ANTICIPI PENSIONISTICI, LE NOVITÀ ALL’ORIZZONTE
Nel prossimo incontro sulla riforma delle pensioni Governo e sindacati discuteranno dell’Ape sociale, cioè delle uscite anticipate. Nel nuovo tavolo di confronto bisognerà fare il punto della situazione su domande e risorse. Non mancano i nodi da sciogliere, a partire dall’ampliamento della platea dei beneficiari, soprattutto con riferimento alle donne. L’esecutivo, secondo PensioniOggi, potrebbe abbassare il requisito contributivo di due o tre anni a seconda del numero di figli nell’ambito delle agevolazioni previste per il cosiddetto lavoro di cura. E quindi si potrebbe passare dai 30 ai 28-27 anni di contributi, sempre tenendo presente il requisito anagrafico di almeno 63 anni. Intesa dovrebbe esserci anche sull’apertura all’Ape sociale e al pensionamento con 41 anni di contributi ai lavoratori disoccupati che non hanno avuto accesso agli ammortizzatori sociali per mancanza di requisiti o per scadenza del termine di presentazione della domanda. Nessuna apertura invece ai lavoratori disoccupati a seguito della scadenza naturale del contratto a termine e ai lavoratori autonomi che hanno cessato definitivamente l’attività commerciale. (agg. di Silvana Palazzo)
LA CRITICA DI CAZZOLA ALL’ASSEGNO GIOVANI
Tra i vari esperti che si sono posti numerose domande critiche rispetto alla proposta del Governo sull’assegno giovani e sulle carriere discontinue, anche Giuliano Cazzola è intervenuto a riguardo, sottolineando come la misura dell’assegno sociale è un’ipotesi molto rischiosa e «sostanzialmente finirebbe per riaprire anche nel contributivo un pensionamento di anzianità». Il parametro esistente ad oggi di 2,8 l’importo dell’assegno sociale va salvaguardato per Cazzola: «Per chi si trova in una situazione di necessita’, anche nel contributivo, se sara’ confermata l’Ape social potra’ andare in pensione a 63 anni e rotti se ha i requisiti dei 20 anni di contributi pero’ mettendo insieme anche un’esigenza che puo’ essere il lavoro disagiato, la disoccupazione. Se invece si dovesse ritoccare il coefficiente del 2,8 si andrebbe a modificare l’Ape volontaria, si andrebbe in pensione invece di prendere un prestito», conclude l’esperto nel settore lavoro e pensione, intervistato dall’Agi. (agg. di Niccolò Magnani)
MAGNO E IL DIRITTO DI CITTADINANZA
Con una lettera al quotidiano Il Foglio, l’ex sindacalista Michele Magno interviene sul tema delle pensioni legato alle critiche e le complesse sfumature nel rapporto con Governo e Legge Fornero. «Il presidente del Consiglio (non solo il ministro del Lavoro) dovrebbe dire con chiarezza che l’aggancio dell’età di pensionamento alla speranza di vita non si può toccare, pena un aumento della spesa non sostenibile. E dovrebbe anche ricordare ai sindacati che fra le istituzioni del welfare le pensioni non vanno considerate un diritto di cittadinanza». Con Gentiloni, o chiunque al governo, il punto non cambia per Magno: non si può seguire i sindacati su questa richiesta, paragonandoli al Movimento 5 Stelle con il diritto di cittadinanza. «Si tratta in realtà di previdenza obbligatoria e quindi di risparmio forzoso, anche se i sistemi pubblici possono implicare una redistribuzione di risorse che va oltre quella tipica dei meccanismi assicurativi». Nell’ultima parte della lettera l’editorialista del Foglio spiega come la legge Fornero può essere attaccata su tanti punti, ma quando a mancare sono le risorse allora un «Governo che si rispetti deve fare i conti proprio con questo fatto». (agg. di Niccolò Magnani)
I VITALIZI E LA “CASTA” DELLE REGIONI
Secondo uno studio di “Itinerari Previdenziali”, citati oggi sul quotidiano “Il Tempo”, il problema delle pensioni legato al tema “vitalizi & caste” viene una volta di più affrontato per mettere in evidenza i gravi problemi di sprechi che, annosi, si riversano sull’organizzazione previdenziale. Le Regioni sono il “bersaglio” di giornata: «Nel documento si legge che, tolte Valle d’ Aosta e Umbria per le quali non è stato possibile reperire i dati, i vitalizi erogati dalle Regioni agli ex consiglieri ed aventi diritto sono 3.538, per una spesa totale di circa 150,98 milioni di euro lordi all’anno». Secondo il centro studi l’importo medio si attesta sui 43mila euro lordi annui, anche se vengono calcolate oscillazioni verso il basso della Toscana (27mila) e l’alto con la Puglia (77mila). Sempre secondo il report citato da Il Tempo, «ai primi posti della classifica delle regioni che spendo nodi più troviamo Puglia, Sicilia, Sardegna, Lazio e Campania, con una spesa complessiva che oscilla tra i 10 e i 18 milioni di euro all’ anno». Tra i casi “peggiori” in particolare la Regione Lazio, «tra pensioni dirette e indirette nel 2015 ha totalizzato 13.200.000 euro, con un assegno medio di pensione diretta di 63.287 euro e indiretta sui 49.500, dunque in entrambi i casi più alto della media». (agg. di Niccolò Magnani)
