I CONSIGLI DI BOERI AI GIOVANI

Mentre si continuano ad attendere dettagli sulla riforma delle pensioni 2019, Tito Boeri ha parlato di previdenza, ma non di Quota 100. Il Presidente dell’Inps, infatti, ha preso parte a Milano a un incontro dedicato ai quei nuovi lavori che vengono identificati sotto l’etichetta “riders”. Sono infatti diverse le tipologie contrattuali che vengono applicate a questi lavoratori, che spesso non sanno bene i dettagli del loro rapporto di lavoro. Per questo l’Inps ha deciso di dedicare loro una giornata particolare, pur essendo sempre a disposizione per eventuali chiarimenti e per fornire assistenza. Boeri ha spiegato, come riporta il sito del Messaggero, che è fondamentale che i giovani comincino presto a versare contributi. Questo perché il sistema contributivo premia proprio i versamenti effettuati a inizio carriera, che vengono capitalizzati e danno la possibilità di avere pensioni più alte in futuro. Dunque il consiglio del Presidente dell’Inps per questi giovani è quello di scegliere, se possibile, i contratti che danno la possibilità di versare contributi. E ovviamente di controllare che il datore di lavoro li versi effettivamente.



QUOTA 100, LE STIME DELL’UPB

Nella sua audizione alle commissioni Bilancio di Camera e Senato relativa alla Legge di bilancio, Giuseppe Pisauro, a nome dell’Ufficio parlamentare di bilancio, ha affrontato anche il tema della riforma delle pensioni, evidenziando che se tutti i 437.000 potenziali beneficiari di Quota 100 utilizzassero questa misura, la spesa pensionistica lorda aumenterebbe di quasi 13 miliardi nel 2019 per poi rimanere sostanzialmente stabile negli anni successivi. Tale stima non può essere però direttamente confrontata con i 6,7 miliardi stanziati dal Governo con la manovra per vari fattori: dal tasso di sostituzione dei potenziali pensionati con nuovi lavoratori attivi a valutazioni di carattere soggettivo (condizione di salute) od oggettivo (divieto di cumulo tra pensione e altri redditi, altre forme di penalizzazione). Secondo le stime dell’Upb, in ogni caso, chi  scegliesse di usare Quota 100 subirebbe una riduzione della pensione lorda rispetto a quella corrispondente alla prima uscita utile con il regime attuale da circa il 5% in caso di anticipo di un anno a oltre il 30% per un anticipo superiore a 4 anni.



I PASSI AVANTI NECESSARI PER LE DONNE

La riforma delle pensioni 2019 dovrebbe portare a qualche altro intervento oltre Quota 100, come la proroga di Opzione donna. Anche perché di certo il paletto contributivo minimo di 38 anni non aiuta le donne a raggiungere la quiescenza. Orietta Armiliato vorrebbe però che non passasse il messaggio per il quale occorre mandare in pensione le donne “in modo che facciano le nonne”. “Come possiamo pensare di poter fare passi avanti nell’affrancarci dagli stereotipi imposti da una sottocultura prevalentemente maschilista e di comodo che la società, in passivo totale sul versante welfare ci ha assegnato e di rivendicare il riconoscimento e la valorizzazione dell’impegno gravosissimo del lavoro di cura che ci dobbiamo sobbarcare, con questi riduttivi e poco contemporanei presupposti?”. “Ma è così difficile riuscire a dire che le donne stanche di lavorare per due (spesso anche per tre) nel lungo periodo, desiderano occuparsi anche di altro che non siano pappe e pannolini e consegna e ripresa di bimbi alle scuole o in palestra?”, scrive in un post sulla pagina del Comitato Opzione donna social.



L’ALLARME ANM SU QUOTA 100

La riforma delle pensioni 2019 dovrebbe portare a un sistema con Quota 100 differenziata a seconda che si lavori nel pubblico o nel privato. Se infatti in quest’ultimo caso sono previste 4 finestre trimestrali per l’ingresso in quiescenza, nel primo sembra che possa essere richiesto un preavviso, prima di presentare domanda di pensionamento, che, stando alle indiscrezioni delle ultime settimane, potrebbe anche essere di sei mesi. Questo per evitare che diversi settori della Pa si possano trovare “sguarniti” per i tanti passaggi dal lavoro alla pensione e per consentire quindi la predisposizione di adeguati concorsi. In questo senso c’è da registrare la richiesta, da parte del Presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Francesco Minisci, di “ripensare alla redistribuzione delle piante organiche dei magistrati verificando quali sono gli uffici con maggiori sofferenze e intervenendo a coprire i vuoti che diventeranno ancora più gravi dopo l’introduzione di quota 100 in materia di pensioni”.

LA RICHIESTA DI FRATELLI D’ITALIA

Mentre i tecnici di Camera e Senato rilevano che nella manovra 2019 non si forniscono elementi sulle pensioni di cittadinanza, Fratelli d’Italia chiede al Governo che nella riforma delle pensioni non si badi solo a Quota 100, ma ci sia attenzione “nei confronti delle persone più fragili della società, come gli anziani, i disabili e i minori: non ha molto senso, infatti, promettere un reddito di cittadinanza di 780 euro quando le pensioni di invalidità sono ferme a 270 euro”. Giorgia Meloni, secondo quanto riporta Adnkronos, ha annunciato che “in commissione Affari sociali presenteremo una risoluzione che per noi rappresenta un primo importante passo e che recepisce le richieste di famiglie e associazioni: raddoppio delle pensioni di invalidità, stanziamento di maggiori risorse per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico e l’assistenza alle persone con disabilità grave. Inoltre, proponiamo la possibilità di assegnare alle associazioni che si occupano di queste problematiche i beni confiscati alla mafia”.

RIFORMA PENSIONI, LA POSIZIONE DELL’ANIEF

La riforma delle pensioni e il reddito di cittadinanza sono tra i temi su cui l’Anief sta lavorando per presentare degli emendamenti alla Legge di bilancio. Lo ha spiegato il Presidente nazionale Marcello Pacifico in un’intervista a Labitalia. “Anief sta presentando, in quinta commissione Bilancio, degli emendamenti per il personale della scuola”, “in particolare ci stiamo concentrando sul reddito di cittadinanza e sulla famosa ‘quota 100‘, quindi sulla riforma del sistema pensionistico”. Pacifico cita degli studi secondo cui “il mestiere dell’insegnante è quello più a ‘burn out’ nella Pubblica amministrazione e, quindi, riteniamo che gli insegnanti debbano andare in pensione con la ‘quota 96’”.

Di fatto, quindi, Anief chiede un trattamento differenziato per gli insegnanti, qualcosa però di diverso dall’Ape social. “Non condividiamo le ultime disposizioni legislative che hanno definito come lavoro gravoso solo quello del personale dell’infanzia. Per noi non è giusto, perché anche l’attività svolta dal personale della primaria e della secondaria deve essere considerata come lavoro gravoso, in relazione all’Ape sociale”, ha infatti detto. L’Anief intende anche intervenire sulla “primaria eccellenza per le assunzioni”, perché “tutti quelli laureati con 110 e lode, indipendentemente dall’anno e in regola con il corso di studi, devono avere i contributi pagati dallo Stato”. Pacifico ha fatto anche presente che Anief sta “presentando degli emendamenti che la politica ha sempre solo discusso. I soldi ci sono: basta andare a lottare contro gli sprechi e dirottare le risorse”.