BONINO: LEGGE FORNERO VA LASCIATA COM’È
Emma Bonino, grazie a Bruno Tabacci, potrà partecipare alle elezioni politiche con la lista +Europa. L’ex ministra è stata intervistata dal Sole 24 Ore e le è stato chiesto quale misure prevede il suo partito per ridurre il debito pubblico e se ritiene che la Legge Fornero vada modificata. Questa la sua risposta: “Per ridurre il debito proponiamo di congelare la spesa pubblica primaria in termini nominali al livello 2017 per tutta la durata della prossima legislatura. Così facendo il bilancio andrebbe in pareggio già nel 2019. Il debito pubblico scenderebbe tra 5 anni sotto il 110% del Pil, contro l’attuale 132. La prima cosa che fa una famiglia responsabile che si è troppo indebitata è, se non ridurre le proprie spese, perlomeno evitare di aumentarle ancora. E questo deve fare la famiglia Italia. La legge Fornero va lasciata così: un euro su tre di spesa pubblica va in pensioni e non si può rischiare di far saltare il banco. Se per avere la pensione qualche mese prima rischiamo di avere in mano carta straccia, meglio lasciar perdere”.
FRIEDMAN: NON HA SENSO CANCELLARE LA LEGGE FORNERO
Alan Friedman è stato ospite della puntata della trasmissione diMartedì, per parlare del suo nuovo libro “Dieci cose da sapere sull’economia italiana prima che sia troppo tardi”. Con Giovanni Floris ha parlato anche di pensioni, spiegando che non ha senso parlare di abolizione della Legge Fornero. Questo perché per tanti anni, grazie al sistema retributivo, gli italiani sono andati in pensione con un assegno molto vicino all’ultima retribuzione: un importo non giustificato dai contributi versati. Oggi, con l’invecchiamento della popolazione, decidere di abolire la Legge Fornero vuol dire far pagare il conto ai propri figli e nipoti. Riguardo alla promessa di Silvio Berlusconi di aumentare le pensioni a mille euro, Friedman ha spiegato che senz’altro ha un intento nobile, ma sarebbe meglio dare risorse ai poveri. Inoltre, secondo lui la misura non costa 7 miliardi, come dice Forza Italia, ma almeno il doppio o il triplo e quindi c’è un problema di copertura finanziaria.
MELONI: IN PENSIONE CON 41 ANNI DI CONTRIBUTI E 60 DI ETÀ
Giorgia Meloni è stata ospite della trasmissione L’aria che tira, nel corso della quale ha parlato anche di pensioni. Le è stato infatti chiesto qual è la sua posizione rispetto alla Legge Fornero e ha spiegato che a suo modo di vedere bisognerebbe cancellare alcuni aspetti negativi della stessa, muovendosi verso la reintroduzione della pensione di anzianità, di modo che chi ha più di 41 anni di contributi e 60 di età possa accedere alle pensione. La leader di Fratelli d’Italia vorrebbe anche rivedere il sistema con il quale i requisiti pensionistici vengono legati all’aspettativa di vita. Dal suo punto di vista non ci deve essere un meccanismo automatico di adeguamento, ma deve essere la politica a fare la sua scelta, in modo da “metterci la faccia”. Meloni ha anche voluto difendersi dalle accuse che le vengono mosse spesso dagli esponenti e dagli elettori del Movimento 5 Stelle: lei non ha votato la Legge Fornero in quanto tale, ma il decreto Salva-Italia, ubbidendo al suo partito e decidendo poi di lasciarlo. Ha anche ricordato i complimenti che Beppe Grillo fece a Monti. Dal suo punto di vista, quindi, probabilmente anche i pentastellati avrebbero votato il decreto Salva-Italia.
SCONTRO M5S-REPUBBLICA
Nel suo programma elettorale, il Movimento 5 Stelle ha previsto il superamento della Legge Fornero e ha anche illustrato come coprire i costi di questo e di altri interventi. Coperture che sono state però contestate da Repubblica. Lorenzo Fioramonti, economista M5S, ha quindi scritto a Mario Calabresi per replicare e spiegare, per esempio sul caso delle pensioni, che si prevede di superare la Legge Fornero, “ma senza tornare al sistema previgente, come riferito dal suo giornale”. Roberto Petrini, il giornalista dell’articolo contestato da Fioramonti, ha quindi a sua volta replicato. E sul tema delle pensioni ha scritto: “Pensare di ‘superare’ la legge Fornero con 10-11 miliardi è un modo per illudere gli elettori. La Ragioneria ha certificato che a regime l’intervento costerebbe 20 punti di Pil (alle cifre di oggi 340 miliardi). Un percorso lungo di cui bisogna prendersi la responsabilità contabile oggi e che presenta costi diversi per ogni anno con picchi di 1,5 punti di Pil, cioè 25 miliardi”.
VENETO, TORNA IL CONTRIBUTO DI SOLIDARIETÀ SUI VITALIZI
Com’era ampiamente prevedibile, il Consiglio regionale del Veneto ha deciso di dare il via libera alla proroga di altri tre anni del contributo di solidarietà sui vitalizi degli ex consiglieri. Vvox.it ricorda che il risparmio atteso grazie a questa misura è die 2,4 milioni di euro in tre anni. Anche in altre regioni, per esempio il Lazio, che avevano deciso di varare un taglio delle pensioni degli ex consiglieri la misura era scaduta a fine 2017, ma non c’è stato il rinnovo. Il Movimento 5 Stelle ha deciso di votare contro la proroga, perché ritenuta una misura troppo timida. I pentastellati volevano infatti che venissero tagliate anche le pensioni degli ex consiglieri se di importo superiore ai 9.000 euro l’anno e non 29.500 come previsto ora. Il Partito democratico ha invece scelto di votare a favore del provvedimento.
