RIFORMA PENSIONI 2017. L’Italia è un Paese strano, ma così strano che è proprio bello abitarci e viverci. Non mancheranno mai le sorprese: 56 milioni di allenatori di calcio, ma neanche un fuoriclasse che sui campi ci tolga le castagne dal fuoco. Un patrimonio culturale unico al mondo, ma neanche una vaga idea di come farlo rendere per quello che vale. E un presidente dell’Inps che tutto fa, tranne occuparsi dei problemi della gente, ma, ormai preda del virus della comparsite, rilascia dichiarazioni con la stessa frequenza con cui l’italiano medio si cambia d’abito.



Tito Boeri ormai lo conosciamo: lui è così. Omnisciente (a proposito, prof. Boeri: chi facciamo giocare accanto a Verratti in nazionale per andare ai Mondiali? Ce lo dica per favore, siamo in fervida attesa!), vanesio quanto basta per piacersi e in perenne ricerca di uno spazio in politica. Sogna una carriera come Monti, scelto per bravura, per chiara fama direbbero negli ambienti accademici, a “servire” l’Italia da Presidente del Consiglio. Saltando quelle fastidiose formalità che si chiamano elezioni: perché all’élite intellettuale (anche quella che si è autodefinita tale), tutto ormai deve essere concesso. Renzi, Macron, la Merkel? Dilettanti, politici dilettanti. Platone e la sua Repubblica dei filosofi: quello è il modello cui guardare.



Ma cos’ha combinato quel discolo di Boeri adesso? Niente di che, ma siccome da un po’ gli argomenti tecnici latitavano e i giornalisti non facevano la fila davanti alla sua porta se non per chiedergli di disservizi ai cittadini, di ritardi nelle pratiche o di sedi che non funzionavano, il buon Boeri ha pensato bene di tirar fuori un argomento che in tempo di populismo galoppante funziona benissimo: sui vitalizi i politici sono poco trasparenti; è surreale cambiare le pensioni; bene gli sgravi per i neoassunti ma si leghino al piano Industria 4.0. Si faccia un pacchetto lavoro, si assumano i giovani, si prevedano maggiori decontribuzioni per le industrie e per quelle che investono in nuova tecnologia. Direte voi mortali, uomini comuni di questa Italia: ma cosa c’azzecca questo con l’Inps che conosco io, cioè quel posto dove se va bene mi spiegano che devo rivolgermi a un patronato, dove sovente ottengo una risposta soddisfacente solo per la cortesia del personale presente, da cui ricevere una mail di risposta è un evento raro quanto un gol di Gigi Buffon, e in cui non capisco mai cosa devo fare e con chi? Ammesso poi che lo trovi aperto e che la carenza di personale non costringa i responsabili a clamorose defezioni!



Tito nostro risponderebbe: io sono presidente dell’Inps e come tale mi devo occupare di tutto. Ma proprio tutto? Chessò, si chiede curioso l’italiano medio (quello per intendersi che è sopravvissuto alle invasioni di Attila, alle guerre di religione, alla Riforma e alla Controriforma, a Garibaldi e a Mazzini, al generale Lamarmora e al generale Diaz, alla Dc e al Pci), potrebbe spiegarmi perché le disoccupazioni dei miei figli arrivano sempre in ritardo? Perché gli assegni familiari sono come l’araba fenice (che vi sia ognun lo dice, ma che sia niun lo sa)? Perché per essere erudito su quando andrò in pensione devo rivolgermi alla mia vicina fattucchiera e veggente, e non a quegli uffici che Lei presiede a seguito di concessione di lauti emolumenti? Perché, ci dica, i tribunali sostengono che l’Inps se sbaglia non può chiedere indietro i soldi ai cittadini, ma il Suo Istituto (pardon, il Nostro Istituto …) si ostina a pretendere le restituzioni da morti, vivi ed eredi?

