Nella giornata di ieri, i cittadini svizzeri sono stati chiamati ad esprimersi tramite referendum sulla riforma delle pensioni, dopo le proposte avanzate dal Governo e dalla maggioranza del Parlamento. Le novità avrebbero dovuto comportare un cambiamento nell’età di pensionamento delle donne, equiparandola a quella degli uomini (quindi da 64 a 65 anni) e l’introduzione di un sistema flessibile per cittadini di età compresa tra 62 e 70 anni. Alla luce dell’allungamento della vita e in vista del pensionamento dei “baby boomers”, ovvero i nati tra il 1950 ed il 1960 e che avrebbe messo sotto pressione le finanze pubbliche, la Svizzera aveva così sperato, con un referendum, di affrontare in modo deciso il problema della sostenibilità del sistema previdenziale del Paese, rimasto lo stesso da ormai 20 anni. Una riforma che tuttavia non è stata accolta benevolmente dai cittadini svizzeri, bocciandola in pieno come emerso dai dati del referendum e che, come riporta Rai News, hanno visto 14 cantoni su 26 opposti alla nuova legge.



I TRE PILASTRI DEL PROGETTO

Si chiamava “Previdenza 2000” il progetto che ieri ha chiamato alle urne i cittadini svizzeri con l’intento di esprimersi tramite referendum sulla riforma pensioni e non solo. Sostenuto fortemente dalle maggiori forze di Centro e Sinistra (partito democristiano, partito borghese democratico, verdi liberali, partito ecologista, socialisti), le quali avevano intravisto in esso una riforma equilibrata capace di assicurare le adeguate rendite e rafforzare l’AVS, ovvero l’Assicurazione vecchiaia e superstiti. Del tutto contrari, invece, i maggiori partiti più a destra come il Partito liberale radicale e Unione democratica di centro, per i quali si trattava di un progetto del tutto inadeguato a risolvere le problematiche legate al tema pensioni. Contro la riforma anche alcuni sindacati minori e gruppi di sinistra che hanno manifestato la loro opposizione all’aumento dell’età pensionabile per le donne e la riduzione delle rendite, come invece auspicato da Previdenza 2000. Ora però, a bocciare la riforma è stata anche la gran parte dei cantoni che oltre alla principale misura prevista da Previdenza 2000, ovvero l’innalzamento dell’età di pensionamento delle donne, si sono dovuti esprimere anche su altri due pilastri importanti: l’aumento di 70 franchi al mese per le nuove pensioni del primo pilastro (l’AVS) e l’aumento dell’IVA come finanziamento supplementare dell’intero sistema.



I DATI PERCENTUALI

Già nel pomeriggio di ieri, i primi dati emersi lasciavano comprendere come la riforma pensioni in Svizzera non sarebbe comunque entrata in vigore. A parlare erano state le percentuali che, secondo una proiezione dell’istituto gfs.bern vedevano un 53% dei votanti contrari al testo del progetto Previdenza 2020, mentre era emersa una situazione di sostanziale parità con il 50,1% in riferimento al decreto sul finanziamento aggiuntivo dell’AVS attraverso l’aumento dell’IVA. Con la sonora bocciatura al referendum di ieri, dunque, resta fissata al 1997 l’ultima volta in cui in Svizzera la riforma pensioni superò brillantemente la prova delle urne. Da allora, infatti, tutti i tentativi di riforma furono bloccati in Parlamento o in votazioni popolari, fino all’ultimo sul quale il Governo aveva lavorato per lunghi anni, senza però incontrare l’approvazione popolare oltre che di molte forze politiche e sindacati.

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