PRONTA UNA MODIFICA PER LA RITA
Nella Legge di bilancio potrebbe arrivare una modifica importante per la Rendita integrativa temporanea anticipata. Lo scrive Il Sole 24 Ore, secondo cui l’idea portante cui si starebbe lavorando consisterebbe nello slegare la Rita dai requisiti richiesti per l’Ape. In buona sostanza non bisognerebbe avere per forza 63 anni per farvi ricorso. Non ci sarebbe però “libertà totale”, ma vincoli più larghi, come il fatto di aver compiuto almeno 20 anni di contribuzione nella pensione integrativa ed essere a non più di 43 mesi dal requisito necessario all’accesso della pensione di vecchiaia. L’ipotesi potrebbe essere anche oggetto di confronto tra Governo e sindacati all’interno della cosiddetta fase due, tra i cui temi di discussione c’è anche il rilancio della previdenza complementare, penalizzata negli ultimi anni dall’aumento dell’imposta sui rendimenti annuali, passata dall’11% al 20%.
APE SOCIAL E GIOVANI
Nella prossima Legge di bilancio potrebbero arrivare interventi sull’Ape social, per ampliare la platea dei beneficiari o comunque per far sì che le domande presentate quest’anno, in eccesso rispetto a quelle preventivate, possano essere accolte senza andare a “sottrarre” posti ai richiedenti del 2018. Tuttavia, secondo leleggepertutti.it, l’Ape social rischia di portare ancora più in avanti la data della pensione per i giovani nati dagli anni ’70 in poi. “L’aumento della spesa dovuta all’anticipo delle pensioni, difatti, unitamente al blocco del turnover dovuto al permanere dei più anziani al lavoro, comporterebbe, da una parte, il taglio delle risorse destinato alle pensioni dei giovani e, dall’altra, un minore versamento dei contributi da parte di questi ultimi, dovuto alla scarsa occupazione”. Dunque per il Governo potrebbe non essere semplice prendere una decisione sul da farsi.
30 SETTEMBRE “D-DAY” PER L’OPZIONE DONNA
Una sorta di “D-Day” avverrà il 30 settembre: sul fronte pensioni, la nuova norma riformata dell’Opzione Donna troverà una giornata importante il prossimo fine settembre: in pratica, come riporta Pensioni oggi, le lavoratrici classe 1959 vedranno arrivare entro quella data le comunicazioni di Governo e Inps per quanto riguarda il monitoraggio dell’Opzione Donna in particolare sul fronte degli oneri previdenziali impegnati. «qualora dal monitoraggio risultassero risorse aggiuntive il Parlamento potrà stabilire una ulteriore proroga della sperimentazione dopo quella già avvenuta con la legge di stabilita’ 2017», spiega ancora il portale esperto di legislazioni previdenziali. (agg. di Niccolò Magnani)
BOSSI CRITICA BOERI E LE LEGGI RETROATTIVE
Non c’era molta gente ad Arcore per la Festa della Lega accorsi per sentire Umberto Bossi, il grande fondatore del movimento padano: ha parlato di pensioni, di Governo e di lotta per il Referendum dell’Autonomia di ottobre, eppure non c’era il bagno di folla visto solo tre giorni fa con Salvini sempre ad Arcore. Nonostante la malattia però l’ex segretario leghista non ha perso il suo smalto politico e ironico: «Parla come se fosse il ministro del lavoro – ha tuonato Bossi riferendosi a Tito Boeri– ma è solo il presidente dell’INPS: fà il to’ mester che l’è megl, non si può decidere di tagliare le pensioni come se niente fosse. Qui si taglia e l’INPS è proprietaria di palazzi per un valore di oltre 6 miliardi di euro: certo è facile fare i soldi quando sono i lavoratori che pagano». Nello specifico, la critica di Bossi passa per l’opposizione alle leggi retroattive, «Se passa l’idea che si può fare una legge per il passato, la prima volta che arriva un governo che non ha i soldi, taglia le pensioni: a rischio decine di milioni di pensioni», ha concluso Umberto Bossi davanti ad una platea di fedelissimi, per lui purtroppo sempre di meno. (agg. di Niccolò Magnani)
TIMORE DI PEGGIORAMENTO DEI REQUISITI
Nei primi sei mesi del 2017 le domande di pensionamento sono cresciute e in Trentino-Alto Adige il direttore generale dell’Inps parla di “un incremento insolito” riferendosi al +6,47% di domande liquidate in più nel primo semestre dell’anno rispetto a un anno fa. “In questi ultimi anni abbiamo registrati tassi di incremento molto più bassi. Quest’anno, invece, c’è stato un boom”, ha detto infatti Marco Zanotelli, secondo quanto riportato da Trentino. Per il dirigente dell’Inps un dato interessante è rappresentato dal fatto che nella maggior parte dei casi le domande di accesso alla pensione arrivano da chi è arrivato a 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi per le donne). “Questo vuol dire che le persone non appena possono se ne vanno in pensione. Una volta questo non accadeva. Negli anni precedenti, molti restavano al lavoro anche per qualche anno”, ha aggiunto Zanotelli, spiegando che all’origine di questo cambiamento c’è probabilmente il timore, da parte dei lavoratori, di un peggioramento dei requisiti richiesti per l’accesso alla pensione.
Peggioramenti, però, a suo modo di vedere, non ci saranno. In ogni caso per Zanotelli il fatto che vi sia un aumento delle domande di pensionamento potrebbe, o almeno c’è da auspicarlo, aiutare una crescita dell’occupazione, “anche se non è una conseguenza automatica”. “Le imprese che vedono i propri dipendenti andare in pensione dovrebbero rimpiazzarli almeno in parte. E questo potrebbe portare anche a una piccola ripresa dell’occupazione”, ha sottolineato.
PADOAN DELUDE
C’è ancora delusione per le parole di Pier Carlo Padoan. O meglio per quel che non ha detto il ministro dell’Economia riguardo la prossima Legge di bilancio nelle interviste che ha rilasciato in questi giorni. Di fatto non ha parlato di interventi sulle pensioni. Non solo i precoci e altre categorie non hanno gradito, ma anche Elide Alboni, che dalla pagina Facebook del Comitato Licenziati o Cessati senza tutele ricorda che Padoan non ha fatto nemmeno riferimento al fatto di intervenire su provvedimenti già approvati in materia previdenziali per sanare delle ingiustizie. Come nel caso dei requisiti richiesti per accedere all’ottava salvaguardia degli esodati, che ancora non consentono l’accesso di diverse persone a questa misura, o dell’Ape social che non tiene conto degli autonomi, degli artigiani, dei cococo che sono rimasti senza occupazione e meriterebbero dunque una tutela alla pari di chi ha lavorato come dipendente.