare l’anima dell’Europa, che guardi al tema dello sviluppo, del welfare, del lavoro, della cittadinanza. Si devono rivisitare meccanismi che oggi pesano moltissimo rispetto a una crescita che deve ancora essere consolidata e irrobustita, con tempi e ritmi diversi da quelli odierni



Da qua la proposta di rivisitazione del Fiscal compact, una palla al piede dello sviluppo, ma anche il progetto di costruire un unico sistema di welfare, e un unico sistema fiscale, una politica unica sulla sicurezza europea. Sul tema del lavoro il futuro è in un ruolo diverso delle parti sociali e anche della contrattazione: quanto è ancora efficace il modello attuale rispetto alla interlocuzione con le multinazionali, quando la proprietà delle imprese diventa una proprietà divisa tra soggetti di diversi stati europei? È evidente perciò che anche il tema delle tutele contrattuali, del modello, della produttività, debba cambiare tenendo conto di questi nuovi paradigmi.

Il contesto in cui viviamo certo non agevola questo percorso verso la coesione sociale, tanto che la solidarietà generazionale ha lasciato il posto a una sorta di guerra delle età: si pensi solo alla questione della previdenza per i giovani e non solo. Il combinato disposto di tutto contributivo e aspettativa di vita garantisce solo una soglia di povertà per i futuri pensionati. Questo tema vien utilizzato per separare le generazioni. Parlare di aspettativa di vita e di come ricalcolarla, di come gestirla in modo diverso più compatibile rispetto ai bisogni dei lavoratori giovani e anziani, diventa un elemento di querelle: è esattamente il contrario di quel che servirebbe e cioè che tutti si uniscano. In Italia qualcuno spacca le generazioni per speculazione politica.

Si parlerà di decontribuzione: se pensiamo a come la notizia è stata presentata, a come è stata formulata, è chiaro il messaggio: chi dice sì alla decontribuzione è coi giovani, chi ne vede l’unilateralità e la parzialità è chissà perché coi vecchi. Ipotesi e scelte sono sempre e solo fonti di conflitto, quando invece in caso di interventi mirati e complessi serve il dialogo tra formazione, scuola e impresa, più sostegno ai giovani, e quindi anche alle famiglie. Si alla decontribuzione pertanto, ma entro un quadro generale

Fare coerenza e pretendere politiche di sistema significa, ad esempio, per l’occupazione giovanile mettere al centro strumenti che l’agevolano senza dimenticare che tali strumenti servono quando i posti di lavoro si creano, perché sennò i disoccupati restano tali. Gli interventi sullo sviluppo, sulla crescita, sono indispensabili. Il lavoro, infatti, è inclusione quindi elementi che sono di esclusione sono in contraddizione con il lavoro. A favore di qualcuno non significa essere sempre e solo contro altri: ma tenere insieme le persone, sia attraverso i Ccnl, ma anche il confronto e contrattazione a livello locale. Lavorare sulle comunità significa saperne intercettare e risolvere i bisogni. I corpi intermedi sono in grado di farlo.

Come cambierà su questo la contrattazione? Ci sono la produttività e il welfare contrattuale: quali però le priorità tra il buono benzina e la sanità integrativa? Tra il nido aziendale e il buono palestra? Portare al centro la persona, il bisogno della persona, del lavoratore in quanto persona e come oggi fare sindacato significa mettere al centro la persona, la famiglia e non il contrario I sindacati sono chiamati a dare risposte e indirizzi, e a sostenere, coloro che si rivolgono a loro non solo sul loro status di lavoratore, ma anzitutto di persona che vivono in azienda, comunità, famiglia e che hanno bisogni che devono vedere soddisfatti. Pure se succede, come spesso succede, che essi chiedono solo di non essere lasciati soli davanti alla perdita di lavoro, alla crisi.

Così è nato il nostro sì, ha detto Annamaria Furlan, allo ius soli: è il messaggio, la risposta a chi chiede un’identità: il dare il diritto di cittadinanza a chi nasce da noi, è un modo fortissimo per creare quell’identità che è indispensabile alla persona, l’antidoto alla smarrimento di tanti giovani. Come lo è l’alternanza scuola-lavoro: strumento decisivo che altrove ha quasi azzerato la disoccupazione giovanile, che può entrare nella contrattazione delle aziende e della scuola. E nel ruolo sindacale sul territorio. Oggi è obbligatoria: dovrebbe essere un diritto di ognuno, ma non può diventare un diritto finto, come lo è la simulazione di impresa fatta nelle segreterie delle scuole.

Su questo è fondamentale che si facciano accordi al più presto, anche con Confindustria. Perché il lavoro è parte essenziale della dignità di una persona e da oggi è finito il tempo in cui studio e lavoro rappresentavano momenti diversi della vita: da qui in avanti studio e lavoro si intrecceranno per tutta la vita. Quella attuale è dunque, come emerso da questo dibattito, una grande trasformazione e non solo una grande crisi.

Su alcuni punti hanno concordato tutti: che la persona possa esprimersi attraverso il lavoro e fare così esperienza di sé, nonché relazionarsi per fare comunità. Occorre ritrovare in occidente questa dimensione di indissolubilità tra la persona e il lavoro che nascono insieme fanno percorsi di progresso insieme. Il lavoro è un elemento determinante nella formazione di una persona, ma anche nella sua possibilità di relazione.

Il lavoro senza la persona come protagonista viene svuotato dal senso del bene comune della democrazia e partecipazione che solo la persona può produrre e rendere importante per tutti. Ritrovare la dimensione del lavoro come fondativa per una comunità è il modo più certo per definire un futuro di pace e di prosperità. La trasformazione del lavoro è elemento inclusivo del lavoro e non invece un ulteriore elemento di divisione. Aggiornamento e formazione delle competenze sono in questo senso essenziali per includere nel lavoro e per non creare nuova disoccupazione.

L’aspetto formativo è quindi da porsi al centro della contrattazione, ma allo stesso tempo per creare un dialogo vero, una osmosi continua tra lavoro e formazione. In questo senso la bilateralità è centrale in un nuovo modello contrattuale che rilanci l’aspetto della conoscenza per i lavoratori e il tema della produttività.

Molto lavoro, molto consenso. Meglio di poco lavoro e tanto dissenso. C’è un punto da cui ripartire, qui a Rimini.

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