La protezione dalla povertà anche di chi un lavoro ce l’ha deve essere vista, sempre più, come parte dell’obiettivo globale di ridurre la povertà in Europa.

Già la strategia Europa 2020 identificava i disoccupati come soggetti particolarmente a rischio di povertà. Tuttavia, il mero fatto di lavorare non è sempre sufficiente per evitare, ahimè, la povertà. Si deve sottolineare, infatti, come anche prima del 2008 e all’inizio della grande crisi finanziaria di questi anni un notevole numero di lavoratori europei fossero poveri.



Da allora molte cose sono cambiate e ciò necessita una rinnovata attenzione della politica europea per questi soggetti.

In questo senso ha operato la Commissione, nel 2017, con l’approvazione della Raccomandazione relativa al pilastro dei diritti sociali, nella quale si riconosce esplicitamente la necessità di politiche e misure per combattere la povertà anche di chi un lavoro ce l’ha. I poveri che lavorano sono, infatti, un gruppo ahimè significativo stimato in circa il 10% dei lavoratori europei.



I poveri lavoratori inoltre, emerge anche dalle più recenti ricerche, affrontano significativamente più problemi che la popolazione nel suo complesso. La povertà è, infatti, spesso associata a livelli più bassi di benessere mentale e a problemi, ad esempio, con alloggio, così come a sentimenti di esclusione sociale.

La maggior parte degli Stati Europei, in ogni caso, non si occupa specificamente dell’impegno per ridurre la povertà di queste persone. Di conseguenza, l’impegno in politiche che sono progettate esplicitamente per proteggere o migliorare la qualità di vita de lavoratori poveri è abbastanza limitato.



Un salario minimo adeguato è, ad esempio, un pilastro centrale di qualsiasi modello di protezione sociale per i lavoratori poveri, ma è chiaro, almeno secondo gli esperti della materia, che l’attenzione della politica dovrebbe essere, sempre più, su il reddito minimo della famiglia per rispondere, più o meno direttamente, con maggiore attenzione ai bisogni di queste persone.

L’aumento della povertà delle persone che lavorano ha avuto, come noto, durante la crisi un grande impatto sociale. Per questo è, oggi più che ma, il caso di chiedere maggiore attenzione politica sul tema sia da parte dei governi che delle parti sociali.

Creare lavoro, insomma, non basta. È altrettanto importante, per la tenuta sociale di una comunità, la qualità del lavoro che si offre alle persone e la realizzazione di un nuovo, e moderno, welfare state anche per chi lavora con bassi redditi. Potrebbe forse essere questo l’obiettivo di un #jobsact 2.0 per il Governo che verrà?