Il dibattito sul mercato del lavoro ha mostrato anche nella fase estiva la caratteristica tipica dell’isteria. Ogni dato viene enfatizzato, si sfugge da qualsiasi analisi tecnica e di tecnica statistica, importante è sottolineare ciò che non funziona, non importa se si enfatizzano dati positivi o negativi, alla fine conta mettere in risalto che qualcosa non va.
Così, con gli ultimi dati Istat, si è scoperto che il mercato produrrebbe solo lavoro per gli ultracinquantenni. Giovani e donne sarebbero penalizzati risultando in calo fra gli occupati. Solo poche settimane prima i titoli erano dedicati al boom dell’occupazione femminile. Ma guardare i propri articoli passati costa troppa fatica per il nuovo modello di giornalismo che si sta affermando. O meglio, la coerenza non è più richiesta in troppe attività.
I dati Istat fotografano il numero degli occupati in un dato momento. Quindi, col passare del tempo, i presenti sul mercato del lavoro invecchiano, andando così ad ampliare il numero degli occupati più anziani. Questo effetto è ampliato da un’osservazione banale. Le classi di età più anziane sono molto più numerose di quelle giovani. Vanno verso i 60 anni i nati del periodo del baby boom, e dopo di loro vi sono classi di età, le più giovani, che — periodo “baby sboom” — sono molto meno numerose. Da qui l’effetto registrato dai dati Istat, che hanno fotografato, oltre alla composizione del mercato del lavoro esistente, l’effetto degli andamenti demografici che determinano la composizione per classi di età della popolazione.
Per comprendere se la situazione effettiva è diversa dobbiamo guardare il dato delle comunicazioni obbligatorie, ossia guardare se fra i nuovi assunti abbiamo una prevalenza di classi di età diverse. Guardando i dati Inps relativi ai movimenti del mercato del lavoro si nota infatti che i giovani prevalgono fra i nuovi assunti e che addirittura è nelle classi di età più avanzata che si registra un deficit di avviamenti al lavoro rispetto alla necessità, con conseguente tasso di aumento della disoccupazione in crescita.
Anche il tasso di occupazione femminile è aumentato costantemente negli ultimi trimestri, tornando ai livelli precrisi.
Restano squilibri territoriali, pesanti disallineamenti fra domanda e offerta di lavoro, ma oggi questi sono in un quadro di crescita complessiva delle opportunità di lavoro e non più in presenza di un mercato immobile.
L’isteria dei commenti su giovani e anziani è però funzionale a sostenere un dibattito su come utilizzare le risorse della manovra economica di fine anno. Invece di osservare tutti gli aspetti della realtà si tende ad una fittizia contrapposizione fra risorse per allentare l’allungamento dell’età pensionabile o procedere a tagli sul costo del lavoro per le assunzioni di giovani.
I paesi europei che hanno alti tassi di occupazione vedono convivere sistemi pensionistici con le rigidità del nostro, facilitazioni per il lavoro giovanile e alti tassi di occupazione sia nell’avvio della vita lavorativa che dopo i 60 anni.
Hanno però favorito iniziative di sistema che tenessero conto delle particolarità del lavoro nelle diverse fasce di età e non hanno ingessato il mercato del lavoro con l’ideologia del posto di lavoro a vita.
Noi abbiamo appena iniziato, in un quadro finalmente rinnovato dalle norme introdotte dal Jobs Act, ad agire con interventi strutturali a sostegno delle diverse fasce di lavoratori.
L’introduzione del sistema duale, abbinato con la semplificazione del contratto di apprendistato, ha dato risultati estremamente positivi.
La platea di giovani ed imprese coinvolte non potrà che espandersi coinvolgendo nella semplificazione tutte le Regioni e favorendo la crescita di soggetti addetti alla formazione e ai servizi al lavoro dedicati a questo nuovo percorso di istruzione, formazione e lavoro. I risultati sono così buoni che tutte le major della somministrazione stanno ampliando il proprio impegno verso l’apprendistato. Aspettiamo la stessa attenzione da assessori regionali e commentatori.
Con il percorso di 3 livelli di apprendistato anche nel nostro paese si interviene per alzare gli skills professionali, favorire investimenti nel capitale umano e stimolare le imprese ad una domanda di lavoro sempre più qualificata.
In questo quadro avviare un taglio permanente e per tutti del costo del lavoro partendo nei primi due anni dagli assunti più giovani è una misura comprensibile. C’è un pregresso di disoccupazione giovanile su cui agire. Fornire strumenti di convenienza economica ai percorsi di inserimento o formazione on the job per i giovani che vengono da lunghi periodi disoccupazione è misura utile per rimettere in linea fra diverse classi di età le opportunità lavorative. Il taglio del costo del lavoro per assunzioni a tempo indeterminato è previsto poi per tutti i lavoratori e ciò riporterà a dare impulso all’occupazione nel suo complesso, augurandoci che nel frattempo sia stato annullato il dislivello occupazionale oggi esistente a sfavore dei più giovani.
Mentre alcuni interventi strutturali per favorire il lavoro giovanile sono stati fatti e dobbiamo sperare che non vengano rimessi in discussione, non si può dire lo stesso per il lavoro femminile e per il lavoro degli over 60. Anche in questo caso basterebbe guardare cosa succede nei paesi ad alto tasso di occupazione. Non si tratta di contrapporre giovani e vecchi. Se c’è qualcosa da rottamare, è l’ideologia che fa consistere il lavoro “vero” solo in quello a tempo indeterminato e a tempo pieno.
L’avvio dato dal libro bianco di Biagi per avere contratti che rendessero tutelati tutti i lavori è stato abbandonato. L’aspetto ideologico che ha motivato l’opposizione ai voucher lavorativi ha rimesso in circolazione il veto ad ogni regolazione per i lavori più flessibili. La lezione che viene dai paesi a maggiore occupazione è invece di favorire forme tutelate per tutti i lavori con voucher, part-time facilitato, detassazione per il lavoro di persone anziane. Ossia si cerca di offrire occasioni e opportunità di lavoro calibrato sulla volontà/possibilità che ognuno ha di partecipare al mercato del lavoro nell’arco di tutta la vita lavorativa.
Non è quindi la contrapposizione fra pensioni più facili per gli anziani o sostegno al lavoro giovanile il tema. Il vero tema è lavoro tutelato per ogni età e fase della vita. Ciò porta anche ad accumulare più risorse per favorire forme flessibili dell’età di pensionamento; senza illuderci di tornare ai periodi delle pensioni baby del passato.