Com’è stato spiegato in diverse occasioni in questi giorni, la Quota 100 che verrà introdotta con la manovra 2019 non prevederà penalizzazioni per chi andrà in quiescenza. Tuttavia la riforma delle pensioni del Governo Conte prevede anche un intervento sulle pensioni d’oro, cioè superiori ai 4.500 euro al mese. Questo vuol dire, come spiega Il Corriere della Sera, che “chi uscirà nel 2019 con Quota 100 a 62 anni (prima dei canonici 67) e con una pensione di oltre 4.500 euro se la vedrà ridotta”. Dunque una penalizzazione ci sarà, ma non riguarderà tutti e non sarà legata a Quota 100, visto che colpirà anche chi è già in pensione. A questo proposito, secondo Repubblica, “il governo, soprattutto la componente leghista, pensa di usare l’imminente scadenza, a fine anno, dello ‘schema Letta’ sulla rivalutazione di tutte le pensioni all’inflazione per rimodulare le fasce e far sì che le pensioni alte, come quelle definite ‘d’oro’, non siano adeguate al costo della vita per i prossimi tre anni”. “Ecco dunque che un blocco parziale sarà richiesto anche alle pensioni intermedie: non cresceranno tanto quanto l’inflazione prevista all’1,4% nel 2019 e poi 2,2% e 1,7% nel 2020 e 2021. Mentre su quelle molto alte, sarà totale”.



IL PUNTO DI CESARE DAMIANO

In tema di riforma delle pensioni si sa che il Governo intende varare Quota 100. Cesare Damiano fa però notare che nelle dichiarazioni alla stampa l’esecutivo parla di altre misure, non contenute nel testo della manovra 2019, “come il prolungamento della sperimentazione di Opzione Donna, che costano miliardi. Come verranno coperte? Che fine ha fatto la promessa di risolvere anche la questione della nona salvaguardia degli esodati? E che fine hanno fatto i 41 anni di contributi che, da soli, sono stati valutati dall’Inps, nella scorsa legislatura, con un costo pari a 6 miliardi all’anno?”. L’ex ministro si augura che “questi interrogativi verranno sciolti, almeno lo speriamo, con i dettagli della legge di Bilancio e nel complesso dibattito parlamentare. L’importante è raccontare la verità”. “Per il momento abbiamo solo il Documento Programmatico di Bilancio che il Governo ha inviato a Bruxelles”, evidenzia, dove per la Quota 100 vengono stanziati 6,7 miliardi di euro e “già così le risorse appaiono molto esigue”.



BOERI CONTRO PACE CONTRIBUTIVA

Il Governo, per facilitare l’accesso a Quota 100, che rappresenta la principale misura in tema di riforma delle pensioni inserita nella manovra, intende varare una pace contributiva, di modo che sia più facile arrivare a cumulare i 38 anni di contributi necessari ad accedere alla quiescenza (insieme al requisito anagrafico minimo di 62 anni). Contro questa misura si è scagliato però Tito Boeri, che parlando in audizione alla commissione Lavoro della Camera ha evidenziato che una sua implementazione “avrebbe un effetto devastante sui conti dell’Inps”. “Non abbiamo elementi sufficienti per capire l’impatto di un intervento in questo senso, ma sicuramente il condono contributivo al contrario di quello fiscale indurrebbe anche un comportamento opportunistico da parte degli evasori sul fatto che prima o poi potrebbe arrivare un altro condono”, ha detto Boeri secondo quanto riportato dall’Agenzia Vista, spiegando altresì che già si stanno avvertendo effetti negativi: “al solo parlare di condono contributivo, la nostra riscossione è già inferiore a quella attesa”.



BONOMI CONTRO QUOTA 100

Carlo Bonomi, nel corso del suo intervento all’Assemblea generale di Assolombarda, ha parlato anche della riforma delle pensioni che il Governo vuole inserire nella Legge di bilancio. “No a uno Stato che torna a prepensionare aggravando il furto ai danni dei più giovani”, sono le parole del Presidente di Assolombarda riportate da Mf-Dow Jones. “Nessun dato empirico comprova l’ipotesi che un pensionato anzitempo lasci il suo lavoro a un disoccupato giovane. Al contrario, i dati dei Paesi Ocse mostrano che a crescere di più è chi ha insieme più occupati giovani e anziani, senza nessun automatico effetto sostitutivo. E allora spendiamo i miliardi destinati ai prepensionamenti negli Its e nelle Università professionalizzanti, che ci servono come il pane per risolvere il mismatch dei tecnici che oggi mancano e che le nostre imprese non riescono a trovare!”, ha aggiunto Bonomi, secondo cui se si aumenta la spesa pubblica per reddito di cittadinanza e prepensionamenti “ecco che allora le stime di maggior crescita del Pil del governo non risultano credibili, e il debito pubblico continuerà a salire”.

