Un aumento assai complicato, come ormai stiamo raccontando da mesi: tra i vari comparti della Pa, il nodo-scuola resta il primario problema per gli aumenti degli stipendi all’interno dei contratti statali dei docenti. Secondo uno studio compiuto da La Tecnica della Scuola, per poter garantire a tutti – come promesso dal Ministro Madia e dal Ministro Fedeli – un aumento di almeno 85 euro, i nodi che restano sono i seguenti: «per tutto il personale ATA l’aumento sarà ben al di sotto del tetto di 85 euro; una buona fetta di docenti di scuola media rimarrebbe sotto gli 85 euro; per i docenti di infanzia e primaria gli 85 euro verrebbero sfiorati solamente da coloro che sono nella posizione stipendiale più alta». Da ultimo, ci saranno novità buone solo per i docenti delle superiori a fine carriera, visto che gli aumenti potrebbero arrivare fino ai 100 lordi al mese per ogni insegnante che rientra in questa categoria. Mancano all’appello “almeno 250 milioni di euro” per poter garantire a tutti i docenti Miur un aumento “decente”; ma il governo e la Pubblica Amministrazione sono disposti a questa cifra?
IL NODO DELL’ETEROGENEITÀ
Nel vertice dei giorni scorsi all’Aran i sindacati del mondo Scuola tratteranno il tema del rinnovo a partire dai tanti dubbi e critiche sulla riforma Pa voluta dal Ministro Madia: in particolare, la principale difficoltà che emerge nella categoria Scuola riguarda la sostanziale eterogeneità di comparti che rende complesso un aumento stipendi “generalizzato” come avvenuto ad esempio con il comparto centrale della Pubblica Amministrazione. Molte figure professionali assai diverse tra loro, da docenti a bidelli, da assistenti Ata fino a ricercatori e tecnologi: insomma, un vaso mondo che vede molto difficile garantite un aumento di almeno 85 euro mensili anche per le qualifiche più “basse”. Come riporta la Cisl in una nota, «nel contratto degli statali il problema di come garantire a tutti, anche alle qualifiche più basse, 85 euro lordi di aumento è stato risolto con un «elemento perequativo» per il 2018 a beneficio delle qualifiche con aumenti strutturali dei minimi inferiori a 85 euro. Per esempio: alla qualifica iniziale che avrà un incremento di 66 euro al mese si sommeranno 22,5 euro fino a dicembre 2018». Oggi all’Aran si continua la discussione ma le parti sono per ora molto distanti tra loro.
IL NODO DELLA BUSTA PAGA PER I PRESIDI
Esiste però una categoria particolare nel comparto Scuola Pubblica che meno delle altre ha elementi di critica o lamentela alla nuova riforma Pa e al tentato rinnovo dei contratti: si tratta dei presidi, visto che come sappiamo da accordi precedenti in Manovra il loro rinnovo del contratto passa per una nuova e più aumentata busta paga dei dirigenti scolastici. Un calcolo della Cgil pesa sui 96 milioni di euro (lordi) messi in Legge di Bilancio per l’aumento di circa 270 euro netti al mese per ogni preside scolastico: «Subito gli “85 euro lordi” (che per i dirigenti di scuola salgono a 104-115 euro, 60 netti), quindi 105 euro netti nel 2018 che diventeranno 210 euro netti nel 2020», riporta lo studio del sindacato di Susanna Camusso. Questo nei giorni scorsi ha tratto non poche lamentele dagli altri comparti interni alla Scuola contro il Governo e il Miur che hanno “privilegiato” dirigenti e non tutte le altre classi dei lavoratori del blocco Scuola, confermando quel problema di “eterogeneità” di cui trattavamo qualche riga più sopra.