Un autorevole consulente di palazzo Chigi lamenta su Il Sole 24 Ore di ieri la mancanza di collegamenti tra il sistema universitario e quello degli Istituti tecnici superiori. Prima di ogni ulteriore riflessione sul tema è, forse, tuttavia opportuno comprendere meglio cosa sono quest’ultimi. Gli Its sono, è bene chiarirlo preliminarmente, “scuole ad alta specializzazione tecnologica”, nate per rispondere alla domanda delle imprese di nuove ed elevate competenze tecniche e tecnologiche che costituiscono il segmento di formazione terziaria non universitaria.
In questa prospettiva questi istituti formano tecnici superiori nelle aree tecnologiche ritenute strategiche per lo sviluppo economico e la competitività del Paese e dei diversi territori. Gli Its sono, in questo contesto, strutturati secondo la forma di una Fondazione di partecipazione che comprende al suo interno diversi soggetti quali scuole, enti di formazione, imprese, università e centri di ricerca ed enti locali.
Le aree tecnologiche individuate per l’operatività degli Its sono, nello specifico, l’Efficienza energetica, la Mobilità sostenibile, le Nuove tecnologie della vita, le Nuove tecnologie per il Made in Italy (sistemi meccanica, moda, alimentare, casa, servizi alle imprese), le Tecnologie innovative per i beni e le attività culturali e le Tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
I percorsi Its hanno, di norma, una durata di 4 semestri (1800/2000 ore), ma possono arrivare anche a 6. Il 30% del percorso formativo, è utile evidenziare, si svolge in azienda stabilendo un forte legame con il mondo produttivo, così come ben il 50% dei docenti proviene dal mondo del lavoro. In coerenza con l’impianto complessivo, i corsi si concludono con verifiche finali, condotte da commissioni d’esame “miste” costituite da rappresentanti della scuola, delle università, della formazione professionale ed esperti del mondo del lavoro. Il titolo così rilasciato è quello di Diploma di Tecnico superiore con l’indicazione dell’area tecnologica e della figura nazionale di riferimento presente nel repertorio nazionale dei profili professionali.
Questi istituti sono, inoltre, parte dei Poli Tecnico Professionali. I Ptp sono, infatti, reti formalizzate tra soggetti pubblici e privati che includono istituti tecnici e/o professionali, imprese, organismi di formazione professionale e i famosi Its e favoriscono, o almeno dovrebbero farlo, un’offerta formativa qualitativamente migliore e più rispondente alle esigenze del tessuto produttivo attraverso l’integrazione delle risorse professionali, strumentali e finanziarie.
Gli strumenti, insomma, sembrano esserci già. Probabilmente dovrebbero solo essere usati correttamente. Perché ciò sia possibile è necessario, tuttavia, che ognuno faccia, responsabilmente, la propria parte, a partire dalle università stesse, chiamate a imparare un nuovo mestiere, forse, non troppo gradito.