La parola “destinazione”, secondo il vocabolario Treccani, indica “in marina, la distribuzione dell’equipaggio ai posti di manovra, d’incendio, di combattimento eccetera” o la “meta di un viaggio”. E a dimostrare che “destinazione lavoro” è espressione molto efficace sono le presenze, numerose, i volti, attenti, e le domande, curiose, dei giovani, e non solo, che oggi hanno affollato le sale e l’auditorium – nella sede di Gi Group, il Palazzo del Lavoro, a Milano, di fianco alla Stazione Centrale – in occasione della giornata finale di Destination Work. Sì, soprattutto per un giovane, ma non solo, il lavoro è trovare il proprio posto e il proprio compito nell’arena del mondo, ma è anche un’avventura, un mettersi e rimettersi in moto, un puntare a un approdo, e in questo viaggio bisogna organizzarsi, preparando meticolosamente il proprio bagaglio di competenze, di curiosità, di capacità.



Destination Work è l’evento, giunto alla quarta edizione, di Corporate social responsibility di Gi Group, la prima multinazionale italiana del lavoro, che quest’anno, per la prima volta, si è svolto su più giorni (è iniziato martedì 13 e si è concluso questa mattina), coinvolgendo la sede principali e le filiali di Gi Group, dipanandosi in un ventaglio di incontri e workshop aperti a giovani e middle/senior. In queste cinque giornate si è parlato di come si scrive un cv, come si affronta un colloquio, quali strumenti di ricerca di lavoro si possono utilizzare online, quali skills servono per il cambiamento, quanto conta e come si costruisce la web reputation, come si fa networking.



L’obiettivo? In una parola sola: accrescere l’employability. Che cosa significa? Cetti Galante, amministratore delegato di Intoo, società di Gi Group leader nei processi di sviluppo e transizione di carriera, nel suo workshop “Sii aperto al cambiamento: le competenze da allenare durante ogni carriera” lo spiega così: “Tenersi sempre spendibili nel mercato del lavoro, mai stare tranquilli e fermi, coltivando sempre le competenze”. E lo declina con cinque “top skills”: elasticità mentale, resilienza (meglio ancora, “non-fragilità, cioè la capacità di usare la forza d’urto che mi arriva addosso per sfruttarla a proprio vantaggio”), proattività, autoconsapevolezza, costante attenzione al mercato del lavoro.



In effetti, in un mondo del lavoro in continua e rapidissima evoluzione, la prima regola è proprio non arrendersi, non sedersi sulle proprie fortune o sui propri insuccessi. Regola che Luis Sal, Special guest della giornata finale di Destination Work, racconta a modo suo, un po’ scanzonato, surreale, spontaneo, perciò non serioso, ma (da prendere sul) serio.

Luis Sal, classe 1997, è un giovane youtuber di successo: conta 900mila follower su Youtube e più di un milione su Instagram. Produce video molto personali, perché – appunto – scanzonati e surreali, ma più che un “artista” si considera un “operaio del XI secolo”: la creazione è un lampo, improvvisazione pura, “il vero lavoro comincia dopo aver girato il video: mi occorrono 10 ore di montaggio” (e nei suoi video, in effetti, la cura, la tecnica, la professionalità sono molto elevate; per lui “tutto è lavoro. Senza lavoro mi sentirei perduto”).

Al suo ingresso nell’auditorium, per affrontare le domande di Alessandro Nodari, Marketing & Communication director di Gi Group, in una sorta di “intervista di lavoro” – non a caso l’appuntamento si chiama “A colloquio (di lavoro) con Sal” – il centinaio e passa di giovani presenti lo saluta con un’ovazione. Fin dal debutto Sal mostra il suo carattere ironico: “Grazie di essere venuti nel mio ufficio”, sono qui in Gi Group per raccontarvi “come ho fatto a diventare miliardario”.

Partendo dalla slide che riproduce il suo scarno ma personalissimo curriculum vitae – pensate: solo nome, cognome, data di nascita, esperienze di studio in un liceo artistico di Bologna, poi all’Idaho Arts Charter School in America, esperienze di lavoro come fotografo, aiuto cuoco e baby sitter in inglese, “buone competenze con computer Apple”, “buona padronanza dei motori di ricerca come Google” e neanche un accenno alla cosa che sa fare meglio: girare video… – Sal racconta i suoi inizi, oscillando tra serietà, professionalità, etica e frequenti guizzi (molto apprezzati dai ragazzi) di umorismo paradossale, quasi onirico.

“Ero iperdimensionato, lavoravo in un bar e svolgevo compiti molto umili”. E subito arriva il primo consiglio: “Mai scoraggiarsi. Se hai un lavoro, una mansione, falla bene. Tutto è formativo”. Tanto che per Sal la “miccetta” per diventare youtuber è scoccata mentre spalmava della maionese sui panini: “Intanto pensavo a come far fruttare le mie skills”, nate dalla passione per il disegno, per la fotografia, per il montaggio. Dunque, mai arrendersi, mandare cv e lettere di presentazione senza demordere. Attenzione, però: i documenti standard, quasi fotocopiati da internet, non servono a nulla, “bisogna sempre dimostrare interesse: per ogni datore di lavoro c’era una lettera ad hoc”.

Incalzato dalle domande di Nodari, Sal illustra la sua “filosofia” del lavoro prendendo a prestito la terza delle sei regole di Arnold Schwarzenegger per raggiungere il successo: “Non aver mai paura di fallire”. Da qui discende un altro prezioso consiglio: “L’importante è iniziare a fare, a fare con quel che si ha, ma bisogna sempre fare, non si può stare fermi, perché se uno non prova ha già fallito”.

Sul taccuino restano altri flash, che impressionano i ragazzi (lo si vedrà alla fine, quando fanno a gara ad alzare le mani per porgli una domanda): “Andare all’estero? Fatelo!”. “Più competenze hai da gonfiare meglio è”. “L’inglese è molto utile, per impararlo bastano tre mesi senza avere contatti con familiari e amici italiani”. “Fai capire sempre che sei una persona aperta”. “Non fare le cose per la fama, ma per il piacere di farla. Io amo il processo di realizzazione, godo nel realizzare i miei video”.

L’incontro, da scaletta, doveva durare un’ora, invece si dipana per quasi due: Sal è “coccolato” da molta attenzione e lui ricambia suscitando anche molti sorrisi. Eppure non si sente uno arrivato: “Non voglio arrivare, perché arrivare è fare quel che ti piace fare”. Ma come si immagina Sal tra dieci anni? Cosa c’è nel suo futuro? “Vorrei fare l’imprenditorino, cioè l’imprenditore piccolino. Magari aprire una Srl, una Luisrl. Oppure una Lui Srl?”. Chi vivrà, vedrà. Magari in un bel video su Youtube.