ETÀ PENSIONABILE: ESPERTI CONTRO STOP AUMENTO
La riforma pensioni continua ad essere uno degli argomenti centrali in attesa dei prossimi incontri tra governo e Sindacati. In ballo ci sono diverse tematiche, come ribadito anche dal ministro Poletti al margine della 43esima edizione del Forum Ambrosetti. Tra queste anche le misure a favore dei giovani che rappresenta una delle priorità del governo. “C’è un confronto aperto con il sindacato; ci sono diverse tematiche in discussione, quindi considero che su alcuni punti ci sia la possibilità di intervenire”, ha chiarito il ministro del Lavoro replicando, come spiega Repubblica.it, a chi domandava se nella prossima Stabilità sarebbero stati inseriti o meno provvedimenti sulle pensioni. Il dibattito sul tema pensioni però riguarda anche un altro aspetto caldo, ovvero l’intervento sull’età pensionabile. Gli esperti in materia previdenziale scendono in campo per dire no allo stop dell’aumento automatico dell’età pensionabile dal 2019 per effetto dell’adeguamento all’aspettativa di vita. Secondo gli esperti, sentiti da Agiti.it, infatti, il sistema deve restare intoccabile nonostante il forte pressing dei sindacati. Tra i non favorevoli anche Tiziano Treu (presidente del Cnel) che ha sostenuto: “L’adeguamento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita deve rimanere perché, a parte i costi, è un sistema che vale in tutta Europa ormai e che non può essere modificato poiché c’è un contingente rallentamento dell’andamento della longevità”. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
USCITA ANTICIPATA, INSEGNANTI ANCORA IN ATTESA
Attendono risposte i docenti in merito alla domanda di pensionamento anticipato: il Miur non ha ancora diffuso chiarimento in merito alle modalità e ai termini per la cessione dal servizio di quegli insegnanti che hanno presentato istanza di accesso all’Ape sociale e al pensionamento anticipato con 41 anni di contributi. La risposta sulla possibilità di fruire di questi canali di pensionamento arriverà solo nelle prossime settimane. L’Inps risponderà solo entro il 15 ottobre, quindi ad anno scolastico avviato: la principale conseguenza per i docenti che hanno fatto istanza riguarda il ritorno in Aula. L’Inps però ha fatto sapere che il Miur fornirà istruzioni specifiche per permettere l’uscita dal servizio dei docenti prima della conclusione del prossimo anno scolastico. L’anno prossimo invece la risposta arriverà entro il 30 giugno, quindi verrà rispettata la scadenza fissa annuale per la cessazione dal servizio, fissata al primo settembre di ogni anno.
AUMENTO ETÀ: L’APPELLO DEGLI ESPERTI CONTRO LO STOP
Prosegue il pressing dei sindacati sull’intervento sull’età pensionabile, ma nel frattempo si accende il dibattito. Gli esperti in materia previdenziale non stanno dalla loro parte: ritengono che il sistema non vada toccato e che il governo debba tenere duro. Per Tiziano Treu, neopresidente del Cnel, questo meccanismo non va alterato: «Deve rimanere perchè, a parte i costi, è un sistema che vale in tutta Europa ormai e che non può essere modificato poiché c’è’ un contingente rallentamento dell’andamento della longevità», ha dichiarato ai microfoni dell’Agi. Anche il giuslavorista Pietro Ichino si è detto contrario all’intervento sull’aumento automatico dell’età pensionabile in relazione all’aspettativa media di vita: «È una delle cose più importanti che l’Italia possa vantare nell’ultimo quarto di secolo. Soprattutto sul piano dell’equità intergenerazionale: sono i giovani di oggi a portare sulle spalle l’enorme debito pensionistico accumulato dalla mia generazione».
PROIETTI (UIL): “GIOVANI FAVORITI DA MISURE SU PRECARI”
Il segretario confederale della UIL con delega per previdenza e fisco, ha rilasciato un’intervista al portale Italia.co nella quale ha parlato della riforma delle pensioni e di come alcune misure a supporto dei precari possano aiutare i giovani in futuro nel momento dell’ingresso nel sistema previdenziale. Nello specifico ha ribadito le proprie convinzioni rimarcando: “Se le misure sui precari saranno utili ai giovani? Sì, perché in questo modo ci sarà una maggiore flessibilità in uscita, in particolare per chi ha carriere lavorative discontinue. Coloro che hanno iniziato a versare dopo il 1996, e quindi hanno tutto il calcolo contributivo, avranno la possibilità di avere una pensione, con 20 anni di contributi, pari a 1,2 volte l’assegno sociale: cioè poco più di 600 euro, al raggiungimento dell’età pensionabile che è attualmente di 66 anni e 7 mesi“.