Il cosiddetto Decreto dignità si fonda sul presupposto che irrigidendo le regole del rapporto di lavoro si crei più sicurezza e più occupazione. L’idea non è nuova e, a fasi alterne della nostra storia, si ripresenta. Particolare attenzione ha avuto questa volta lo strumento del contratto a termine: il decreto in oggetto, in particolare, oltre a reintrodurre le causali giustificative, ne ha ridotto la durata da 36 a 24 mesi.
I contratti a termine e di somministrazione sono due strumenti molto utilizzati dalle imprese e, a livello di tutele, presentano tutte le forme previste da quello a tempo indeterminato. Non possono pertanto essere considerati dei contratti precari. Le restrizioni apportate dal Decreto dignità creano molte criticità nella gestione dei rapporti in essere. Tuttavia, la possibilità che hanno imprese e lavoratori di scrivere le regole è ampia. Nella fattispecie, la gestione del contratto a termine può essere agevolata dal celebre articolo 8 della cosiddetta manovra d’estate 2011 – proposto da Maurizio Sacconi per costruire quel perimetro regolatorio che seguiva all’uscita di Fiat da Confindustria – che permette tramite accordi sindacali aziendali (o territoriali) di derogare anche alle leggi dello Stato – seppur entro i limiti dettati dalla Costituzione e dall’ordinamento comunitario – al ricorrere di determinate esigenze e su materie tipizzate dal legislatore: per esempio, la maggiore occupazione, la qualità dei contratti di lavoro, l’adozione di forme di partecipazione dei lavoratori, l’emersione del lavoro irregolare, gli incrementi di competitività e di salario, la gestione delle crisi aziendali e occupazionali, gli investimenti e l’avvio di nuove attività.
Sia il contratto a termine, sia quello di somministrazione possono essere oggetto di un accordo di prossimità, per esempio superando la necessità delle causali giustificative. In provincia di Lecco, si è registrato a fine luglio il primo caso (Fiocchi SpA) di accordo aziendale in questa direzione. Il tanto rivendicato primato della contrattazione ha oggi occasione per rivelarsi tale e, nelle condizioni previste dall’articolo 8, di attivare operazioni di contrattazione virtuose. Grande è infatti lo spazio che imprese e lavoratori hanno per darsi quel perimetro regolatorio che dovrebbe essere sempre più particolare in ragione della grande trasformazione dell’industria che le economie avanzate stanno attraversando.
La quarta rivoluzione industriale – a cui i tedeschi hanno dato il nome di Industry4.0, terminologia che così tanto successo ha avuto per lo meno in Europa – non può infatti prescindere dalla capacità di imprese e lavoratori di disegnare regole ad hoc per i sistemi produttivi a cui appartengono. La contrattazione aziendale è proprio questa occasione e, naturalmente, è quasi banale spiegare che offre possibilità che quella nazionale non può offrire. Da qualche anno ne viene addirittura incentivata – in modo strutturale – la premialità variabile che questa è in grado di costruire. Ma la strada è sempre percorsa dai soliti noti. È ora che il ruolo di chi contratta diventi realmente protagonista.