Il fatto che non ci sia un testo contenente la riforma delle pensioni 2019 con Quota 100 sta portando a una ridda di indiscrezioni, voci, rumors e ipotesi sui contenuti delle norme previdenziali che continuano a susseguirsi in questi giorni. Su firenzepost.it, per esempio, si legge che “i dipendenti pubblici potranno andare in pensione anticipata soltanto da settembre del 2019”. Questo perché dopo un serrato confronto “tra i tecnici del ministero del Lavoro e il ministro della Funzione pubblica Giulia Bongiorno”, sarebbe emersa la richiesta di quest’ultima di avere il tempo necessario a garantire una “staffetta ordinata tra i pensionamenti e i nuovi ingressi attraverso i concorsi nella Pubblica amministrazione”. “Così il ministero guidato dalla Bongiorno avrebbe addirittura chiesto il preavviso di un anno per i pubblici dipendenti interessati ad anticipare la pensione”, scrive l’ex Prefetto di Firenze Paolo Padoin, spiegando che alla fine è stato raggiunto un compromesso consistente nel “far slittare di sei mesi i pensionamenti”. Il fatto che la riforma delle pensioni con Quota 100 non sia inserita all’interno della manovra 2019 non va già a diversi italiani che non riescono a capire se e quando potranno andare in quiescenza l’anno prossimo. C’è chi ricorda il post che Luigi Di Maio ha scritto su Facebook ieri. “Lo avevamo detto, vi abbiamo promesso uno Stato dove i giovani possano trovare lavoro e i nonni facciano i nonni. Superata la legge Fornero: con la #ManovraDelPopolo a 62 anni, dopo decenni di lavoro, si potrà finalmente andare in pensione”, erano state le parole del ministro del Lavoro. E non manca chi si chiede se la sua sia una presa in giro. Certo, nella Legge di bilancio si prevede l’istituzione di un “Fondo per la revisione del sistema pensionistico attraverso l’introduzione di ulteriori forme di pensionamento anticipato e misure per incentivare l’assunzione di lavoratori giovani”, con le relative risorse, ma questo non dà garanzie sugli interventi concreti che verranno presi e che con tutta probabilità saranno affidati a un disegno di legge i cui tempi di approvazione potrebbero anche essere lunghi.
LE PAROLE DI SALVINI
La riforma delle pensioni 2019 continua a tenere banco, dopo che si è scoperto che Quota 100 non è contenuta all’interno della manovra che è stata trasmessa alle Camere. In queste ore stanno girando sulle agenzie di stampa alcune dichiarazioni di Matteo Salvini, rilasciate a Bruno Vespa per il libro “Rivoluzione. Uomini e retroscena della Terza Repubblica”. “Se mi dicono che di botto se ne vanno in pensione centomila persone in settori chiave dell’amministrazione pubblica come le scuole e gli ospedali è ovvio che non possiamo consentirlo. Dobbiamo provvedere gradualmente e con giudizio per evitare esodi di massa. Perciò nell’arco del 2019 ci saranno tre o quattro finestre per procedere a scaglioni”, ha detto il vicepremier, confermando quindi l’intenzione dell’esecutivo di cercare di “contenere” o quanto meno di non farsi cogliere impreparato dalla prevedibile uscita di molti lavoratori dalla Pubblica amministrazione. Il ministro dell’Interno ha poi ribadito che l’obiettivo del Governo in materia previdenziale “resta comunque quello di quota 41. Gli italiani devono sapere che cosa gli succede e quando. Ma dovremo procedere con cautela per evitare che l’Europa ci crocifigga”. La manovra 2019 continua a far discutere, anche per l’assenza della riforma delle pensioni. “Nella legge di bilancio 2019 non ci sono né reddito di cittadinanza né quota 100 sulle pensioni. Ci sono solo dei fondi accantonati, ma non ci sono le norme che spiegano cosa sono, come funzioneranno e quando andranno in vigore”, sottolinea Luigi Marattin, secondo cui “le due principali promesse della campagna elettorale sono sparite”. “Come mai? Il Governo ha capito che erano dannose e pericolose o in campagna elettorale prendeva in giro i cittadini?”, si chiede il deputato dem, aggiungendo che “il Pd utilizzerà quei fondi accantonati come copertura per le sue proposte di emendamento: riduzione delle tasse, assegno universale per i figli, abolizione dell’imposta di registro”. Secondo quanto scrive il sito de Il Giornale, Lega e Movimento 5 Stelle avrebbero trovato l’intesa sull’intervento sulle pensioni d’oro. Fonti di governo riferiscono che tale intesa “prevede che dal taglio siano escluse le pensioni contributive, le pensioni sotto i 90mila euro e le casse complementari”.