BRAMBILLA: QUOTA 100 NON ANCORA SCRITTA

Lo aveva già detto e l’ha ripetuto. Alberto Brambilla, che è consulente della Lega in tema di riforma delle pensioni, non gradisce proprio l’intervento del Governo nella manovra 2019 mirato a innalzare le minime a 780. “Sono formalmente contrario alle pensioni di cittadinanza. Dare a determinate figure a pioggia 780 euro senza avere una prova dei mezzi è distruggere il sistema previdenziale”, ha detto l’ex sottosegretario intervenendo a Radio Capital, durante la trasmissione Circo Massimo. Secondo quanto riportato da Lapresse, Brambilla ha anche evidenziato che questa misura “può essere un regalo ai truffatori o a chi è stato nella malavita”. Per quanto riguarda invece Quota 100, ha spiegato che “dal 2022 100.000 persone potrebbero andare in pensione con quota 100, ma avrebbero il 15% di taglio, quindi magari potrebbero decidere di lavorare ancora qualche anno” e “la propensione al pensionamento, che si aggira attorno al 60%, scenderà”. Brambilla ha anche spiegato che “Quota 100 non è ancora stata scritta nei dettagli”.

ALLO STUDIO AGEVOLAZIONI PER RIEMPIRE I VUOTI CONTRIBUTIVI

Con la Quota 100 si potrà andare in pensione quando si avranno almeno 38 anni di contributi versati e 62 anni di età. La misura, inserita nella manovra 2019, rischia di rivelarsi una riforma delle pensioni penalizzante per alcune categorie, in particolare le donne, visto che per loro arrivare a un’anzianità contributiva di 38 anni non è affatto facile. Il Governo sta quindi pensando al modo di agevolare il riscatto della laurea, che potrebbe consentire di aumentare gli anni di contributi in proprio possesso, e di facilitare il “riempimento” di buchi contributivi durante la propria attività lavorativa. Repubblica riporta in questo senso le parole di Claudio Durigon, secondo cui chi ad esempio in un anno ha lavorato 9 mesi su 12 potrà colmare quel vuoto di contributi versando una cifra compresa tra la metà del contributo mensile medio versato nei 9 mesi lavorati e l’importo intero. Per quanto riguarda il riscatto della laurea, ci potrebbe anche essere una detrazione fiscale del 23% per i genitori e i nonni che decideranno di aiutare figli e nipoti.

RIFORMA PENSIONI NELLA MANOVRA 2019

Si continua a ragionare sulle novità in materia di riforma delle pensioni che sono arrivate dopo il varo della manovra 2019, tenuto conto che il dibattito parlamentare potrà portare a delle modifiche. Per quanto riguarda Quota 100, spiega Repubblica, è confermata la reintroduzione delle finestre mobili che saranno quattro nell’arco dell’anno. Ciò vuol dire che si si maturano i requisiti per l’accesso alla pensione a gennaio, si potrà andare in quiescenza ad aprile. Questo sembra, spiega Italia Oggi, “per esigenze organizzative dell’Inps, che dovrà gestire un bacino potenziale di 420 mila lavoratori interessati ad anticipare il pensionamento”. Repubblica aggiunge anche che “se si opta per ‘quota 100’, l’assegno sarà più basso per tre motivi: si versa per meno anni, si percepisce la pensione per più tempo e quello che si perde, nei calcoli previdenziali, è parametrato ad un Pil all’1,5%”.

È previsto anche il divieto di cumulo tra pensione e altri redditi da lavoro. Ma pare che questa limitazione durerà solo due anni da quando si andrà in quiescenza. I dipendenti pubblici dovranno attendere anche fino a 5 anni per ricevere il Trattamento di fine servizio, ma il Governo sta lavorando per far sì che con un anticipo bancario i tempi possano essere ridotti. Per quel che riguarda le altre misure previdenziali, oltre a Opzione donna dovrebbe essere prorogata di un anno anche l’Ape social, mentre potrebbe essere bloccato a 42 anni e 10 mesi (41 anni e 10 mesi per le donne) il requisito per accedere alla pensione. Resta invece da capire se si farà o meno la cosiddetta pace contributiva, “una sanatoria – a carico delle aziende dei contributi non versati ai dipendenti, tenuti in nero, e finiti poi a ruolo”.