La Legge di bilancio 2019 è al centro di un dibattito arrivato ormai al calor bianco. La bocciatura dell’Europa porterà nelle prossime settimane a ripensare alle misure messe in programma, ma appare già ora chiaro che il Governo ha tutte le intenzioni di tenere ferme le posizioni di base. Appare perciò probabile che, al di là di correzioni su singoli provvedimenti, si intenda mantenere alto lo scontro con le posizioni europee, viste come colpevoli di scelte di austerità e non come regole comuni condivise fra paesi che hanno dato vita, sulla base di tali regole, a una moneta comune. Certamente il tema è sia tecnico, le regole ci sono, vanno rispettate, che politico, se si vogliono programmare iniziative europee per cambiare le regole. Proprio per questo, lo scontro è politico più che una disquisizione sulle previsioni economiche e le scelte di rapporto deficit/Pil decise dal Documento programmatico di bilancio italiano.



Che il nodo sia prevalentemente politico e di scelte di fondo è emerso con forza all’assemblea annuale di Assolombarda, dove la relazione introduttiva ha bocciato in modo radicale la scelta di favorire la spesa corrente (reddito di cittadinanza, superamento della Legge Fornero e assunzioni) rispetto a un piano di investimenti e di detassazione per lo sviluppo economico. Tale scelta non porta a sviluppo e crescita economica e peggiora l’indebitamento. Più debito e meno risorse per ripagarlo portano a una nuova pesante crisi per il sistema Italia. Da qui la forte opposizione espressa dagli imprenditori della Regione più avanzata del Paese.



In questo quadro è stato presentato anche il documento unitario di Cgil, Cisl e Uil sulle priorità per la Legge di bilancio del 2019. Come si usa per i documenti sindacali vengono presi in considerazione tutti i punti possibili e si perdono un po’ di vista i temi che dovrebbero essere messi in rilievo in quanto ritenuti fondamentali. Nelle premesse dovremmo poter trovare almeno le indicazioni principali, ma troviamo affermazioni fra loro contraddittorie che non permettono di dare una lettura univoca delle proposte avanzate.

Si richiamano le priorità decise dai sindacati a livello europeo su cui misurare le politiche economiche dei vari governi nazionali che individuano nella crescita di nuove diseguaglianze e povertà le questioni sociali cui dare risposta con un rilancio delle politiche per l’occupazione, in particolare giovanile e femminile. La manovra presentata dal Governo si dice che rappresenti una prima inversione di tendenza, ma ancora con elementi di inadeguatezza e carenze nel perseguire un disegno strategico di ricomposizione nelle politiche sociali.



Si parla di una carenza di risorse attribuite agli investimenti a scapito di una scelta che privilegia la spesa corrente, ma nello stesso tempo si indicano come prioritarie scelte di spesa su sanità, scuola, pensioni che solo in parte correggono quanto previsto nella proposta del Governo.

A seguire le proposte si articolano nei diversi capitoli delle diverse misure con proposte emendative e propositive sulle proposte fiscali (no a condoni e patrimoniale), sulle pensioni (bene quota 100 ma cosa per i giovani?), su scuola, formazione e politiche attive del lavoro e così via.

Il documento verrà discusso da una platea di iscritti sindacali di tutti i settori e risente della necessità di rivolgersi a tutti e quindi articolare proposte un po’ su tutto affinché nessuno si senta dimenticato. Diventa così difficile cogliere le priorità per cui oggi, sulla base di quanto proposto, si potrebbero chiamare tutti i propri iscritti a una mobilitazione. Già non è chiaro se pro o contro il Governo. La frase su una prima inversione di tendenza rispetto ai governi precedenti dice che c’è un’apertura unitaria dei sindacati verso il Governo giallo-verde che non era scontata. Che poi sia addirittura unitaria e senza chiarimenti sul recente passato pare addirittura come una fuga verso il populismo invece che un argine di contenimento.

Ma per parlare a tutti la priorità verso giovani e donne resta una dichiarazione di principio sacrificata poi nelle proposte avanzate operativamente nei singoli capitoli. Il caso pensioni appare il più esplicito. Si può certo ritenere che si debba superare la Fornero e rimettere in discussione anche quanto introdotto prima per la revisione dei massimali pensionistici, ma occorre farsi carico delle compatibilità economiche necessarie per sostenere quanto si propone. Dire semplicemente che è ok quota “100”, meglio se con quota “41” per tutti, più sconto per le donne e per lavoratori svantaggiati, più scivolo per esodati, ma anche un fondo di solidarietà che prefiguri le nuove forme di pensione per i più giovani appare eccessivo oltre misura.

Come sempre questo elenco, che dovrebbe trovare copertura nella fantomatica separazione fra contribuzione sociale e previdenziale, indica che si privilegiano i fondi per gli anziani a scapito dei giovani, va a favore di chi già ha copertura e si rinvia alla fiscalità generale (nuovo debito) quanto destinato alle nuove generazioni.

La stessa contraddizione, prima i già inclusi poi vediamo per gli esclusi, appare nelle politiche attive per il lavoro (rimettere in funzione fondi per politiche passive e vedremo il resto). così come non si sceglie di privilegiare in modo deciso il sistema duale per la formazione tecnica professionale e i percorsi scuola-lavoro per i giovani. Insomma, i sindacati scelgono di mettersi a lato della nuova finanza creativa del bilancio 2019. Magari otterranno qualche riconoscimento per la posizione moderata tenuta. Non pare però una piattaforma per reclutare giovani all’impegno sindacale.

Leggi anche

SINDACATI vs IMPRESE/ Se Cgil, Cisl e Uil non si sono (ancora) accorti della crisiSINDACATI E POLITICA/ Così il Recovery può aiutare l'occupazione in ItaliaAMAZON USA, NO AL SINDACATO/ La sfida della rappresentanza nel capitalismo Big Tech