LA RISOLUZIONE SU CUI M5S ERA CONTRARIA
La scelta del Governo di non inserire la riforma delle pensioni nella manovra 2019 lascia non pochi italiani pieni di dubbi. L’unica certezza sono infatti i soldi stanziati dall’esecutivo, ma essendo stata scelta la strada di un provvedimento ad hoc, ancora non è chiaro quali saranno i dettagli di Quota 100. Per esempio, se prevederà o meno una quota di calcolo contributivo dell’assegno a partire dal 1996 o se ci sarà o meno un tetto ai contributi figurativi. Senza dimenticare che i dipendenti pubblici non sanno ancora quanto sarà lunga l’attesa per poter accedere alla pensione, visto che ormai pare chiaro che avranno un sistema di uscita diverso da quello dei lavoratori privati. Forse se fosse in atto un confronto tra Governo e sindacati si saprebbe almeno quali sono le possibili soluzioni individuate dall’esecutivo e le eventuali controproposte che dovrebbe quanto meno esaminare. Invece la situazione è completamente diversa e il confronto sembra essere tutto interno all’esecutivo e all’area di maggioranza, pur essendo il ministro competente in materia uno solo, Luigi Di Maio. La riforma delle pensioni 2019 non sarà parte integrante della manovra e Quota 100 entrerà quindi in un ddl collegato alla Legge di bilancio. La commissione Lavoro della Camera ha approvato una risoluzione che chiede all’esecutivo un intervento urgente per gli esodati che sono rimasti esclusi dalle otto salvaguardie finora approvate. Secondo quanto dichiarato da Renata Polverini, tuttavia, il Movimento 5 Stelle era contrario, “ma nonostante questo con grande serietà Forza Italia e le altre forze di minoranza hanno avuto la forza e la convinzione di portare avanti questa battaglia per impegnare il governo a prevedere la ultima e definitiva salvaguardia in favore dei 6mila esodati rimasti ad oggi ancora senza alcuna copertura per colpa del governo Monti e dei successivi governi a marchio Pd”. La vicepresidente della Commissione ha aggiunto che “con grande responsabilità abbiamo accolto alcune modifiche proposte dai 5 Stelle, tenendo comunque la barra dritta a favore dei cittadini. I grillini volevano annacquare il testo, abbiamo ottenuto un buon risultato. Non possiamo però non denunciare l’atteggiamento bipolare del Movimento guidato da Luigi Di Maio”.
RIFORMA PENSIONI, LA PROPOSTA DI DEL COLLE
Dalle pagine de Il Mattino, Enrico Del Colle sottolinea come i promotori di Quota 100 enfatizzino il fatto che la riforma delle pensioni consentirebbe l’ingresso in quiescenza a 62 anni (sempre che se ne abbiano 38 di anzianità contributiva) “mentre è noto che oggi in Italia si lascia mediamente il lavoro a 62,1 anni (uomini) e 61,3 (donne), a fronte di una media Ocse rispettivamente di 65,1 e 63,6 anni e prima di Spagna, Germania e Gran Bretagna (tra i 63 e 65 anni), per non parlare poi degli Stati Uniti e Giappone che vanno oltre i 65 anni”. Dal suo punto di vista sarebbe corretto “informare con chiarezza e continuità le persone sul proprio destino pensionistico, ovvero che anticipando l’età al pensionamento si possa perdere qualcosa in termini di assegno pensionistico”.
Del Colle avanza quindi una proposta: “Perché non proporre, come forma di compensazione, una rivalutazione più sostanziosa del montante contributivo per gli assegni (ridotti) più bassi (e minore per i più alti) e non uguale per tutti come avviene oggi? Ciò spingerebbe verso una più equilibrata flessibilità in uscita e poi qualcuno, magari tra i più giovani, potrebbe pensare di ricorrere a qualche forma di previdenza integrativa (attualmente meno del 20% dei giovani lavoratori tra 20 e 34 anni ha aderito alla previdenza complementare) per poter mantenere un adeguato tenore di vita dopo il pensionamento (basterebbe versare ogni mese in un fondo bilanciato, con deducibilità fino a 5mila euro, quanto spende una giovane coppia per una serata in pizzeria per avere un’integrazione di circa 300 euro mensili dopo 35 anni!)”.