Per asilo nido si intende, almeno secondo l’Istat, quel servizio rivolto alla prima infanzia (bambini/e da 0 a 36 mesi), finalizzato a promuovere lo sviluppo psico-fisico, cognitivo, affettivo e sociale del bambino e a offrire un sostegno, molto ben accetto, alle famiglie, soprattutto quando entrambi i genitori lavorano, nel loro compito educativo, aperto per almeno 5 giorni a settimana e almeno 6 ore al giorno per un periodo di almeno 10 mesi all’anno. Rientrano, quindi, sotto questa tipologia: gli asili nido, i micronidi, i “famosi” asili nido aziendali destinati nello specifico, alla cura e all’accoglienza dei figli dei dipendenti di un’azienda virtuosa e le sezioni primavera delle scuole materne.



Nell’anno educativo 2014/15, l’ultimo per cui siano disponibili i dati, sono state individuate su tutto il territorio nazionale 13.262 unità che offrono servizi socio-educativi per la prima infanzia. Di queste solo il 36% è pubblico, mentre il 64% è, anche per necessità, privato. I posti disponibili, in tutto 357.786, coprono, poi, solo il 22,8% del potenziale bacino di utenza (i bambini sotto i tre anni residenti in Italia) con un lieve aumento rispetto al 22,5% del 2014.



Per questi servizi sociali rivolti alla prima infanzia, i Comuni hanno quindi speso, solo nel 2014, 1 miliardo 482 milioni di euro, il 5% in meno rispetto all’anno precedente. In questo contesto sono, però, le famiglie a contribuire in misura crescente ai costi del servizio. Si deve immaginare che dal 2004 al 2014 la quota è passata dal 17,4% al 20,3% della spesa impegnata dai Comuni per i servizi socio-educativi.

Partendo da questa visione d’insieme e prendendo atto che i carichi familiari delle donne con figli influenzano molto la loro partecipazione al mondo del lavoro e che per molte donne la mancanza di servizi di supporto nelle attività di cura rappresenta un, oggettivo e significativo, ostacolo per l’ingresso delle “mamme” nel mercato del lavoro, Il Foglio ha lanciato, nei giorni scorsi, una proposta “elettorale” per aiutare le famiglie a pagare meno, se non addirittura per rendere completamente gratuiti, gli asili nido e i servizi per l’infanzia.



L’idea, certamente da limare, sembra essere, per certi aspetti, rivoluzionaria. La campagna elettorale, almeno finora, si è concentrata, infatti, principalmente su chi è, finalmente, in pensione, o chi ha la legittima ambizione di andarvi a breve e non su chi, con fatica, prova ad avere un’opportunità per dare un contributo alla propria comunità e alla propria famiglia. Nelle settimane sapremo anche, auspicabilmente, come i costi di questa operazione verranno coperti.

Il rilancio del Paese passa, insomma, anche dalla capacità di scommettere sul lavoro delle (giovani) donne e dalla volontà di mettere in campo politiche attive all’altezza. La proposta del Foglio sembra andare nella giusta direzione.