Nella sua lettera d’intenti al Parlamento, e al Consiglio, europeo, il Presidente Juncker aveva già annunciato la proposta di costituire alla fine del 2018, a livello comunitario, un’Agenzia per rafforzare la cooperazione tra le autorità nazionali competenti in materia di mercato del lavoro a tutti i livelli, anche al fine di gestire al meglio le situazioni transfrontaliere nonché tutte le ulteriori iniziative a sostegno della mobilità e la definizione di un numero di sicurezza sociale europeo. Tale scelta è stata confermata due giorni fa, durante il discorso sullo Stato dell’Unione, per il 2019.



In un’Unione di uguali, infatti, non ci possono essere lavoratori di seconda classe. I lavoratori dovrebbero guadagnare, addirittura, lo stesso per il medesimo lavoro nell’identico posto. Per questo motivo la Commissione ha proposto nuove norme in materia di distacco dei lavoratori. Dobbiamo, difatti, assicurarci che tutte le norme dell’Unione sulla mobilità del lavoro siano applicate ovunque in modo equo e semplice. Questo potrebbe realizzarsi in modo più efficace grazie al nuovo organismo europeo di ispezione.



Sembra, infatti, assurdo (non solo) a Juncker avere una banca europea per rendere omogenei gli standard bancari, ma nessuna Autorità del lavoro comune per assicurare la giustizia nel mercato unico. Che questo sia necessario ce lo dicono anche alcuni dati. Ben 16 milioni di europei attualmente vivono e lavorano in uno Stato membro diverso da quello della loro nazionalità. Questo numero è due volte quello di 10 anni fa. Ogni giorno, inoltre, 1,7 milioni di europei si spostano un altro Stato membro. Se non bastasse ogni anno, centinaia di milioni attraversano l’Europa per motivi familiari, turistici o aziendali.



I cittadini e le imprese hanno, insomma, sempre più bisogno di accedere facilmente alle informazioni ed essere certi di opportunità e diritti in patria e all’estero. Cosa serve, quindi, per aggiungere l’obiettivo? Prima di tutto rafforzare la cooperazione amministrativa e la fiducia reciproca per una mobilità equa nel mercato unico, anche attraverso la risoluzione di eventuali (e antistoriche) controversie tra le autorità nazionali. Raggruppare poi gli strumenti esistenti per la mobilità transfrontaliera per fornire uno sportello unico per cittadini, imprese ed autorità pubbliche. Combattere, quindi, l’abuso della legislazione sociale e del lavoro e organizzare azioni comuni di controllo transfrontaliero.

A tutto ciò si immagina servirebbe l’Agenzia europea. Viene da auspicare che non si segua l’esperienza, almeno finora, fallimentare di Anpal e delle politiche attive della flexicurity in salsa italiana.