La Bulgaria è un Paese di circa 7 milioni e mezzo di abitanti che vivono principalmente nelle aree urbane. La maggior parte delle attività commerciali e culturali sono concentrate nella (bellissima) capitale Sofia. I settori economici predominanti sono l’agricoltura, i servizi, il turismo, l’ingegneria energetica e l’industria leggera, tutti sostenuti dalle importanti risorse naturali locali. Questo è almeno il quadro che ci offre del Paese quella fondamentale fonte di informazioni chiamata Wikipedia.
Un Paese, la Bulgaria, è bene ricordarlo, che solamente nel 1991 ha provveduto all’adozione, dopo alcuni decenni di socialismo reale, di una Costituzione democratica. Dal 2000 il Paese è, quindi, un membro della Nato e dal 2007 fa parte dell’Unione europea ed è membro del Consiglio d’Europa. Questa giovane democrazia dell’Europa orientale è dal primo gennaio, per la prima volta da quando è nell’Ue, Presidente di turno dell’Europa.
In questo quadro sono state così individuate alcune priorità per i prossimi sei mesi: la sicurezza, la solidarietà e la stabilità. Si ritiene, infatti, che oggi al primo posto delle politiche europee ci siano quelle per rendere sicura l’Europa, dal momento che la crisi migratoria, e le azioni terroristiche degli anni passati, hanno dimostrato quanto sia vulnerabile, per ridare stabilità al nostro continente e ai suoi cittadini che vogliono sapere che l’Unione si sta prendendo cura della loro prosperità e benessere e di costruire un’Europa più solidale dove le principali sfide dei nostri tempi potranno essere vinte solo con azione congiunta di tutti gli attori.
Un accento particolare sarà, quindi, posto sul futuro del nostro continente e sui suoi giovani. Se ci sono, infatti, buone notizie, almeno nelle previsioni, per un’Europa con un un’economia che sta, finalmente, accelerando, dove si creano più posti di lavoro, crescono gli investimenti e le finanze pubbliche si rafforzano, tuttavia non tutti i problemi sono risolti: si pensi, ad esempio, ai perduranti alti livelli di debito e al, generalmente, piccolo aumento dei salari dei lavoratori.
C’è bisogno, insomma, di continuare gli sforzi per una seria politica di coesione sociale che possa offrire un reale valore aggiunto per i cittadini europei e ridurre, ulteriormente, le differenze tra le sue varie componenti. L’auspicio è che su questi temi si interroghi, perché no prendendo spunto dal dibattito comunitario, la politica italiana in questa difficile fase elettorale partendo, anche, da un’analisi, il più possibile serena, su cosa è stato fatto, su cosa ancora manca da fare e su come l’Europa, anche nella sua versione bulgara, ci possa aiutare.