LA SFIDA DI BIANCOFIORE A BOSCHI
Si è discusso non poco negli ultimi giorni della candidatura di Maria Elena Boschi nel collegio di Bolzano. Tra i cittadini altotesini c’è chi non ha gradito molto questa scelta del Pd. In ogni caso l’ex ministra avrà tra i suoi avversari Michaela Biancofiore, coordinatrice regionale dei Forza Italia, che ricorda come ci sarà una “svolta anche nel mondo di lingua tedesca, grazie al nostra programma che prevede la flat tax e pensioni più dignitose”. L’ex sottosegretaria del Governo Letta punta anche sul programma previdenziale per far breccia negli elettori del suo territorio. Secondo quanto riporta Ansa, ha anche detto di essere “profondamente delusa di Renzi e della Boschi, la prima Leopolda e i rottamatori sono ormai un ricordo lontano. Renzi si candida per il Senato che voleva abolire e Boschi si ripresenta nonostante la sonora sconfitta al referendum”.
LE PRIORITÀ PER FEDERMANAGER
Stefano Cuzzilla, Presidente di Federmanger, con un intervento su Formiche.net, cerca di fare il punto sulle pensioni, tenendo conto che in questa campagna elettorale “la categoria dei manager in pensione si sente giustamente ferita da isterismi ideologici e tanta demagogia”. Quindi ricorda i dati relativi alla spesa pensionistica italiana pura, “cioè quella che si ottiene eliminando la spesa per prestazioni tipicamente assistenziali (come quelle Gias) e le imposte sulle pensioni (che sono una partita di giro per lo Stato)”. Essa “si attesta intorno all’11% del Pil, un dato che dimostra l’equilibrio tra entrate per contributi e uscite per prestazioni puramente pensionistiche, assolutamente in linea con gli altri paesi europei”. Cuzzilla ricorda anche che la spesa previdenziale netta “è cresciuta solo dello 0,2% tra il 2015 e il 2016, a dimostrazione dell’efficacia delle riforme attuate in materia previdenziale e dell’evidenza di spazi di opportunità per attenuare gli effetti rigidi di altre, a partire dalla Legge Fornero che ha peccato di eccesso”.
Dal suo punto di vista è quindi chiaro che il problema sta nella spesa assistenziale e non in quella previdenziale. “La nostra organizzazione si batte e continuerà a farlo per evitare lo scontro generazionale e per evidenziare che il parametro per considerare una ‘pensione d’oro’ non può essere sintetizzato nell’ammontare della pensione stessa bensì nella correlazione tra l’importo e i contributi versati”, scrive poi Cuzzilla, evidenziando che per Federmanager “le priorità dell’agenda del prossimo governo non possono che essere quelle del lavoro, della riforma fiscale, della separazione dell’assistenza dalla previdenza nonché quella del rilancio della previdenza complementare”.
PROIETTI: APRIRE FASE 3 PER LA FLESSIBILITÀ
Per Domenico Proietti, “nella prossima legislatura bisogna continuare a cambiare la legge Fornero”, tenendo conto che già si è fatto qualcosa di importante con le ultime due leggi di bilancio “che, grazie alla determinazione del sindacato, hanno reintrodotto importanti elementi di equità e di giustizia nel sistema previdenziale”. Per il Segretario confederale della Uil, “occorre aprire una vera e propria fase 3 nella quale affrontare la reintroduzione di una flessibilità di accesso alla pensione intorno a 63 anni, l’individuazione di un meccanismo che dia pensioni adeguate ai giovani lavoratori, l’eliminazione delle disparità di genere che penalizzano le donne valorizzando il lavoro di cura e il recupero del potere di acquisto per le pensioni in essere”. Dal suo punto di vista si tratta di “provvedimenti equi e realistici, ampiamente compatibili con gli equilibri di bilancio, e volti a garantire gli equilibri sociali e generazionali a cui un moderno ed efficace sistema previdenziale deve aspirare.
I CONTI GIUSTI DA FARE SU OPZIONE DONNA
In vista delle prossime elezioni non mancano comitati e gruppi che chiedono la proroga di Opzione donna e anche alcuni partiti, tra cui Movimento 5 Stelle e Liberi e Uguali, hanno deciso di inserire questa misura nei loro programmi. Orietta Armiliato, lungi l’idea di criticare questa richiesta, ricorda però che occorre bene fare i propri conti. In un post sulla pagina Facebook del Comitato Opzione donna social spiega infatti di ricevere diversi messaggi da parte di chi, avuto accesso a Opzione donna, lamenta ora di ricevere una pensione bassa. Questo nonostante si fosse consapevoli del ricalcolo contributivo che tale pensionamento anticipato comporta. “Dunque il monito per tutte le lavoratrici, siano esse già in possesso dei requisiti ma che ancora non hanno esercitato l’opzione oppure siano lavoratrici che chiedono a gran voce che la misura sia inserita nei programmi dei vari partiti, di valutare attentamente la scelta, facendosi produrre puntuali simulazioni e calcoli che i Patronati e l’Inps debbono essere in grado di produrre in nome del diritto di tutela del nostro personale interesse”, scrive Armiliato.