Sveli a noi comuni mortali perché a seconda dell’andamento dei sondaggi sui partiti politici e le prossime elezioni Lei rilascia dichiarazioni una volta contro gli imprenditori, una volta contro i sindacati, una volta contro i politici? Davvero, come dicono le malelingue, Lei pensa a occupare una di quelle cariche cui oggi dirige con sommo prezzo del ridicolo i suoi strali polemici? E mica una di quelle da poco, uno strapuntino da senatore o deputato, no, Lei avrebbe in mente proprio una di quelle comodissime poltrone con tanto di braccioli morbidi e ben pasciuti, le borchie dorate, con i riccioli lignei da stile Luigi XVI? Sempre questi maldicenti insinuano che il suo cruccio è di aver fallito l’appuntamento con quella mitica “stagione dei professori” che ancora gli italiani ricordano e piangono (se poi la rim-piangano, beh è altra storia), quei beati momenti in cui decenni di studi economici e proiezioni grafiche si tramutarono in leggi. Poi certo vennero i voti (elettorali, non scolastici), e le percentuali raccolte furono poco gratificanti: ma le malelingue, insinuatrici e velenose, chiarissimo professor Boeri, sibilano che, secondo Lei, quella mitica età dell’oro (per voi professori, almeno), potrebbe tornare.

Nei giorni scorsi Lei ha spiegato ai sindacati e gli imprenditori, che ne hanno preso buona nuova trovando la cosa del tutto innovativa e davvero rivoluzionaria, che per pagare le pensioni future più giovani e donne devono essere avviati al lavoro. Mannò? Ma davvero? Ohibò: e perché mai nessuno ci aveva pensato? Che Paese bizzarro il Nostro: abbiamo dei cervelli che non sono fuggiti e che ci danno suggerimenti così preziosi e noi li releghiamo a gestire servizi da poco, Istituti inadeguati al loro livello! Non basta. Lei ha anche aggiunto che bisogna finirla con i privilegi dei politici e che questi furboni devono rinunciare ai loro vitalizi: risparmieremmo fino a 150 milioni, mica poco e mica bruscolini. Come darle torto, come ribattere a simili e profonde suggestioni?

Resta sempre il tarlo nella testa di tanti che queste sue dichiarazioni, un po’ ondivaghe, siano destinate a ricordare al capo partito di turno che esiste anche Lei, che Lei è una bella risorsa, che ha un sacco di idee. Ma come, se fosse vero ora caro professore, mi si è messo a rincorrere i grillini? Vabbè che ultimamente i pentastellati hanno dimostrato di aver qualche problema a trovare economisti che occupino a nome loro cariche importanti, ma insomma, tutto ‘sto populismo che le trabocca dall’animo non potrebbe trasformarlo in servizio verso il popolo (non si confonda per l’amor del cielo con “Servire il popolo”!). Così, provi ad assumere qualche giovane e qualche donna in quell’Istituto che Lei dirige: avremmo un servizio migliore, nuove forze che pagheranno le pensioni, la gente sarebbe contenta e vedi mai che potrebbe perfino votarla se Lei, lasciate le amate carte su cui tanto ha sudato e studiato, decidesse di mettere le sue immense capacità direttive, organizzative e dialettiche, a disposizione della nostra cara Italia.

Come dice? Sono tutte fandonie e nonostante le sue dichiarazioni a lei la politica non interessa? Beh: restano i problemi concreti e quotidiani dell’Inps che, Le assicuriamo, ci preoccupano tanto quanto il debito implicito (a proposito: bell’ossimoro), perché da noi, nelle nostra famiglie i debiti non sono mai impliciti ma espliciti. Sul nostro groppone, infatti, ricadono tutte le Sue ricette: perché noi siamo le maestre d’asilo che vanno in pensione a 67 anni, gli operai che si trascinano sulle macchine per 46 anni di lavoro duro e manuale, i muratori che stanno in piedi per ore sotto il sole di luglio. Certo non sono lavori duri e pesanti come il Suo, ma, ci creda caro professore, anche noi nel nostro piccolo coltiviamo le nostre ambizioni, i nostri desideri, le nostre aspirazioncelle, proprio come quel barbone di cui cantava Jannacci. Tranquillo: non vogliamo poltrone e quanto ai sogni d’amore, beh ci arrangiamo senza l’Inps, ma ecco noi sogniamo di poterci riposare in pensione quando ancora saremo in grado di intendere e volere. E finché i sindacati lavoreranno per questo obiettivo, ci scusi, ma ce li sentiremo sempre più vicini di Lei.

P.S.: Un’ultima considerazione: non vorremo averla scoraggiata dal candidarsi. Saremo infatti felici di leggere il suo programma per capire se piace anche a noi poveri comuni mortali italiani come in quei bei salotti che Lei, a ragione e con merito, frequenta.

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