Con oggi il tavolo Aran ha di nuovo visto rianimate le trattative per il rinnovo dei contratti statali ma la data segnata sul calendario da settimane ormai è quella del prossimo 31 agosto 2017: giovedì infatti inizierà il decisivo vertice dove sindacati, governo e Aran torneranno a discutere delle “funzioni centrali”, ovvero il tema degli istituti del rapporto di lavoro. Ambiti come malattie, permessi sindacali e personali, coordinamento delle norme in materia disciplinare e stretta sui contratti a tempo determinato. Invece nella prima settimana di settembre saranno convocati i tavoli di sanità, istruzione e ricerca, funzioni locali in modo da mantenere le promesse siglate lo scorso 30 novembre 2016 con le firme del ministero Madia e dei sindacati Cgil, Cisl e Uil. La responsabile del Ministero per la Pubblica Amministrazione ha del resto ribadito in più occasioni che bisogna concludere entro l’anno, in modo da far partire la macchina degli aumenti stipendiali già da gennaio 2018. (agg. di Niccolò Magnani)



SI RIAPRONO LE TRATTATIVE

Si apre una settimana importante sul fronte contratti statali: oggi, lunedì 28 agosto, riprende la trattativa tra Aran e sindacati. Si ritorna dunque a parlare di pubblico impiego, anche se questo è un tema che noi non abbiamo mai trascurato. Le parti si ritroveranno per definire le questioni generali, quelle che riguardano tutti i dipendenti pubblici, poi dal 31 agosto si passerà a dare forma ai contratti settoriali con le amministrazioni centrali, quindi verranno tirati in ballo i comparti scuola, sanità ed enti locali. Sarà importante capire come verrà affrontata la questione delle risorse: il 30 novembre scorso governo e sindacati avevano raggiunto un accordo per l’aumento di 85 euro lordi, ma queste risorse, circa due miliardi per il primo anno, non sono ancora state stanziate. A tal proposito il segretario confederale della Cisl, Maurizio Petriccioli, ha dichiarato: «A questo punto bisogna che gli impegni presi vengano formalizzati, per esempio le risorse potrebbero essere previste nella nota di aggiornamento al Def», riporta Repubblica.



SI RIPARTE DALLE RISORSE E DAL SALARIO DI PRODUTTIVITÀ

Il timore dei dipendenti pubblici è che gli 85 euro di aumento “inghiottano” il bonus di 80 euro che aveva introdotto Renzi. Per Michele Gentile, coordinatore area contratti pubblico impiego della Cgil, bisognerà trovare un modo per salvaguardare le posizioni di coloro che hanno percepito il bonus e si trovano nella fascia di reddito intorno ai 24mila euro, o di poco superiore: queste persone perderebbero gli 80 euro mensili. E quindi andrà anche stabilito se sono aumenti medi, o se sono 85 euro per tutti. Una soluzione è stata suggerita da Antonio Foccillo, segretario confederale della Uil: defiscalizzare il salario di produttività. Ora va nel reddito principale, quindi è soggetto all’Irpef, mentre nel privato i premi di produttività sono defiscalizzati. «Se si stabilissero le stesse norme per il pubblico impiego il problema sarebbe superato. Ci sono settori, come alcune realtà del parastato, in cui il salario di produttività costituisce il 38% dello stipendio, la defiscalizzazione porterebbe ampi vantaggi», ha spiegato Foccillo.

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