Poche ore dopo che i segretari generali delle tre grandi confederazioni avevano presentato, in conferenza stampa, le loro proposte sulla riforma delle pensioni (insieme con quelle riguardanti gli altri aspetti della manovra di bilancio) i tg hanno diffuso i dati di una ricerca dell’Istituto Cattaneo dalla quale emerge che la popolazione over60 ha superato quella under30anni di età. Non ci vorrebbe molto a capire che un tale assetto pone già oggi – e ne porrà ancora di più in prossimo futuro visti il crollo della natalità e l’incremento dell’attesa di vita – dei gravi problemi non solo per la tenuta del sistema pensionistico, ma anche per un equilibrio adeguato tra domanda e offerta di lavoro. Ma al Governo non gliene può fregar di meno: ha promesso agli elettori di manomettere la riforma Fornero ed è intenzionato a mantenere questo impegno, anche se non si è ancora capito in modo preciso come saranno arzigogolate le quote (100 e 41) che dovrebbero consentire – si dice – 450mila pensionamenti anticipati in aggiunta a quelli previsti, allo scopo (illusorio) di sbloccare il turnover e spalancare le porte delle aziende ai giovani, perché – assicurano – per ogni nuovo pensionato ne saranno assunti almeno due, se non addirittura tre.



RIFORMA PENSIONI E QUOTA 100: LE RICHIESTE DI CGIL, CISL E UIL

Poi si scopre che una parte consistente di questi neo-pensionati verranno dal pubblico impiego, un settore dove si entra solo per concorso. Ma c’è di più: è tuttora in vigore una legge che stabilisce un rapporto di 4 ad 1 tra i collocati a riposo e i nuovi assunti (in parole povere: per ogni 4 che escono entra 1 solo). Vuol dire che a realizzare la riffa del Duo Fasano dovranno essere i settori privati del Nord? E chi prenderà il posto di coloro che escono, se non altri stranieri? Ma su questi argomenti abbiamo già tediato troppe volte i lettori. Ci basta solo sottolineare che quando un Governo si concede alla demagogia innesca una filiera che pervade tutta la società e induce anche i corpi intermedi a dare il peggio di sé, ad abbandonare ogni riserva nel rincorrere chi li sfida non già sul terreno del rigore e della serietà, ma su quello dell’irresponsabilità. Così anche i sindacati si sentono in dovere di raddoppiare la posta in gioco, perché non possono presentarsi ai loro iscritti con rivendicazioni inferiori alle soluzioni prospettate dall’esecutivo. Così, se si osserva la piattaforma sindacale e la si mette a confronto con le proposte fatte circolare dal Governo si comprende benissimo che potrebbe anche andare peggio.



Che cosa chiedono Cgil, Cisl e Uil? Che sia due volte Natale e festa tutto l’anno, con le seguenti misure: a) stabilire 41 anni di contribuzione per andare in pensione a prescindere dall’età; b) procedere alla separazione della spesa previdenziale da quella assistenziale (e ridalli! ndr); c) prevedere misure per le donne come il riconoscimento di 12 mesi di anticipo per ogni figlio; d) riconoscere il lavoro di cura; e) eliminare l’attuale meccanismo di adeguamento automatico all’aspettativa di vita; f) realizzare una pensione contributiva di garanzia per i giovani; g) rilanciare la previdenza complementare; h) ripristinare dal 1° gennaio 2019 la piena rivalutazione delle pensioni; i) risolvere i problemi degli esodati (la nona salvaguardia?) e prorogare opzione donna; l) tutelare, in modo strutturale dal punto di vista previdenziale, le categorie che rientrano nell’Ape sociale; m) eliminare (alla faccia dell’adeguatezza dei trattamenti, ndr) i vincoli che, nel metodo contributivo, condizionano il diritto alla pensione al raggiungimento di determinati importi dell’assegno (1,5 e 2,8 volte l’assegno sociale).



PENSIONI QUOTA 100 E I SINDACATI: PIU’ FLESSIBILITA’?

Per quanto riguarda quota 100, la “madre” di tutte le controriforme giallo-verdi, i sindacati chiedono di agire su di una flessibilità in uscita a 62 anni. “In questa direzione – sostengono – quota 100 è una strada utile sapendo che da sola non risponde appieno all’esigenze di molti lavoratori, come ad esempio le donne, i giovani, il lavoro discontinuo, intere aree geografiche del Paese”. Per concludere, verrebbe da porsi una domanda. Chi è stato a copiare i compiti dell’altro: il Governo o i sindacati? Ognuno è libero di pensarla a suo modo. È certo però che, almeno in materia di pensioni, tra Cgil, Cisl e Uil, da un lato, maggioranza giallo-verde, dall’altro, intercorre un’omogeneità di intenti abbastanza estesa. Come a dire: unicuique suum.

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